Ecco cosa caratterizza le aziende “zombie”: cosa sono, perché si chiamano così e quali rischi comportano per l’intero sistema economico.
Non ci sarebbe da stupirsi se, nel dibattito economico, si sentisse parlare di aziende “zombie”. Il termine, evocativo dei celebri “morti viventi” di film, libri e leggende, descrive in realtà una specifica condizione finanziaria.
Quando si parla di aziende “zombie”, infatti, ci si riferisce a quelle imprese indebitate o in grave difficoltà finanziaria, che “si mantengono in vita” grazie a prestiti e sussidi e che, pur generando la liquidità necessaria per coprire i costi operativi, non riescono a estinguere completamente il loro debito.
Questa situazione di stallo non danneggia solo le singole aziende, ma può avere ripercussioni sull’intero sistema economico. Ecco quindi nel dettaglio quali sono le caratteristiche principali delle aziende “zombie” e perché la loro presenza rappresenta un rischio per la crescita economica.
Definizione e caratteristiche principali delle aziende “zombie”
Un’azienda “zombie” è un’impresa che genera entrate sufficienti a coprire gli interessi sui debiti, ma non riesce a estinguere il capitale né a investire per innovare o crescere. In sostanza: sopravvive, ma non cresce. Anzi, opera in equilibrio precario, poiché vive in una situazione che potrebbe farla sprofondare definitivamente da un momento all’altro. Queste imprese sono in grado di coprire le spese operative - come stipendi, affitti e onorari - ma non possono fare nient’altro.
Ci sono casi in cui un’azienda redditizia può diventare “zombie” per un periodo limitato di tempo e, viceversa, esistono anche aziende che hanno superato il processo di “zombificazione”. Per fare chiarezza, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha fornito una definizione precisa: “le aziende “zombie” sono imprese con più di dieci anni di esistenza che non coprono il proprio onere sugli interessi con il risultato lordo di gestione per almeno tre anni consecutivi”.
Le aziende “zombie” non vanno confuse con quelle “fantasma”, un termine che si riferisce a società di copertura o di comodo create per sfruttare le tutele giuridiche e nascondere operazioni o frodi fiscali.
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Questa terminologia non è recente. Negli anni Novanta, in Giappone, le prime aziende “zombie” iniziavano a comparire durante il “decennio perduto”, una fase di recessione e stagnazione economica avvenuta nel paese asiatico a partire dal periodo 1991-1992, in seguito allo scoppio della bolla speculativa giapponese.
Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS), il fenomeno ha registrato una ripresa in numerosi Paesi sviluppati a partire dai primi anni 2000, soprattutto in seguito alla crisi finanziaria del 2008, quando le politiche monetarie espansive hanno contribuito ad attenuare la pressione sui debitori, permettendo a imprese strutturalmente deboli di rimanere operative più a lungo del sostenibile.
Perché le imprese “zombie” sono dannose per l’economia
Il problema delle aziende zombie non riguarda solo le singole imprese, ma ha ricadute più ampie sul sistema economico. Ecco quali sono i pericoli principali:
- allocazione inefficiente del capitale: quando banche o investitori continuano a sostenere imprese che non sono in grado di generare un rendimento tangibile, si creano “risorse parcheggiate” che, invece, potrebbero essere destinate a imprese più produttive. Il capitale rischia così di restare bloccato su entità che non contribuiscono all’innovazione o alla crescita economica;
- distorsione della concorrenza e calo della produttività: le aziende zombie, restando sul mercato con prezzi più bassi per rimanere operative, possono comprimere i margini dei concorrenti più sani e dinamici. Questo fenomeno, chiamato “concorrenza al ribasso”, può frenare l’ingresso o l’espansione di imprese più efficienti, riducendo gli investimenti e la crescita occupazionale;
- vulnerabilità in caso di shock economici: pur “tenute in vita”, le aziende zombie sono particolarmente esposte a variazioni negative del contesto. Basta un aumento dei tassi d’interesse, il calo della domanda o uno shock improvviso a metterle rapidamente a rischio di insolvenza. Il fatto che sopravvivano significa che, in caso di crisi, un’uscita simultanea di molte di queste imprese può generare effetti sistemici più ampi. Allo stesso tempo, poi, il mantenimento forzato di imprese inefficienti può rallentare il processo di “distruzione creativa”, ovvero l’uscita delle imprese meno efficienti e la crescita di quelle più innovative, una componente tipica dei cicli economici sani.
Quali sono le cause che favoriscono la “zombificazione” di un’azienda
Capire cosa porta un’impresa a “zombificarsi” è fondamentale per poterne contrastare l’espansione del fenomeno. Ecco a cosa bisogna prestare particolarmente attenzione:
- tassi d’interesse bassi e credito facile: tassi ridotti da molto tempo attenuano la pressione sulle imprese indebitate, permettendo loro di rifinanziare debiti senza correggere i problemi strutturali. Secondo la BIS, la riduzione del costo reale del credito ha favorito una maggiore incidenza di aziende zombie. Inoltre, quando le condizioni finanziarie sono favorevoli, le banche potrebbero essere meno incentivate a tagliare precocemente i prestiti alle imprese non competitive, preferendo mantenere il “cuscinetto” del credito;
- indebitamento elevato e modelli di business obsoleti: un’impresa che ha preso troppo debito e che non ha adattato il proprio modello al cambiamento del mercato - digitale, tecnologico o competitivo che sia - rischia più facilmente di diventare zombie: entra in una spirale di stagnazione, con margini in calo, innovazione assente e investimenti fermi. Il risultato è che, anche senza essere effettivamente fallita, l’azienda non cresce, non assume e non contribuisce allo sviluppo economico;
- banche deboli o incentivate a mantenere in vita le imprese: quando gli istituti bancari sono in una condizione di debolezza patrimoniale, preferiscono prorogare la scadenza dei prestiti piuttosto che decretare il fallimento dell’impresa debitrice, creando così un effetto di sostegno artificiale a imprese che, senza quei fondi, non potrebbero più esistere.
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