Cos’è la violenza economica e cosa fare per difendersi

Veronica Caliandro

10 Dicembre 2025 - 17:46

Cos’è la violenza economica, con la quale si usa il denaro per controllare e sottomettere le donne? Ecco come riconoscerla e come difendersi.

Cos’è la violenza economica e cosa fare per difendersi

Si parla spesso di violenza psicologica, fisica e verbale, ma molto meno di quella economica, una forma di abuso silenziosa e profondamente radicata nella quotidianità di molte famiglie. Non alza la voce, non lascia lividi, ma toglie possibilità, autonomia, libertà. A volte inizia in modo impercettibile, con la gestione “per comodità” del denaro da parte di uno solo, o con il suggerimento di non lavorare perché “è meglio così per la famiglia”. Poi, lentamente, la dipendenza economica cresce: non si può comprare ciò che serve senza chiedere, ogni spesa va giustificata, i conti non si possono vedere e l’accesso al denaro diventa un privilegio concesso, non un diritto.

È in quel momento che la normalità si trasforma in controllo. Conoscere la violenza economica significa darle un nome, riconoscerla quando accade e non confonderla con una semplice gestione delle spese familiari. Questa guida nasce proprio con questo obiettivo: spiegare cos’è, come può presentarsi nella vita quotidiana, quali strumenti di tutela sono previsti in Italia e quali passi concreti può intraprendere chi la subisce per ritrovare autonomia e libertà economica.

Violenza economica: significato e definizione

La violenza economica è una forma di abuso che si esercita attraverso il controllo delle risorse economiche di una persona. Non riguarda solo i soldi in sé, ma il potere che i soldi rappresentano: scegliere, comprare, spostarsi, vivere. Diventa violenza quando una persona viene limitata nell’accesso al denaro, nei pagamenti, nel lavoro o nella gestione dei beni familiari, perdendo autonomia decisionale.

Secondo i dati ISTAT 2025, tra le donne che hanno o hanno avuto un partner il 6,6% dichiara di aver subito episodi di violenza economica. Parliamo quindi di una realtà concreta e tuttora poco visibile, spesso minimizzata o scambiata per normale gestione familiare.

Differenza tra dipendenza economica e violenza economica

La dipendenza economica può nascere da accordi familiari condivisi, come ad esempio un partner lavora mentre l’altro si occupa della casa. Questa situazione in sé non è violenza. Diventa violenza economica, però, quando l’autonomia viene negata, quando non si può spendere senza permesso o quando le risorse diventano uno strumento di potere, pressione o punizione.

La differenza è sottile ma essenziale. Quando la scelta è condivisa e rispettata, la gestione economica della famiglia può funzionare in equilibrio. Quando invece viene imposta, quando l’accesso al denaro non è libero ma subordinato al permesso dell’altro, allora quella dipendenza si trasforma in una forma di controllo e quindi in violenza economica. Quando chi gestisce il denaro decide per entrambi, quando l’altro non ha accesso ai conti o deve chiedere ogni centesimo, la disparità si trasforma in abuso.

Come si manifesta la violenza economica (e quando)

La violenza economica può assumere forme diverse e spesso si insinua nella vita quotidiana senza essere riconosciuta subito come abuso. Non sempre si presenta in modo evidente: a volte appare come una semplice gestione delle spese, come una decisione presa per comodità o come un’abitudine familiare consolidata. Con il tempo però può trasformarsi in un vero e proprio controllo sulle risorse, limitando libertà, scelte e autonomia. Ecco come può mostrarsi concretamente nelle principali situazioni della vita familiare.

Nelle relazioni di coppia

Si manifesta spesso dentro casa, nella quotidianità. Una sola persona controlla il conto, decide le spese, valuta cosa è necessario e cosa no. L’altra deve chiedere, giustificare, attendere. Può accadere quando si impedisce o scoraggia il lavoro del partner, quando si richiedono scontrini o autorizzazioni per gli acquisti, quando l’accesso ai conti è vietato o lo stipendio viene trattenuto e gestito da altri. Nei casi più gravi la persona non dispone più del proprio denaro, non può costruire risparmi e non riesce a lasciare la relazione perché economicamente bloccata. È una vera e propria gabbia economica.

Quando colpisce i figli

La violenza economica può colpire anche i figli, soprattutto quando il denaro destinato al loro sostentamento viene trattenuto, ridotto o usato come strumento di pressione nei confronti dell’altro genitore. Questo avviene, ad esempio, quando il mantenimento si trasforma in ricatto, quando spese mediche o scolastiche vengono negate per punizione o quando le risorse per i minori vengono utilizzati per altri scopi. In questi casi il danno non è solo finanziario, ma si ripercuote anche sulla sfera emotiva del bambino, creando tensione, insicurezza e un clima familiare conflittuale che coinvolge anche la sua crescita e il suo equilibrio affettivo.

Quando riguarda anziani o persone fragili

La violenza economica può riguardare anche anziani, persone con disabilità o chi dipende da altri soggetti per l’assistenza quotidiana. In queste situazioni si manifesta quando la pensione o le entrate vengono trattenute, quando carte e codici bancari vengono nascosti, quando la persona viene indotta a firmare documenti che non comprende o le viene impedito l’accesso ai propri soldi anche per spese necessarie. In questi casi l’abuso si confonde facilmente con la cura, ma dietro si nascondono sfruttamento, manipolazione e un controllo reso possibile proprio dalla condizione di vulnerabilità della vittima.

Esiste una legge contro la violenza economica?

In Italia non esiste ancora un reato autonomo denominato “violenza economica”, ma questa forma di abuso è comunque riconosciuta e perseguibile attraverso varie norme già presenti nel diritto. Si tratta di condotte che possono rientrare nei reati di maltrattamenti in famiglia, violazione degli obblighi di mantenimento o assistenza familiare, appropriazione indebita, estorsione o, in casi di persone vulnerabili, circonvenzione di incapace.

Un riferimento fondamentale è la Convenzione di Istanbul, ratificata in Italia con la legge 77/2013, che include la privazione economica come una delle forme di violenza da prevenire e contrastare. Questo impegno internazionale offre la cornice di tutela e riconoscimento del fenomeno, anche quando non esiste ancora una norma specifica.

Negli ultimi anni, inoltre, la giurisprudenza si è mostrata sempre più sensibile alle dinamiche economiche. Diverse sentenze, infatti, hanno confermato che limitare l’accesso al denaro, trattenere lo stipendio o negare risorse necessarie può costituire maltrattamento anche in assenza di violenza fisica. Questo progresso giuridico dimostra che, sebbene l’ordinamento non nomini esplicitamente la violenza economica, la tutela legale esiste e può essere attivata.

Tuttavia la strada verso una norma dedicata resta aperta. Molti esperti e associazioni chiedono una definizione giuridica autonoma della violenza economica, per facilitare la diagnosi, la denuncia, la tutela delle vittime e per evitare che casi reali vengano ignorati sotto la voce gestione familiare.

Sentenze e casi reali di violenza economica

Negli ultimi anni la giurisprudenza ha iniziato a riconoscere con maggiore chiarezza le dinamiche economiche come forma di abuso nelle relazioni familiari. In alcune pronunce della Corte di Cassazione, la privazione dell’autonomia finanziaria, la gestione esclusiva del denaro e il controllo totale delle spese sono stati considerati elementi idonei ad essere configurati come maltrattamenti in famiglia. Questo anche in assenza di violenza fisica.

Un passaggio importante è rappresentato dalla sentenza n. 1268/2025 della Corte di Cassazione, Sezione VI penale del 13 gennaio 2025, che ha riconosciuto come l’impedimento all’autonomia economica attraverso il controllo delle risorse e dell’accesso al denaro possa andare ad integrare il reato di maltrattamenti in famiglia ai sensi dell’art. 572 c.p., qualora tale condotta provochi una condizione di subordinazione e sofferenza continuativa.

Un altro orientamento significativo riguarda il mancato versamento delle spese straordinarie per i figli. Con la sentenza numero 519 del 4 aprile 2025, la Cassazione ha stabilito che questa omissione può configurare violazione degli obblighi di assistenza familiare ai sensi dell’art. 570-bis c.p., poiché priva i minori e l’altro genitore dei mezzi necessari al loro sostentamento. Tale condotta, in più commenti dottrinari e approfondimenti legali, viene letta come possibile espressione di violenza economica, soprattutto quando diventa uno strumento di pressione o controllo.

Casi come questi rappresentano un cambiamento culturale e giuridico: non è più necessario che la violenza economica si accompagni a percosse o minacce per essere riconosciuta come abuso. Il silenzio del controllo finanziario può essere denunciato e per le vittime è sempre più possibile chiedere giustizia e ottenere tutela anche in assenza di violenza fisica. La strada verso una legge autonoma è ancora aperta, ma la giurisprudenza sta già tracciando un solco chiaro.

Cosa fare in caso di violenza economica? Ecco come difendersi

La violenza economica può presentarsi in molti modi. A volte è evidente, altre si nasconde nella quotidianità senza rumore: controllo del denaro, accesso limitato al conto corrente, divieto di lavorare, richieste di giustificare ogni acquisto, trattenere documenti o carte. Riconoscere questi comportamenti come violenza è il primo passo per proteggersi e recuperare spazio decisionale nella propria vita.

Quando ci si accorge di essere intrappolati in questa dinamica, può essere utile conservare estratti conto, messaggi, e-mail, screenshot, ricevute o fotografie di beni sottratti. Sono elementi che, nel momento in cui si chiedono tutele, possono fare la differenza.

Chiedere aiuto è un gesto di forza. I centri antiviolenza presenti in Italia offrono ascolto e percorsi mirati per tornare a sentirsi liberi. Il 1522, numero nazionale gratuito e anonimo, è attivo 24 ore su 24 per fornire supporto, orientamento e un primo contatto umano. Avvocati, sportelli legali e servizi sociali possono diventare una guida nelle decisioni più delicate.

Recuperare autonomia economica è un cammino fatto di piccoli passi: aprire un conto personale quando possibile, informarsi su bonus e contributi dedicati a chi subisce violenza, cercare opportunità lavorative anche temporanee o da remoto. Ogni passo conta! La violenza economica non lascia lividi visibili, ma può togliere voce e libertà. Riconoscerla, parlarne e chiedere aiuto significa iniziare a costruire un futuro diverso. La libertà economica è libertà personale e merita di essere difesa.

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