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di Glauco Maggi

La mamma o la maestra? Chi deve insegnare il sesso ai bambini è la guerra culturale che divide oggi gli Usa

Glauco Maggi

4 aprile 2022

La mamma o la maestra? Chi deve insegnare il sesso ai bambini è la guerra culturale che divide oggi gli Usa

Negli Stati Uniti si sta facendo largo una battaglia culturale che divide l’opinione pubblica: chi deve insegnare il sesso ai bambini? La famiglia o la scuola?

È, in senso letterale, la “madre di tutte le guerre di cultura” e sta scuotendo in questi giorni l’opinione pubblica americana: chi deve spiegare e insegnare ai bambini il sesso, con tutte le sue problematiche ramificazioni di genere? La madre (e il padre), in famiglia? Oppure il personale - maestri, amministratori, distretti scolastici - in aula?

Bambini è la parola giusta su cui discutere nella querelle di attualità, se si è in buona fede. Parliamo infatti di fanciulli e fanciulle che vanno dall’asilo, dove iniziano a tre anni, fino a quando entrano in terza elementare, a 7-8 anni.

Oggetto dell’acceso confronto è la legge passata dal parlamento statale della Florida, a salda maggioranza Repubblicana, e firmata il 28 marzo dal governatore Ron DeSantis, pure lui Repubblicano. Fin da quando era in discussione nella legislatura dello Stato, la norma era stata demonizzata dai suoi critici - democratici e attivisti dei diritti degli omosessuali - con l’etichetta “Don’t Say Gay Bill” (“Non dire la parola gay”).

Chi ha visto in tv la consegna degli Oscar domenica 27 marzo, a parte lo schiaffo indecoroso di un famoso attore a un famoso comico da cabaret, entrambi liberal doc, avrà anche sentito le tre presentatrici non meno liberal doc ripetere a un certo punto, rivolgendosi alla Florida, la cantilena gay-gay-gay-gay-gay…

Gli spettatori della serata, sempre di meno ma sempre più ideologizzati (audience di circa 16 milioni su Abc, appena più della metà dei quasi 30 del 2019) hanno avuto la battuta che si aspettavano. Contro DeSantis, visto che sanno, e temono, che potrà essere proprio lui a diventare il nominato del GOP fra due anni, se Trump dovesse uscire di scena.

Dipingere il governatore di uno Stato di successo (per la gestione del Covid e per la capacità di attrarre gente e business) da bigotto anti omosessuali, però, è una operazione politica di offuscamento della verità. Lo slogan piace molto ai media di sinistra e al partito Democratico, sempre alla ricerca di scorciatoie per la propaganda contro il GOP. E bollare una iniziativa volta a preservare il ruolo centrale dei genitori nella gestione della evoluzione sessuale dei bambini come un attacco tout court alla comunità LGBT+ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali eccetera) rientra nella filosofia delle «identità» del partito democratico. Il quale da tempo ha scelto di cavalcare in toto la diversità, anche a costo di sfidare il comune senso del pudore informativo sul sesso che è un valore importante per la stragrande maggioranza delle famiglie con piccini che magari credono ancora a Babbo Natale.

Ma, nella realtà, in che consiste la legge (HB) 1557, Parental Rights in Education (I Diritti dei Genitori nella Educazione)? E, soprattutto, come la giudicano i primi interessati, le famiglie e il pubblico più largo?

Ci sono in particolare tre passaggi chiave per proteggere gli studenti e riportare il potere nelle mani dei genitori:

  • il primo, proibisce l’istruzione in classe sull’orientamento sessuale o l’identità di genere all’asilo e fino alla terza elementare, e dopo la terza queste conversazioni devono essere appropriate all’età;
  • il secondo, prevede che all’inizio di ogni anno scolastico i genitori siano informati delle prestazioni sanitarie offerte dalla scuola, con facoltà di rifiutare qualsiasi servizio offerto;
  • infine, la legge garantisce che ogni volta che un questionario o un esame sanitario viene fornito agli studenti, i genitori lo ricevano per primi e diano alla scuola il permesso di somministrarlo al figlio.

I diritti dei genitori sono stati sempre più attaccati in tutta la nazione, ma in Florida difendiamo il ruolo fondamentale che svolgono nell’educazione dei figli. Le famiglie vanno informate sui servizi offerti ai propri figli a scuola e devono essere protetti dalle scuole che utilizzano le istruzioni in classe per introdurre un’ottica sessuale nella formazione di bambini di appena 5 anni”, ha insistito il governatore DeSantis.

Da una parte, dunque, ci sono le famiglie preoccupate di vedersi espropriate del diritto-dovere naturale, che rivendicano, di vigilare sulla educazione dei propri figli e di essere responsabili in ultima istanza dell’indirizzo della loro crescita caratteriale e della loro formazione. Dall’altra ci sono gli attivisti (insegnanti e consulenti interni ed esterni, membri dei consigli di circolo, direttori e funzionari) impegnati nella formazione dei più piccini, fragili e immaturi per definizione, soprattutto nella delicatissima sfera sessuale. Determinati a promuovere in classe modi di pensare e comportamenti adulti secondo la propria agenda socio-politica, questi auto-proclamati “maestri di vita” vedono i genitori come i peggiori nemici.

DeSantis non si è inventato una battaglia gratuita, perché la guerra delle culture è in pieno svolgimento nel paese. In New Jersey, per legge statale, “un distretto scolastico deve accettare l’identità di genere affermata dallo studente; non è richiesto il consenso dei genitori”. E a Madison, Wisconsin, il distretto scolastico ha stabilito che “il personale scolastico non deve divulgare alcuna informazione che possa rivelare l’identità di genere di uno studente ad altri, inclusi genitori o tutori”.
Il presidente Joe Biden era sceso in campo prima del voto, definendo “odiosa” la legge in questo tweet: “Voglio che ogni membro della comunità LGBTQI+, in particolare i bambini che saranno colpiti da questo odioso disegno di legge, sappiano questo: voi siete amati e accettati proprio come siete. Io vi appoggio e la mia amministrazione continuerà a lottare per le protezioni e la sicurezza che meritate”.
Lo scontro è frontale. Che cosa ne pensa la gente? Secondo un sondaggio di qualche giorno fa di Politico/Morning Consult la maggioranza degli americani, il 51%, parteggia per la legge firmata da DeSantis. Con Biden, che l’ha definita “odiosa" è circa un americano su tre, il 35%. Il distacco tra chi appoggia la legge del governatore e chi sta con il presidente che la critica è di 16 punti percentuali (con il restante 14% di indecisi). I sinistri di Hollywood ci ridono sopra, ma le somme si tireranno a novembre.

Glauco Maggi

Giornalista dal 1978, vive a New York dal 2000 ed è l'occhio e la penna italiana in fatto di politica, finanza ed economia americana per varie testate nazionali

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