2 anni di Trump: l’economia è migliorata o peggiorata?

C. G.

21 Gennaio 2019 - 09:49

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Inizia il terzo anno dell’era Trump: come è cambiata l’economia dall’insediamento del tycoon ad oggi?

2 anni di Trump: l’economia è migliorata o peggiorata?

Come è cambiata l’economia negli ultimi 2 anni di Trump?

Il 21 gennaio del 2017 ha avuto luogo la cerimonia ufficiale di insediamento del presidente, che ha immediatamente dato seguito ad alcuni dei suoi programmi elettorali, primo fra tutti la riforma fiscale.

I primi 2 anni di Trump sono stati ricchi di emozioni per l’economia americana, che dopo il boom del 2017 ha dovuto fronteggiare un nuovo grande ostacolo: la guerra commerciale contro la Cina inaugurata proprio dallo stesso presidente USA.

2 anni di Trump: l’impatto positivo della riforma fiscale

Come accennato, tra le prime iniziative economiche di Donald Trump c’è stata la riforma fiscale, anche nota come Tax Cuts and Jobs Act del 2017, che ha scaricato miliardi di dollari nell’economia USA ed ha permesso a Wall Street di sfondare nuovi record storici.

Questo perché i tagli previsti hanno sostenuto gli investimenti delle imprese e determinato un balzo della crescita su livelli mai visti dal 2014. Secondo le stime del Tax Policy Center, la riforma fiscale ha aggiunto 0,8 punti percentuali al Pil del 2018, in un momento in cui l’economia mondiale ha mostrato invece segnali di evidente rallentamento.

Gli stimoli, tra l’altro, hanno contribuito a migliorare le condizioni del mercato occupazionale statunitense, con un tasso di disoccupazione in discesa e salari in aumento.

Problemi internazionali: il caso NAFTA

I primi due anni di Trump non sono stati caratterizzati soltanto da una crescita dell’economia. Anche le dispute commerciali hanno giocato un ruolo di rilievo nella sua presidenza.

Tra le discussioni più accese sicuramente quelle sul NAFTA, che il tycoon ha voluto sostituire con un nuovo accordo commerciale con Canada e Messico.

Quanto è costata la guerra commerciale USA-Cina

Nonostante l’entusiasmo iniziale, i successi della riforma fiscale sono stati parzialmente oscurati dalla guerra commerciale esplosa fra Cina e USA. A dare il via alle ostilità è stato lo stesso Trump, che ha iniziato ad introdurre pesanti dazi e tariffe sui beni importati da Pechino.

Secondo le proiezioni di Oxford Economics, il conflitto ha già tagliato il Pil USA 2018 di 0,1/0,2 punti percentuali, mentre per Tax Foundation i dazi cancelleranno oltre 94.000 posti di lavoro nel lungo termine. Tra l’altro, nonostante le tariffe, gli USA stanno comunque importando più di quanto esportino. La Cina, dal canto suo, ha archiviato il 2018 con il Pil peggiore dal 1990 a causa del conflitto.

Gli unici a beneficiare della guerra commerciale sono stati i produttori di acciaio, che hanno assunto costantemente personale e aumentato la capacità da quando Trump è entrato in carica. Ma chiunque altro usi acciaio e alluminio - o produca una qualsiasi delle migliaia di merci che sono state oggetto di ritorsioni tariffarie da Cina, Canada e Unione europea - ha sofferto il conflitto dei dazi.

“Qualunque sia stato il beneficio derivante dal taglio delle tasse, le tariffe lo hanno sconvolto”,

ha affermato Joe Galvin, research director di Vistage.

Il nodo immigrazione

Uno dei cavalli di battaglia di Trump è sempre stato quello dell’immigrazione. Nei primi due anni di presidenza il tycoon ha imposto un ban contro i cittadini provenienti da alcuni stati di fede musulmana, colpendo così una buona parte dei flussi in entrata.

In molti hanno iniziato ad evitare gli Stati Uniti influenzando così negativamente la spesa dei visitatori esteri sul territorio nazionale, come confermato dallo stesso Steve Moore, campaign advisor di Trump.

Tra l’altro anche gli investimenti esteri diretti negli Stati Uniti sono diminuiti drasticamente nel 2017 rispetto ai due anni precedenti e sono diventati negativi nel secondo trimestre del 2018. Ciò significa che le imprese straniere sono meno interessate a costruire fabbriche e acquistare società negli USA.

Tutto ciò, hanno fatto notare diversi osservatori, potrebbe mettere a dura prova l’attrattiva americana le grandi menti di scienziati e ingegneri stranieri, che ad oggi sembrano preferire i datori di lavoro canadesi.

“Restrizioni e ritardi nelle domande di visti e passaporti hanno appesantito l’immigrazione. Da un punto di vista economico l’immigrazione è positiva, quindi ridurre l’immigrazione ha già pesato sull’economia”,

ha confermato Oxford Economics.

Lo shutdown

All’ottimismo iniziale derivante dalla citata riforma fiscale ha fatto seguito un 2018 ricco di preoccupazioni per gli USA. Sul finire dell’anno lo scontro fra Trump e il Congresso sulla legge di bilancio ha portato allo shutdown più lungo della storia.

Il Congresso ha negato la richiesta di fondi aggiuntivi avanzata per costruire il muro al confine con il Messico. Il presidente si è così rifiutato di firmare il bilancio 2019 congelando di fatto un quarto delle attività pubbliche negli USA. Fitch si è già detta pronta a rivedere il rating tripla A in caso di stallo prolungato. Il problema principale? Il tetto del debito pubblico. Anche il terzo anno dell’era Trump si aprirà all’insegna degli impegni per l’economia statunitense.

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