Quali sono i contratti di locazione e che regole comportano per proprietari e conduttori? Ecco a cosa stare attenti quando si cerca casa.
Nel momento in cui si cerca casa in affitto, oppure si sceglie di cedere il proprio immobile a degli inquilini, è importante avere una conoscenza di base delle diverse tipologie di contratti di locazione e opzioni disponibili, così come dei diritti e dei doveri legati a questi previsti sia per i futuri inquilini (detti anche conduttori), sia per il proprietario dell’immobile (ossia il locatore).
Esistono infatti diverse tipologie di contratti di locazione, che si possono distinguere per diversi fattori, tra cui la durata, la tipologia di canone previsto, l’uso destinato dell’immobile, o gli inquilini a cui è rivolta l’offerta.
Tipologie di contratti di affitto
La prima macro distinzione che si può fare tra le tipologie di contratti di locazione disponibili è quella che differenzia tra gli immobili messi in affitto a uso abitativo, e quelli a uso diverso.
- Gli immobili a uso abitativo vengono messi a disposizione dell’inquilino per goderne a fini abitativi, quindi non commerciali per esempio. Non tutti gli immobili possono venire utilizzati a scopi abitati, perché è necessario il rispetto di regole adeguate, così come non tutti gli spazi servibili per altri scopi;
- gli immobili messi in affitto a uso diverso invece non sono destinati a uso abitativo, ma possono avere funzioni diverse, permettendo l’apertura di un’attività commerciale come un negozio, oppure un ufficio.
In questo articolo ci si concentrerà in particolare sulle locazioni a uso abitativo, che sono disciplinate in primo luogo, dal Codice civile e, nello specifico, dalla Legge n. 431/1998 (“Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”).
I contratti di locazione più comuni, in questo caso, sono i seguenti:
- a canone libero;
- a canone concordato;
- transitoria;
- transitoria per studenti universitari.
La locazione a canone libero
Il contratto di locazione a canone libero è previsto dall’art. 2, comma 1, L. n. 431/1998, permette alle parti (locatore e conduttore) di stabilire il canone di comune accordo, senza particolari obblighi. È inoltre previsto che il contratto stesso abbia una durata minima di 4 anni, che alla loro scadenza verranno rinnovati automaticamente per altri 4.
Per quel che riguarda la possibilità di rescindere il contratto, il conduttore può scegliere di farlo in qualsiasi momento, ma è tenuto a informare il locatore con 6 mesi di anticipo. Il locatore, al contrario, non ha questa possibilità. Non solo, non può impedire il rinnovo automatico, ma, allo scadere degli 8 anni previsti, può comunicare la disdetta del contratto sempre con 6 mesi di anticipo.
Allo stesso modo può agire anche il conduttore. Questa scelta può essere fatta sia se una delle parti non vuole rinnovare, ma anche nel caso in cui si volessero modificare i termini del contratto, in particolare il canone. Nel caso in cui nessuna delle parti agisse, allo scadere dei primi 8 anni il contratto sarà rinnovato per altri 4 anni.
Quando il locatore può evitare il rinnovo automatico?
Di norma non è previsto che durante il contratto a canone libero il locatore possa disdire prima degli 8 anni. Tuttavia possono verificarsi degli eventi che permettono al proprietario dell’immobile di negare il rinnovo già allo scadere dei primi 4 anni.
Ciò può avvenire in diverse ipotesi; ad esempio, quando (art. 3, comma 1):
- il locatore intenda destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
- il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nello stesso comune;
- l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento dei lavori;
- il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
- il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili a uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione (in tal caso, al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione).
Nel momento in cui si verifica uno di questi eventi il locatore può negare il rinnovo del contratto già alla scadenza dei primi 4 anni, sempre inviando comunicazione al conduttore con anticipo di 6 mesi per mezzo di una raccomandata con ricevuta di ritorno.
Queste stesse regole si applicano, inoltre, anche in caso di contratto di locazione a canone concordato.
La locazione a canone concordato
In alternativa al contratto a canone libero, le parti possono decidere di stipulare un contratto di locazione a canone concordato (o “agevolato”), come previsto dall’art. 2, comma 3, L. n. 431/1998.
A differenza del contratto a canone libero, le parti non possono decidere in autonomia l’ammontare del canone di locazione, ma sono vincolate da appositi accordi conclusi dalle associazioni territoriali di categoria rappresentative di proprietari e inquilini.
Per quel che riguarda la durata, questa tipologia di contratti non può durare meno di 3 anni, e sono rinnovabili per altri 2 anni alle stesse condizioni, sempre che nessuna delle parti chiede di stipulare un nuovo contratto (3+2).
Fatta salva la possibilità per l’inquilino di recedere in ogni momento, sempre con un preavviso di almeno 6 mesi, quando sussistono gravi motivi, anche in questo caso, per il locatore che voglia impedire il rinnovo del contratto alla prima scadenza, questa opzione è disponibile solo nei casi visti in precedenza, ovvero ovvero per specifiche esigenze personali comunicate con raccomandata al conduttore almeno 6 mesi prima.
La locazione transitoria
La locazione transitoria è una tipologia di contratto previsto dall’art. 5, comma 1, L. n. 431/1998, che va integrato con la disciplina prevista dal decreto Ministeriale del 16 gennaio 2017.
Questo tipo di contratti può venire stipulato solo in casi specifici, ovvero quando devono essere soddisfatte particolari esigenze di natura transitoria del proprietario o del conduttore.
In particolare, la scelta di questo tipo di contratto può dipendere dal fatto che il conduttore, ad esempio, abbia necessità di abitare l’immobile per un periodo di tempo soltanto limitato: la norma fa appunto riferimento, in via generale, alle esigenze derivanti da mobilità lavorativa e connesse allo studio, all’apprendistato e formazione professionale, all’aggiornamento ed alla ricerca di soluzioni occupazionali (art. 2, D.M. del 16.01.2017).
Le diverse ipotesi del caso che danno diritto a stipulare questi contratti sono di volta in volta individuate tramite accordi locali tra le organizzazioni di categoria di proprietari e inquilini. Perché sia valido, inoltre, il contratto deve contenere la specifica indicazione dell’esigenza di transitorietà del locatore o del conduttore tra quelle individuate dagli accordi territoriali, e se il contratto ha durata superiore a 30 giorni, tale esigenza deve essere anche dimostrata allegando la relativa documentazione.
La durata del contratto di locazione transitorio non può comunque superare i 18 mesi e non si applica il rinnovo automatico alla scadenza prevista dal contratto, la locazione quindi termina definitivamente senza necessità di disdetta nel momento in cui si raggiunge la data stabilita.
Per quel che riguarda il canone, l’importo per i contratti di natura transitoria può essere liberamente definito dalle parti, fatta eccezione per la locazione di immobili situati in comuni con più di 10.000 abitanti; in tal caso, i canoni devono essere contenuti entro le soglie minime e massime stabilite da specifici accordi territoriali. In caso di inesistenza di accordi a livello locale, i valori di riferimento sono definiti da un apposito decreto Ministeriale.
In ogni caso, quando il contratto ha durata pari o inferiore a 30 giorni, i canoni di locazione sono rimessi alla libera contrattazione delle parti. Per la stipula di questo tipo di contratto occorre necessariamente avvalersi del modello allegato al D.M. del 16 gennaio 2017 (“Allegato B”).
Infine, se non vengono rispettate le regole appena viste (in particolare, se le parti non indicano la ragione di transitorietà o se questa è soltanto simulata, oppure se non rispettano le regole per la determinazione del canone o sulla durata massima della locazione), verrà applicata la durata prevista per il contratto a canone libero (4+4).
La locazione per studenti universitari
Per concluse, esiste una particolare tipologia di contratto transitorio appositamente introdotta dal Legislatore per far fronte alle esigenze degli studenti universitari “fuori sede”, ovvero che si trovano a studiare in una città o regione differente da quella in cui hanno residenza. Si tratta del contratto di locazione transitoria per studenti universitari, disciplinato dall’art. 5, L. n. 431/1998 e dal D.M. del 16.01.2017.
Questa tipologia di contratto può essere stipulato solo:
- nei comuni sede di università, corsi universitari distaccati e di specializzazione e, comunque, di istituti di istruzione superiore, nonché nei comuni limitrofi;
- e solo se il conduttore risulta iscritto a un corso di laurea o di formazione post-laurea;
- è anche necessario che il comune in cui ha sede l’immobile da locare sia diverso da quello di residenza (quindi, se trattasi di studente fuori sede).
La durata di questi contratti è variabile e può andare da un minimo di 6 mesi a un massimo di 3 anni, con possibilità di rinnovo alla prima scadenza, salvo disdetta del conduttore da comunicarsi con un preavviso di almeno un mese e non superiore a 3 mesi.
I canoni di locazione applicabili sono definiti da appositi accordi locali in base alle caratteristiche dell’edificio di cui fa parte l’immobile e alla zona in cui è ubicato. Anche questi contratti devono essere predisposti utilizzando il modello-tipo allegato al Decreto Ministeriale (“Allegato C”).
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