Nella firma va prima il nome o il cognome? Ecco qual è il metodo più corretto

Simone Micocci

25 Ottobre 2022 - 16:25

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Quando si firma bisogna iniziare dal nome o dal cognome? Cosa va prima? Proviamo a fare chiarezza.

Nella firma va prima il nome o il cognome? Ecco qual è il metodo più corretto

Almeno una volta nella vita vi sarete chiesti se nella firma va prima il nome o il cognome, cercando di capire se esiste un modo corretto per firmare e cosa succede qualora si dovesse invertire l’ordine.

D’altronde la firma, nel diritto italiano, è quella sottoscrizione - valida solo se apposta di proprio pugno - con cui si indica una specifica volontà della persona; ragion per cui bisogna prestare molta attenzione quando si firma un documento.

Tuttavia, il Codice civile non dice chiaramente se nella firma va prima il nome o il cognome, così come non viene specificato se la firma deve essere leggibile (e quando) oppure se è sufficiente apporre un semplice segno distintivo.

A tal proposito, bisogna chiarire subito che a livello normativo non c’è differenza tra il firmare “nome e cognome” piuttosto che “cognome e nome”. Non c’è il rischio, quindi, che l’atto firmato venga annullato perché si è preferito un ordine piuttosto che un altro.

Tuttavia, una qualche indicazione - seppure non giuridicamente rilevante - il Codice civile la dà, spiegando che solitamente è il nome ad avere la precedenza sul cognome. Dello stesso parere l’Accademia della Crusca, che incalzata sull’argomento ha preso una posizione indicando la formula nome e cognome come quella più corretta dal punto di vista linguistico (giuridicamente lo sono entrambe) e le motivazioni a supporto di questa tesi.

Nome e cognome nella firma: cosa dice il Codice Civile

Fino al secondo dopoguerra in Italia si era consolidata la prassi per cui quando ci si presentava davanti ad un pubblico ufficiale - o anche ad un colloquio di lavoro - si dichiarava prima il cognome e poi il nome.

Nel Codice Civile però è stabilito diversamente, ecco perché ad oggi questa prassi è stata abbandonata e si è soliti dare la precedenza al nome.

Infatti, il secondo comma dell’articolo 6 del Codice Civile - “Diritto al nome” - stabilisce che nel nome sono compresi prenome (appunto il nome di battesimo) e il cognome, il quale indica l’appartenenza a un determinato gruppo familiare.

Lo stesso Codice Civile quindi dà la precedenza al nome sul cognome, rovesciando la prassi degli anni ‘30 e ‘40. Per questo oggi la forma corretta - salvo il caso in cui sia stabilito diversamente - è quella che vede il nome precedere il cognome, sia quando si firma che quando si compila un modulo.

La precedenza del nome è ribadita anche dall’Ordinamento dello Stato Civile (D.P.R. 396/2000), nel quale si legge che una persona nel “disciplinare il contenuto degli atti dello stato civile” deve indicare:

  • nome;
  • cognome;
  • luogo e data di nascita;
  • cittadinanza;
  • residenza.

Il nome è indicato prima del cognome; ecco perché non ci sono dubbi sulla precedenza del nome ogni volta che bisogna indicare le proprie generalità o si deve firmare un documento.

Perché è corretto firmare con nome e cognome secondo l’Accademia della Crusca

Sul dibattito in merito all’ordine del nome e cognome nella firma è intervenuta anche l’Accademia della Crusca.

Questa ha confermato che in qualsiasi manuale di “galateo linguistico” viene stabilito che nella firma va prima il nome e poi il cognome, mentre l’ordine inverso - come vedremo meglio di seguito - si applica solamente in determinati casi.

Secondo l’Accademia della Crusca, quindi, oltre a essere supportato dalle disposizioni legali, scrivere prima il nome e poi il cognome è anche una questione di correttezza linguistica.

La spiegazione è semplice: il cognome originariamente non era altro che una specificazione ulteriore al nome della persona tant’è che spesso faceva riferimento al nome del padre. Ad esempio, nel caso di Dante il cognome Alighieri viene da Aldighiero, capostipite della casata.

Ci sono cognomi poi che indicano la professione di una determinata famiglia - come Fabbri - oppure a una caratteristica fisica o alla provenienza del capostipite.

Di conseguenza, così come l’aggettivo va sempre dopo un nome, anche nel caso del cognome questo va posto alla fine.

Quando il cognome ha la precedenza sul nome?

Anche se il nostro ordinamento riconosce la precedenza del nome sul cognome, niente vieta a determinati contratti di prevedere diversamente. In tal caso però nel modulo prestampato bisogna indicare chiaramente l’ordine voluto.

Inoltre c’è un altro caso in cui il cognome ha la precedenza sul nome: il Codice Fiscale. Questo è composto da 15 caratteri alfanumerici dove i primi 3 sono identificativi del cognome mentre successivi 3 del nome. Per il Codice Fiscale quindi è il cognome ad avere la precedenza, a differenza di quanto stabilito dal nostro ordinamento per la firma.

Concludiamo rassicurando tutti coloro che in questi anni hanno sempre firmato indicando prima il cognome e poi il nome: la firma non è da considerare nulla, al massimo vi verrà chiesto di compilare nuovamente un determinato documento inserendo le proprie generalità nell’ordine corretto. Ma è molto raro che ciò avvenga.

Adesso che sapete la verità comunque potete cominciare a firmare nell’ordine corretto - “Mario Rossi”, e non “Rossi Mario” - poiché non ci sono regole che vietano a una persona che ha sempre firmato in un determinato modo di cambiare le proprie abitudini.

Come deve essere la firma per essere valida?

Come abbiamo appena visto la firma è valida sia quando si comincia correttamente con il nome che quando si dà la preferenza al cognome.

In quali casi invece una firma non si considera valida? Anche per la validità della firma non ci sono norme specifiche del Codice Civile. Tuttavia sappiamo che nel significato comune si intende per sottoscrizione la “firma redatta di proprio pugno” la quale deve avere la funzione di “certificare l’attribuibilità del documento a colui che l’ha firmato”.

Per essere valida, quindi, la firma deve soddisfare due condizioni:

  • deve essere apposta di proprio pugno;
  • deve essere attribuibile alla persona alla quale l’atto fa riferimento.

Quest’ultimo punto sta a significare che la firma deve essere sempre riconducibile al proprio autore, anche in seguito a un’approfondita perizia grafologica. Per questo motivo sono valide le firme non considerate leggibili che però presentano dei caratteri distintivi dell’autore.

Non è ammesso invece firmare utilizzando delle forme geometriche o composte, poiché in questo caso anche un esperto grafologo non sarà in grado d’individuarne l’autore.

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