La guerra del gas russo continua: stop flussi in Finlandia, cosa significa?

Violetta Silvestri

21/05/2022

21/05/2022 - 11:47

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La Russia ha interrotto la fornitura di gas alla Finlandia, nell’ultima escalation di una lite per i pagamenti energetici con l’Occidente. Gazprom ha fermato i flussi verso il Paese: quale impatto?

La guerra del gas russo continua: stop flussi in Finlandia, cosa significa?

La guerra in Ucraina continua a essere combattuta anche nel campo energetico: l’ultima novità riguarda la Finlandia e l’interruzione dei flussi di gas russo verso il Paese.

Sebbene l’impatto non sarà drammatico per le forniture energetiche della nazione nordica, il fatto ribadisce quanto il settore dell’energia sia sotto stress e metta in continuo allarme l’Europa.

Cosa significa lo stop del gas dalla Russia alla Finlandia e cosa deve temere il vecchio continente?

In Finlandia non arriverà più gas russo: cosa succede

La Finlandia è il terzo Paese europeo a perdere gas dalla Russia dopo aver rifiutato di pagare il carburante in rubli.

I flussi su un gasdotto dal principale fornitore della regione sono stati interrotti nelle prime ore di sabato, secondo una dichiarazione dell’importatore finlandese Gasum Oy.

La società statale finlandese Gasgrid Finland ha infatti dichiarato in una nota che i flussi di gas attraverso il punto di ingresso di Imatra sono stati fermati il 21 maggio.

Helsinki si è rifiutata di pagare le sue forniture secondo le indicazioni del Cremlino. Ma il cut-off segue anche l’annuncio che la Finlandia farà domanda per l’adesione alla Nato.

Occorre comunque sottolineare che il gas perso avrà probabilmente un impatto limitato sull’economia della nazione nordica, con il carburante che rappresenta solo il 5% circa del mix energetico (sebbene provenga quasi tutto dalla Russia). Viene utilizzato principalmente dalle fabbriche piuttosto che per il riscaldamento come in molte altre nazioni europee. Il governo, inoltre, ha spinto per una rapida uscita dai combustibili fossili russi.

Nel frattempo, le forniture continuano ad affluire in Finlandia attraverso il gasdotto Balticconnector dall’Estonia, ma la sua capacità potrebbe non essere sufficiente per soddisfare la domanda.

Per coprire il bisogno del prossimo inverno, venerdì il Governo ha concordato di affittare un terminale galleggiante di gas naturale liquefatto insieme all’Estonia.

“La nuova nave Gnl è un passo significativo nel miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico in Finlandia”, ha detto venerdì il ministro delle finanze Annika Saarikko ai giornalisti. “Ciò consentirà di staccarsi dall’energia russa. L’importanza del progetto non può essere sottovalutata ora”.

Sebbene sia una relazione che risale a cinque decenni fa, la Finlandia è un cliente relativamente piccolo per Gazprom. Le esportazioni verso il vicino occidentale della Russia hanno rappresentato circa l’1% delle vendite combinate della società in Europa e Turchia nella prima metà dello scorso anno.

Tuttavia, questi fatti lasciano comunque il segno, affermando quanto l’energia sia strumentalizzata dalla Russia per fare pressione sull’Occidente.

Cosa deve temere l’Europa sul gas russo

Anche se la vicenda finlandese resta circoscritta senza infliggere troppo danno, l’Europa rimane in uno stato di massima allerta.

A quantificare la catastrofe energetica che può trascinare in recessione l’Ue senza il gas russo ci ha pensato uno studio di Fitch.

L’agenzia ha messo in chiaro che un’improvvisa eliminazione dei 155 miliardi di metri cubi di carburante dalla Russia verso l’Europa non potrebbe essere sostituita nel breve termine.

Considerando che il gas stoccato copre attualmente il 10% dei consumi, uno scenario estremo potrebbe sfociare nel razionamento del gas.

Gli effetti economici in Europa sarebbero impattanti. Il 30% dei consumi interni di gas nei Paesi a moneta unica provengono dal carburante russo, che nella sola Germania pesa per il 60%.

La Bce ha valutato che ogni 10% in meno di gas russo significa la perdita dello 0,7% di Pil, con un impatto, quindi, che sarebbe la diminuzione di oltre il 2% di crescita dell’Eurozona. In Italia varrebbe il 3% e il 4% in Germania secondo Fitch.

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