Covid, “allarme ceppo mortale all’80% creato all’Università di Boston”: cosa c’è di vero

Alessandro Nuzzo

18 Ottobre 2022 - 20:23

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La notizia rilanciata dai quotidiani inglesi ha scatenato una bufera nei confronti dei ricercatori dell’Università di Boston. Ma in realtà le cose non stanno proprio come descritte.

Covid, “allarme ceppo mortale all’80% creato all’Università di Boston”: cosa c’è di vero

La stampa inglese ieri ha rilanciato una notizia che, da come è stata interpretata, ha innescato una brusca polemica nei confronti dei ricercatori del National Emerging Infectious Diseases Laboratories della Boston University. La stampa britannica leggendo i risultati di una ricerca, li hanno accusati di aver creato nei loro laboratori un nuovo ceppo del virus responsabile di Covid-19 che ha un tasso di mortalità dell’80%.

Il nuovo ceppo è stato creato combinando la variante originaria di Wuhan con la proteina Spike presente nella variante Omicron. Secondo i tabloid britannici, testato sui topi, questo nuovo virus si sarebbe rivelato molto pericoloso.

Nel corso delle ore però i ricercatori di Boston hanno avuto modo di chiarire meglio i risultati e i motivi del loro esperimento facendo capire come in realtà ci sia ben poco da preoccuparsi. Ecco come stanno realmente le cose.

Cosa ha scritto la stampa inglese sul nuovo ceppo creato negli Usa

La notizia è stata rilanciata prima dal Daily Mail e poi è stata battuta anche da Fox News facendo rapidamente il giro del mondo. Nel modo in cui è stata raccontata ha scatenato un certo allarmismo mettendo in cattiva luce i ricercatori dell’Università di Boston.

Il Daily Mail ha pubblicato la notizia dopo aver letto sul sito che raccoglie paper scientifici in attesa di peer review, Biorxiv, i risultati di una sperimentazione fatta a Boston in cui si spiega di aver generato un virus SARS-CoV-2 ricombinante chimerico. Questo "sfugge in modo robusto all’immunità umorale indotta dal vaccino" - si legge. Analizzato sui topi, mentre la variante Omicron provoca sintomi lievi e non fatale, "il virus portatore chimerico infligge una malattia grave con un tasso di mortalità dell’80%".

Letta in questo modo la notizia ha scatenato grande allarmismo. Ma qualche ora dopo l’uscita della notizia, ci ha pensato la stessa università con una nota a chiarire la vicenda ritenendola "falsa e imprecisa".

C’è da preoccuparsi?

L’Università di Boston ha pubblicato una nota in cui ha accusato la stampa britannica di aver travisato lo studio e i suoi obiettivi. Lo scopo dei ricercatori era infatti confrontare il ceppo originale con quello della variante Omicron per capire se in effetti questo secondo ceppo fosse meno virulento e quale parte del virus determini la gravità della malattia. Tutto è stato poi effettuato nelle strutture di livello 3 di biosicurezza del laboratorio con nessun rischio che il virus potesse sfuggire al controllo.

I ricercatori di Boston hanno specificato che nei prossimi giorni approfondiranno la questione. Ma 30Science.com ha interpellato Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli Sforza” del Consiglio Nazionale delle Ricerche IGM CNR di Pavia, che ha fatto chiarezza sulla vicenda.

Maga ha spiegato che i ricercatori hanno unito il ceppo originale con quello della variante Omicron per "determinare se la minore patogenicità della variante Omicron 1 fosse dovuta esclusivamente alle mutazioni della proteina Spike o se ci fossero altre determinanti”.

Il risultato della ricerca è stato che il ceppo originario è molto più aggressivo grazie alla sua capacità di indurre un’infezione più grave e anche letale rispetto alla variante Omicron 1. La minore patogenicità non avviene a causa delle mutazioni della proteina Spike, ma, per altre mutazioni presenti in altre proteine del virus.

Per Maga la stampa britannica ha creato dei titoli fuorvianti del tipo «è stato creato un ceppo più patogeno di Sars-Cov2» ma in realtà anche il ceppo chimerico è un po’ meno patogeno del ceppo selvaggio.

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