Il calo della fertilità globale pone sfide economiche e sociali, ma apre anche opportunità legate all’invecchiamento sano e alla partecipazione prolungata degli anziani nel lavoro.
Quando ho iniziato a preoccuparmi delle questioni di politica pubblica, alla fine degli anni ’70, le discussioni sui tassi di fertilità spesso facevano riferimento al best-seller del 1968, The Population Bomb (La bomba demografica), scritto da Paul Ehrlich. All’epoca, la popolazione mondiale era di circa 3,5 miliardi di persone – circa la metà di quella attuale. Ma il libro avvertiva che era già troppo tardi, che la popolazione stava per sopraffare la disponibilità di cibo e l’ambiente, e che negli anni ’70 ci sarebbe stata una carestia globale. Anche alla fine degli anni ’70, era chiaro che le previsioni più apocalittiche del libro erano iperboliche. Tuttavia, ci fu una carestia pluriennale nei primi anni ’70 nella regione del Sahel in Africa (una fascia che attraversa il continente dall’ovest – Senegal e Mauritania – fino a Sudan ed Eritrea a est).
Mi capita spesso di incontrare persone che sembrano credere che le previsioni di The Population Bomb fossero solo premature, non sbagliate. La mia impressione è che, se prevedi un’imminente sovrappopolazione con conseguente carestia di massa, ma poi questa non si verifica nemmeno dopo mezzo secolo e con una popolazione raddoppiata, è probabile che la tua analisi abbia trascurato elementi chiave. Il problema alimentare globale attuale riguarda sia la scarsità sia l’eccesso: circa il 9% della popolazione globale è malnutrita, ma il 40% (molti dei quali in paesi a basso reddito) è obeso.
Inoltre, la preoccupazione attuale sembra non essere più la sovrappopolazione, bensì le conseguenze della bassa fertilità. Il numero di giugno 2025 di Finance & Development, pubblicato dal FMI, contiene diversi articoli interessanti sul calo dei tassi di natalità. [...]
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