Energia: la Cina completa il test della prima centrale al Torio

Redazione

26 Luglio 2025 - 14:29

Il reattore a sali fusi cinese ha completato il primo ciclo autonomo del combustibile al torio, si aprono nuovi scenari nella produzione di energia pulita.

Energia: la Cina completa il test della prima centrale al Torio

Per decenni, il torio è stato il sogno nucleare che non si è mai realizzato. Ma nel profondo del deserto del Gobi, in Cina, quel sogno potrebbe ora diventare realtà. Con un risultato senza precedenti, gli scienziati dell’Istituto di Fisica Applicata di Shanghai hanno dimostrato un ciclo chiuso del torio all’interno di un reattore a sali fusi, dove il torio non solo viene utilizzato, ma anche prodotto, bruciato e riciclato, il tutto in loco.

I reattori nucleari tradizionali utilizzano barre di combustibile solido all’uranio che devono essere sostituite frequentemente e comportano rischi a lungo termine di produzione di scorie e fusione del nocciolo. Ma i reattori a sali fusi (MSR) dissolvono il torio e l’uranio in sali fluorurati liquidi. Questo design non solo elimina la possibilità di fusione del nocciolo, ma consente anche alle reazioni nucleari di autoregolarsi. Quando il sale diventa troppo caldo, si espande, rallentando naturalmente la reazione, come un interruttore di sicurezza integrato.

Ciò che distingue questo progetto è il ciclo completo del torio. Gli ingegneri hanno verificato la conversione del torio-232 in uranio-233 fissile attraverso la diagnostica del flusso neutronico, poi hanno dimostrato che l’uranio-233 poteva sostenere una reazione a catena e infine hanno recuperato il combustibile residuo utilizzando l’estrazione con metallo liquido. È la prima volta che l’intero ciclo si svolge all’interno di un unico sistema chiuso.

Funzionando a una temperatura di 700 °C, questo MSR genera elettricità in modo molto più efficiente rispetto ai tradizionali reattori ad acqua pressurizzata. La sua temperatura più elevata consente l’uso diretto di turbine a ciclo Brayton.

Il torio non solo è più abbondante dell’uranio – disponibile in quantità tre o quattro volte superiori a livello globale – ma è anche meno adatto alla produzione di armi. Il reattore produce quantità molto basse di plutonio-239, l’isotopo comunemente utilizzato nelle armi nucleari, e l’uranio-233 ottenuto dal torio è più difficile da separare e utilizzare per scopi militari. Secondo i rapporti cinesi, il contenuto di plutonio nei rifiuti dei reattori al torio è “molto inferiore” rispetto ai sistemi nucleari convenzionali.

Il reattore è inoltre dotato di caratteristiche di sicurezza passive. In caso di surriscaldamento o interruzione dell’alimentazione, il sistema utilizza un “tappo di sale congelato” sul fondo del contenitore del reattore che si scioglie automaticamente, consentendo al sale radioattivo fuso di defluire in una camera di raffreddamento secondaria. Questo sistema di arresto alimentato per gravità impedisce il meltdown senza richiedere un controllo attivo o un intervento esterno.

La Cina ha già avviato la costruzione di un reattore dimostrativo più grande, da 10 MWe, anch’esso situato vicino a Wuwei, nella provincia di Gansu, che genererà sia elettricità che idrogeno. Questo impianto, il cui completamento è previsto entro il 2030, è progettato per produrre 60 MW di energia termica, contribuendo al più ampio obiettivo della Cina di costruire un polo energetico rinnovabile e a basse emissioni di carbonio nel deserto.

Al contempo, la gestione dei rifiuti rimane una questione aperta. Sebbene i reattori al torio generino una quantità molto inferiore di scorie a lunga vita, producono un mix complesso di prodotti di fissione che devono essere gestiti con attenzione. La Cina prevede di stoccare questi rifiuti nel sottosuolo del deserto del Gobi, sfruttando la stabilità geologica e le condizioni aride della regione.

Tuttavia, nonostante queste sfide, il messaggio dei ricercatori cinesi è chiaro. “Gli Stati Uniti hanno reso pubblici i loro risultati”, ha dichiarato Xu Hongjie durante la riunione della CAS, riferendosi alla ricerca americana declassificata. “Noi abbiamo seguito le loro orme”.

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