La curva dei rendimenti americani si è invertita per la prima volta dal 2019. Non un segnale positivo per i mercati e per l’economia.
Che cos’è una «curva dei rendimenti»? Molto semplicemente, è il grafico che vede sull’asse delle ascisse le diverse scadenze obbligazionarie e sull’asse delle ordinate i vari tassi di rendimento.
Normalmente, la curva dei rendimenti è inclinata positivamente. Questo vuol dire che all’aumentare delle durate aumenta anche il rendimento dei titoli obbligazionari.
Scadenze più lunghe richiedono rendimenti più elevati
All’aumentare della durata dei titoli obbligazionari di uno stesso emittente, aumenta inevitabilmente anche il rischio. Questo perché più dura un’obbligazione e più possono verificarsi casi e situazioni che rendono un emittente insolvente. Possono verificarsi, ad esempio, crisi dell’impresa o del governo che hanno emesso l’obbligazione oppure problemi macroeconomici generali.
Sta di fatto che il rischio aumenta e quindi sale anche il rendimento che l’investitore chiede. Se non altro, perché comunque è maggiore l’impegno che viene chiesto a chi compra il bond, visto che dovrà attendere di più per il rimborso del capitale. Se il rendimento fosse uguale, in linea teorica tutti comprerebbero le obbligazioni con la scadenza più vicina.
Perché la curva si inverte?
Saltuariamente, però, la curva si inverte. Questo vuol dire che le scadenze più vicine rendono di più di quelle più lontane.
È esattamente quanto successo all’inizio di questo mese. Il Treasury con scadenza a due anni ha segnato un rendimento del 2,44%, quello con scadenza a tre anni il 2,58%, quello a dieci anni il 2,38%.
In pratica, i bond a 2 o 3 anni rendono di più di quelli a 10 anni.
Un segnale non positivo per l’economia. Infatti, tutte le recessioni sono state anticipate da un’inversione della curva dei rendimenti. Ma perché la curva si inverte?
Cosa vede il mercato obbligazionario?
I prezzi di mercato incorporano tutto ciò che è noto del passato e cercano anche di prevedere il futuro. Chi compra e chi vende, anche con obiettivi di lungo termine, inevitabilmente «specula» sugli andamenti futuri. Non c’è dubbio, quindi, che i prezzi di mercato incorporino anche molte delle aspettative future.
Quando la curva si inverte, gli operatori si aspettano una situazione di crisi/recessione in futuro, per cui si stima che le Banche Centrali abbasseranno i tassi o che, in generale, lo scarso appeal futuro degli investimenti più rischiosi porterà i capitali sul reddito fisso, con un calo dei rendimenti e un aumento dei prezzi.
Per questo i bond a durata più lunga incorporano questo scenario futuro. Cosa che, invece, non fanno i titoli a scadenza più ravvicinata, perché probabilmente arriveranno a rimborso prima che questo scenario si materializzerà.
Pronti per una recessione?
Ovviamente non bisogna correre troppo, sui mercati nulla è scritto.
Abbiamo detto che ogni recessione è stata anticipata da una curva dei tassi invertita, tuttavia non è vero il contrario. Non tutte le inversioni della curva, infatti, hanno portato a una recessione.
Quindi non c’è dubbio che la situazione vada attentamente monitorata.
Abbiamo una guerra in corso, cambiamenti geopolitici all’orizzonte, rialzi dei prezzi dell’energia e delle materie prime, Banche Centrali pronte a togliere gli stimoli, inflazione galoppante. Tutto lascia propendere per tempi molto duri all’orizzonte e la recessione potrebbe essere probabile.
Ma a volte l’economia e i mercati ci sorprendono e proprio quando lo scenario negativo sembra scontato magari le cose vanno in senso opposto.
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