Crescono gli investitori istituzionali per le società italiane. Ma sono quasi tutti esteri

Giorgia Paccione

18 Giugno 2025 - 14:57

Il rapporto Consob sulla corporate governance rivela una ripresa della presenza di investitori istituzionali nelle società quotate italiane. Gli operatori esteri superano per numero quelli domestici.

Crescono gli investitori istituzionali per le società italiane. Ma sono quasi tutti esteri

Dopo un quinquennio caratterizzato da una progressiva riduzione del peso degli investitori istituzionali nelle società quotate italiane, il 2024 segna una lieve inversione positiva. Secondo il Rapporto Consob sulla corporate governance, infatti, le società partecipate da investitori istituzionali sono passate da 51 a 53. Anche il numero di partecipazioni rilevanti detenute dagli istituzionali sale a 71, contro le 70 del 2023. Seppur modesti, questi aumenti interrompono la fase di calo iniziata nel 2019 e suggeriscono un rinnovato interesse per il mercato italiano, probabilmente favorito da una maggiore stabilità macroeconomica e da politiche più trasparenti e allineate agli standard internazionali.

Il ritorno degli istituzionali si concentra soprattutto sulle società di maggiore dimensione, quelle che offrono maggiori garanzie di liquidità e visibilità internazionale. Tuttavia, il fenomeno coinvolge anche alcune PMI quotate, segno che il mercato italiano sta diventando più attrattivo anche per investitori con strategie di lungo periodo orientate alla crescita e alla diversificazione.

Il dato più significativo riguarda però la composizione di questa presenza: sono gli investitori esteri a rappresentare la fetta più ampia con una percentuale del 21,5% sul 27% totale.

A Piazza Affari dominano gli investitori esteri: numeri e implicazioni

Se la ripresa degli istituzionali è un segnale positivo per la Borsa italiana, il dettaglio della loro composizione evidenzia una netta prevalenza degli operatori esteri. Nel 2024, la quota di società partecipate da investitori istituzionali stranieri sale al 21,5% (contro il 19% del 2023), mentre il numero di partecipazioni rilevanti detenute da questi soggetti passa da 48 a 52 in un solo anno. Gli investitori esteri mostrano una predilezione per i grandi emittenti, confermando la centralità delle blue chip italiane nei portafogli internazionali.

Questa dinamica riflette la crescente apertura del mercato italiano ai capitali globali, ma pone anche alcune questioni strategiche. Da un lato, la presenza di investitori esteri può favorire una maggiore disciplina di mercato, spingendo le società ad adottare best practice di governance e trasparenza. Dall’altro, la dipendenza da capitali stranieri potrebbe rendere le aziende italiane più esposte alle decisioni di investimento di soggetti che rispondono a logiche e priorità non sempre allineate con quelle del sistema economico nazionale.

Le contromisure delle società italiane

Nonostante la crescita degli investitori istituzionali, il mercato italiano si caratterizza ancora per una forte concentrazione proprietaria. A fine 2024, la quota media detenuta dal primo azionista nelle società quotate è pari al 48%, un dato in leggero calo rispetto al 2023 ma superiore ai livelli di inizio decennio. Questo aspetto riflette una struttura proprietaria ancora dominata da grandi famiglie o gruppi industriali, che spesso ricorrono a strumenti come il voto maggiorato per rafforzare il controllo societario: sono 72 le società che a fine 2024 prevedono il voto maggiorato nello statuto, pari 14,7% del valore totale di mercato.

L’adozione di queste soluzioni mira a bilanciare l’ingresso di capitali istituzionali, soprattutto esteri, con la necessità di mantenere una governance stabile e orientata al lungo termine. Tuttavia, il rischio è quello di limitare il ruolo attivo degli investitori di minoranza e di ridurre l’appeal per quei fondi che puntano su una partecipazione più incisiva nelle strategie aziendali.

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