Eredità, cosa rischia chi la prende tutta per sé?

Ilena D’Errico

27/08/2023

27/08/2023 - 16:05

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Cosa rischia chi prende tutta l’eredità per sé a seconda dei casi, quali sono le ipotesi di reato e i mezzi a tutela dei coeredi.

Eredità, cosa rischia chi la prende tutta per sé?

L’eredità deve essere divisa fra gli eredi secondo le disposizioni del defunto contenute nel testamento o, in mancanza di quest’ultimo, in base alle leggi successorie stabilite dal Codice civile. A meno che il testamento non definisca l’assegnazione dei beni, tutti gli eredi partecipano alla comunione su tutto l’asse ereditario. Di conseguenza, ognuno è proprietario di tutti i beni ereditari in modo proporzionale alla propria quota.

La divisione può essere effettuata di comune accordo tra gli eredi oppure essere rimessa al giudice, così come eventuali dispute riguardanti le quote ereditarie. Di certo, un erede non può appropriarsi dell’intera eredità senza il consenso degli altri.

Cosa rischia chi prende per sé tutta l’eredità

Chi prende tutta l’eredità per sé, a discapito di quanto previsto dalla successione, rischia conseguenze diverse a seconda delle modalità. Ci sono diversi reati attinenti a questo comportamento, tra cui principalmente l’appropriazione indebita. Esistono però anche altri reati configurabili quando un erede si appropria dell’eredità contro la legge, mentre in alcuni casi questo comportamento integra solo un illecito civile. Vediamo quindi cosa rischia chi prende tutta l’eredità per sé a seconda delle ipotesi.
Così, le conseguenze vanno dalla reclusione, alla multa passando per il risarcimento dei danni.

Appropriazione indebita

Come anticipato, la fattispecie più rilevante riguardo al coerede che si impossessa dell’eredità riguarda il reato di appropriazione indebita. Quest’ultimo è definito dall’articolo 646 del Codice penale ed è punito con la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 1.000 a 3.000 euro.

Non sempre, però, prendere tutta l’eredità significa commettere appropriazione indebita, ma soltanto quando concorrono questi elementi:

  • Il fine è quello di ottenere un profitto ingiusto, per sé o per altri;
  • ci si appropria dei beni altrui;
  • il coerede entra in possesso dei beni altrui, impedendo ai titolari di esercitare i propri diritti.

Non si può quindi parlare di appropriazione indebita quando è stato il defunto a dare tutta la (futura) eredità all’erede prima di morire, poiché non concorrono questi elementi. Commette, invece, appropriazione indebita l’erede che ottiene o aveva già in detenzione l’eredità e si rifiuta di restituirla agli aventi diritto.

Una casistica particolare riguarda il conto corrente cointestato con il defunto a firma disgiunta. Non si tratta del conto a firma congiunta perché in questo caso è necessario il consenso del defunto per le operazioni, o dei suoi eredi in seguito alla morte.

Nell’ipotesi di conto a firma disgiunta, comunque, non si configura il reato di appropriazione indebita se l’erede si trasferisce del denaro senza sapere della morte del defunto e se non supera la propria porzione di proprietà. In caso contrario si tratta di appropriazione indebita e lo stesso vale per i beni diversi dal denaro di cui l’erede aveva disponibilità. L’appropriazione indebita, salvo le aggravanti, è un reato punibile soltanto dietro querela delle persone offese. Gli eredi possono quindi tutelarsi denunciando entro 3 mesi.

Circonvenzione d’incapace

Diversamente dall’appropriazione indebita, la circonvenzione d’incapace rileva quando è stato il defunto a trasferire i beni dell’asse ereditario ma il suo consenso è indotto dall’erede (o da altre persone in suo favore). È il caso dell’erede che induce un testamento o una donazione in suo favore, approfittandosi dello stato mentale dell’interessato.

La circonvenzione d’incapace è punita dall’articolo 643 del Codice penale con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 206 a 2.065 euro. Ai fini del reato non è necessario che il soggetto sia stato interdetto o inabilitato e peraltro si tratta di un illecito perseguibile d’ufficio, ovvero anche senza querela e senza limiti di tempo.

Truffa e furto

In merito all’erede che si appropria dell’eredità interessano anche i reati di truffa e furto. Il reato di truffa persegue lo stesso fine dell’appropriazione indebita ma attraverso raggiri e artifizi, con cui ci si procura un profitto ingiusto a danno del soggetto ingannato. Questo reato, punibile dietro querela salvo le ipotesi più gravi, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 51 a 1.032 euro.

È il caso, per esempio, del soggetto che ottiene il possesso dei beni ereditari ingannando i coeredi. Il furto, invece, non si basa sul comportamento ingannevole, ma nella vera e propria sottrazione del bene al suo titolare. Il furto, anch’esso punibile dietro querela nelle ipotesi più lievi, è punito dall’articolo 624 del Codice penale con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 154 a 516 euro.

Restituzione dell’eredità

La detenzione di tutta la massa ereditaria può anche non configurare un reato, nello specifico quando non c’è dolo intenzionale, cioè quando l’erede non intende volontariamente e coscientemente appropriarsi dei beni altrui. Nulla toglie, però, che l’eredità debba essere restituita e divisa secondo la legge; perciò, l’erede può essere citato in giudizio civile. Non si esclude, inoltre, l’ipotesi di un risarcimento in favore dei coeredi, in caso di responsabilità dell’erede che li hanno danneggiati.

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