FMI alza le stime crescita mondiale, ma attenzione a questo fattore. PIL Italia a +0,5% nel 2025

Donato De Angelis

29/07/2025

Riviste al rialzo le previsioni di crescita per l’Italia. Nonostante le buone notizie sul fronte dazi, il FMI evidenzia i rischi di questo fattore.

FMI alza le stime crescita mondiale, ma attenzione a questo fattore. PIL Italia a +0,5% nel 2025

Il FMI ha alzato oggi le sue previsioni di crescita globale per il 2025 e il 2026. Merito della bontà dei dati raccolti finora e dell’evoluzione degli accordi sui dazi statunitensi, con un’aliquota tariffaria effettiva in calo dal 24,4% al 17,3%.

Ma lancia l’allarme: l’economia globale si trova ad affrontare gravi rischi, tra cui un potenziale aumento delle tariffe doganali, debiti pubblici più alti e un aggravarsi delle tensioni geopolitiche a livello mondiale, tutti fattori che potrebbero far salire i tassi di interesse e scombussolare la finanza globale.

L’organizzazione con sede a Washington ha affermato che una «de-escalation dei dazi» da parte della Casa Bianca ha stimolato una ripresa del commercio globale e una maggiore espansione economica, sebbene le politiche statunitensi rimangano «altamente incerte» e i rischi per la crescita «fermamente al ribasso».

La maggior parte delle regioni ha beneficiato di un miglioramento delle prospettive economiche, tra cui l’Italia, che dovrebbe crescere dello 0,5%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto alle previsioni dello scorso aprile. Invariata la previsione per il 2026 a +0,8%. Anche per la Germania vede migliorare la stima per il suo PIL 2025 (+0,1%), mentre le previsioni per Francia e Spagna rimangono invariate rispettivamente a +0,6% e +2,5%.

«L’economia mondiale è ancora in difficoltà e continuerà a soffrire con i dazi a quel livello, anche se la situazione non è grave come sarebbe potuta essere», ha spiegato Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del Fondo Monetario Internazionale.

WORLD ECONOMIC OUTLOOK del FMI
Aggiornamento del 29 luglio 2025

Il FMI rivede al rialzo le stime di crescita

Più nel dettaglio, il FMI ha aumentato le sue previsioni sul PIL mondiale di 0,2 punti percentuali al 3,0% per il 2025 e di 0,1 punti percentuali al 3,1% per il 2026, comunque in calo rispetto alla crescita del 3,3% che aveva previsto per entrambi gli anni a gennaio e della media storica pre-pandemia del 3,7%. L’economia globale è cresciuta del 3,3% nel 2024.

L’inflazione mondiale, ancora secondo il FMI, scenderà al 4,2% nel 2024 e al 3,6% nel 2026, ma l’indice dei prezzi al consumo rimarrà probabilmente al di sopra dell’obiettivo negli Stati Uniti, con il costo dei dazi che verrà trasferito direttamente sui consumatori statunitensi nel secondo semestre 2025.

L’impatto dei nuovi accordi sui dazi di Trump

Ad aprile, Trump ha minacciato di imporre dazi doganali pesanti sui maggiori esportatori di beni al mondo, tra cui Unione Europea, Cina e Corea del Sud, per contrastare quella che il presidente degli Stati Uniti ritiene sia una concorrenza sleale. Dopo l’annuncio a sorpresa, i mercati azionari sono crollati, come anche il dollaro USA, mentre gli investitori, spaventati dal potenziale contraccolpo per il commercio mondiale, sono corsi a comprare beni rifugio, facendo impennare il prezzo dell’oro.

Più avanti, gli Stati Uniti hanno ritardato l’attivazione o ridotto i dazi in cambio dell’impegno ad acquistare beni di fabbricazione statunitense, facendo tornare a salire i mercati finanziari, con gli investitori che hanno iniziato a ridimensionare l’affidabilità di Trump.

Questo fine settimana Trump ha accettato di porre fine a mesi di attesa per un’imposizione di dazi del 30% sulle importazioni di beni dall’UE. Ha accettato di limitare l’aumento al 15% in cambio di concessioni da parte dell’UE, tra cui l’acquisto di quasi 750 miliardi di dollari di petrolio e gas dagli Stati Uniti.

Il Giappone ha recentemente accettato di acquistare aerei Boeing nell’ambito di un accordo per limitare al 15% i dazi sulle sue esportazioni verso gli Stati Uniti. Trump ha ridotto i dazi anche sui prodotti cinesi, ma solo dopo che Pechino ha reagito imponendo tariffe punitive sulle terre rare tanto necessarie ai produttori del settore della difesa.

Secondo Gourinchas gli Stati Uniti hanno “parzialmente invertito la rotta”, riducendo l’aliquota tariffaria effettiva dal 24% a circa il 17%.

Ma ha aggiunto: «Nonostante questi sviluppi positivi, i dazi restano storicamente elevati e la politica globale resta altamente incerta, con solo pochi Paesi che hanno raggiunto accordi commerciali pienamente definiti».

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