“Rischio guerra nucleare? Putin vuole ricattare e impaurire”: l’intervista a Nona Mikhelidze (Iai)

Rosaria Imparato

23/09/2022

24/09/2022 - 14:47

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C’è davvero la possibilità di una guerra nucleare tra Russia e Occidente? L’intervista a Nona Mikhelidze (Iai).

“Rischio guerra nucleare? Putin vuole ricattare e impaurire”: l’intervista a Nona Mikhelidze (Iai)

La guerra tra Russia e Ucraina va avanti da sette mesi, e probabilmente nemmeno l’arrivo dell’inverno placherà il conflitto. Anzi, negli ultimi giorni abbiamo assistito a un’escalation della situazione, con Putin che ha indetto la mobilitazione di 300 mila riservisti, la minaccia (costante) di una guerra nucleare e l’inasprimento delle pene per i soldati che vengono catturati. Abbiamo chiesto dell’attuale situazione tra Russia e Ucraina a Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca presso l’Istituto Affari Internazionali.

La mobilitazione definita parziale di 300mila riservisti indetta da Putin è sicuramente un’altra escalation di eventi, ma può essere vista anche come un segnale di debolezza, un’ammissione del fallimento della strategia militare adottata finora. La dottoressa Mikhelidze ha spiegato che, così come è stata usata l’espressione “operazione militare speciale” invece di guerra, Putin ha usato l’aggettivo parziale invece di generale anche per lasciare l’idea che la guerra tocchi agli altri. Nei fatti, però, andando a guardare il documento che definisce i punti di questa mobilitazione, “sono talmente fumosi che danno ampio margine di manovra: le autorità possono chiamare alle armi quasi tutte le fasce della società russa. Infatti si è vociferato che è i confini saranno chiusi alla popolazione maschile dai 23 ai 60 anni. La notizia non è ancora confermata ma lo dicono anche i giuristi russi che il documento dà mano libera ad allargarsi a diverse fasce di età e preparazione militare”.

L’obiettivo, spiega la dottoressa Mikhelidze, è quello di far arruolare chi ha fatto il servizio militare. Non a caso il ministro della difesa russo Shoigu ha fatto riferimento a 25 milioni di persone che potenzialmente possono diventare soggetti al richiamo alle armi, ma il primo obiettivo è quello di mettere a disposizione 300mila riservisti. Nel suo discorso, Putin ha cercato di giustificare il perché siamo arrivati a questa situazione in cui è diventata necessaria questa mobilitazione, dando tutta la colpa all’Occidente. Secondo Putin la Russia è in difficoltà perché combatte non solo con l’Ucraina, ma anche con l’Occidente che sta aiutando l’Ucraina con le armi e con i foreign fighters.

“Putin ha preparato il terreno per le future sconfitte. È stato introdotto il concetto di giustificazione della perdita: ha iniziato a preparare la popolazione alla sconfitta della guerra contro l’intero Occidente, meno umiliante rispetto alla sconfitta con la sola Ucraina”, ha continuato Mikhelidze.

C’è davvero il rischio di una guerra nucleare? Dipende da quanto Putin è pronto all’autodistruzione: l’intervista a Mikhelidze (Iai)

Il fatto che Putin si sia dovuto giustificare, con la conseguente umiliazione, lo fa sentire maggiormente con le spalle al muro: questo lo rende più pericoloso, fino ad arrivare a una guerra nucleare? Mikhelidze ricorda che l’uso del nucleare non dipende solo da Putin:

“Ci sono varie cerchie di potere che devono approvare l’uso del nucleare, ci sono delle procedure. Bisogna vedere quanto il sistema insieme a Putin è pronto all’autodistruzione”.

Bisogna tenere in considerazione che sono stati fatti alcuni errori di calcolo, uno dei principali è stato pensare che l’Ucraina non avrebbe ricevuto un aiuto così netto e decisivo dall’Occidente. “I russi non hanno alcuna garanzia che in caso di attacco nucleare non ci sarà una risposta da parte dell’Occidente.” E infatti, come ricorda Mikhelidze, il presidente degli Stati Uniti Biden ha detto in un’intervista di tre giorni fa che “l’uso nucleare è conseguenziale”.

Putin si è anche trovato a dover specificare che “non è un bluff” perché questa minaccia è stata usata talmente tante volte che stava perdendo significato. L’obiettivo è questo, dice Mikhelidze: ricattare, mettere paura all’opinione pubblica, far venire fuori ansia e timori. Anche noi stiamo pagando le conseguenze di questa guerra, non solo con le bollette, ma anche con tutti i problemi commerciali delle imprese. Lo scopo è instillare il dubbio, così da far cambiare atteggiamento nei confronti dell’Ucraina, per esempio smettendo di inviare armi.

Mobilitazione di 300mila riservisti: ma per cosa protestano in Russia?

La mobilitazione stabilita dal governo russo interessa la maggior parte della popolazione maschile. Chi ha i mezzi economici sta provando a comprare un biglietto aereo (con i prezzi che continuano ad aumentare) e partire, chi non può andarsene è sceso a protestare. La resistenza dei civili chiamati a combattere da Putin può cambiare le sorti di questa guerra? Per Mikhelidze bisogna vedere come si evolve la resistenza alla mobilitazione. In particolare, bisogna “capire il movente di chi protesta: è la paura di combattere o lo sdegno verso la guerra contro l’Ucraina? La percezione è che i russi sono usciti per strada (all’inizio anche contro la guerra, ma dopo gli arresti la popolazione ha gettato la spugna, accettando le condizioni in cui si trovano, in cui non è facile esprimersi se sei contro la politica governativa). Poi abbiamo rivisto queste proteste perché la guerra è arrivata nelle loro case, non è più una cosa da guardare sul divano. Qual è il movente: l’istinto di sopravvivenza o ci fa schifo la guerra, o meglio l’idea che la Russia faccia guerra all’Ucraina? Se queste due idee in qualche modo si riuniscono, insieme alla consapevolezza che si tratta di una guerra tra due popoli che erano vicini negli anni, allora il movimento di protesta può essere molto forte”.

E la paura di chi è stato chiamato come riservista è forte. Sottolinea Mikhelidze: “C’è stato un aumento delle ricerche su Google con domande tipo “come lasciare la Russia”, ma anche “come rompersi il braccio”. Quant’è forte la paura, se è meglio farsi male e risultare invalido pur di non andare in guerra”. Eppure, continua Mikhelidze, “se si combina la paura con la consapevolezza di quanto sia sbagliato fare la guerra allora vuol dire che la società si sta svegliando”.

Guerra Russia-Ucraina: c’è differenza anche nel trattamento dei prigionieri

La differenza tra i due paesi, Russia e Ucraina, si vede anche nel trattamento riservato ai prigionieri, che di solito vengano usati negli scambi. Ma mentre il parlamento russo ha approvato degli emendamenti per cui chi si arrende diventa prigioniero degli ucraini, al ritorno in Russia lo aspettano da 10 a 15 anni di carcere, gli ucraini hanno deciso che i russi che si arrendono possono rimanere in Ucraina fino alla fine della guerra. Per gli ucraini non cambia lo scenario con la mobilitazione. Continua Mikhelidze: “Anche i nuovi arruolati russi non avranno mai la capacità di quelli che lo fanno di mestiere (e che comunque abbiamo visto che la controffensiva ucraina in 4 giorni ha preso più territori che la Russia ha conquistato in sei mesi)”.

Zelensky nel suo discorso di mercoledì all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fatto riferimento alle condizioni di pace che l’Ucraina chiede per fermare il conflitto. Le condizioni sono cinque:

  • creare un tribunale speciale per punire la Russia per i crimini commessi nell’aggressione, con sanzioni e la revoca del diritto di veto;
  • continuare a inviare aiuti per proteggere le persone ucraine;
  • ripristinare la sicurezza e l’integrità territoriale dell’Ucraina per evitare un disastro nucleare (riferendosi alla centrale di Zaporizhzhia);
  • garantire sicurezza e protezione all’Ucraina;
  • continuare a difendersi dall’aggressione russa.

Le condizioni dell’Ucraina sono cambiate in base all’andamento della guerra, invece quelle della Russia sono rimaste le stesse. Sottolinea Mikhelidze che magari “a marzo l’Ucraina era disposta a cedere l’aspirazione di diventare membro della Nato, ora magari non lo è più. La Russia, invece, non è realistica nel valutare la situazione, come si vede dal referendum falsificato, la Russia non farà un passo indietro”.

Nemmeno l’inverno fermerà la guerra

Il conflitto non si fermerà nemmeno con l’arrivo dell’inverno. Per Mikhelidze anche se è iniziata la stagione delle piogge e le temperature stanno calando, le condizioni meteo peggiorano la situazione per tutte e due le parti, ma “l’obiettivo dell’Ucraina rimane quello di riconquistare territori sotto occupazione ma per liberare tutto ci vuole tempo. L’arrivo dell’inverno allunga i tempi, io mi aspetto che in primavera staremo qui a parlarne ancora”.

Questo perché analizzando per cosa combatte l’Ucraina e per cosa combatte la Russia è evidente, per Mikhelidze, che non c’è spazio (e non c’era nemmeno a marzo) per una soluzione diplomatica, e meno che mai ora, non tanto per la mobilitazione, quanto per le conseguenze di questo referendum.

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