Congedo matrimoniale Inps, quanti giorni spettano e come sono pagati

Simone Micocci

20 Marzo 2024 - 16:55

Congedo matrimoniale Inps, le regole per dipendenti e datori di lavoro. Durata, retribuzione e preavviso, ecco tutto quello che serve sapere.

Congedo matrimoniale Inps, quanti giorni spettano e come sono pagati

Il lavoratore dipendente che si sposa, come pure nel caso in cui sia parte di unione civile, ha diritto al cosiddetto congedo matrimoniale. Si tratta di un periodo di astensione dal lavoro solitamente retribuito al 100%, di cui una parte a carico dell’Inps e per l’altra del datore di lavoro.

È un diritto per il dipendente, per questo l’azienda non può in alcun modo opporsi alla fruizione del congedo matrimoniale a patto che il lavoratore ne dia comunicazione con congruo preavviso.

Sono perlopiù due le domande che i lavoratori sono soliti porsi riguardo a questo strumento: quanti giorni spettano e qual è il periodo entro cui se ne può godere. Tuttavia, solo la prima ha una risposta immediata - con durata di 15 giorni di calendario - mentre per i termini entro cui bisogna ricorrere al congedo la questione è più complessa tanto aver richiesto più volte l’intervento della giurisprudenza.

A tal proposito, ecco una guida sul periodo di congedo matrimoniale spettante in costanza di rapporto di lavoro con tutte le informazioni utili per chi sta per sposarsi e vuole godere di qualche giorno di vacanza extra senza dover necessariamente attingere dal monte ferie.

Requisiti

Introdotto in Italia nel 1937 esclusivamente a favore degli impiegati, il congedo matrimoniale nel 1941 è stato esteso anche alla classe operaia. Attualmente tutti i contratti collettivi di lavoro prevedono per il lavoratore un periodo retribuito con astensione dal lavoro in occasione del proprio matrimonio.

L’Inps riconosce la possibilità di fruire di tale congedo anche ai disoccupati, a patto che questi possano dimostrare che nei 90 giorni precedenti al matrimonio, o unione civile, hanno lavorato per almeno 15 giorni alle dipendenze di aziende industriali, artigiane o cooperative.

Non beneficiano del congedo matrimoniale i lavoratori assunti da meno di una settimana e quelli ancora in prova. Non ci sono neppure differenze tra i lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato.

Bisogna sottolineare che il congedo matrimoniale spetta nel caso di matrimonio con validità civile, quindi non c’è l’obbligo di sposarsi in Chiesa. Ciò significa si può richiedere il congedo matrimoniale anche nel caso di seconde nozze.

Durata del congedo matrimoniale

Il congedo matrimoniale ha una durata di 15 giorni di calendario (a tal fine si deve contare anche il week end ed eventuali altri giorni non lavorativi) che devono essere fruiti consecutivamente in quanto non è possibile suddividerli.

I contratti nazionali del lavoro, in base alle diverse qualifiche e al settore produttivo di appartenenza, possono prevedere una durata diversa per il congedo matrimoniale.

Entro quanti giorni va richiesto il congedo matrimoniale

I giorni di congedo matrimoniale devono essere richiesti in occasione del matrimonio e bisogna goderne immediatamente rispetto alla data delle nozze o quanto meno in un tempo ravvicinato.

Questo significa che se ci si sposa di sabato, il congedo matrimoniale dovrà essere richiesto a partire dal lunedì successivo.

La richiesta del permesso matrimoniale deve essere avanzata al datore di lavoro, indicando i giorni di congedo con congruo preavviso (solitamente almeno 6 giorni prima dal suo inizio).

Al rientro sul posto di lavoro, inoltre, il lavoratore è tenuto, entro il termine di 60 giorni, a fornire la copia del certificato di matrimonio. In linea generale, non si può fruire del congedo matrimoniale nel periodo delle ferie o in quello di preavviso di licenziamento.

Qualora per motivi connessi all’organizzazione e produzione dell’azienda non si possa fruirne in occasione del matrimonio, il periodo di congedo sarà concesso o completato entro i 30 giorni successivi alla celebrazione del matrimonio.

È obbligatorio usufruirne entro i 30 giorni dal matrimonio?

Come abbiamo appena visto il congedo matrimoniale va usufruito entro il 30° giorno successivo alla data del matrimonio. Può capitare però che una coppia di sposi, per diversi motivi, voglia utilizzarlo dopo diversi mesi, ad esempio se il viaggio di nozze è in programma oltre il 30° giorno.

Cosa succede in questo caso? È opinione condivisa che il congedo di matrimonio non possa essere rinviato, tuttavia la Corte di Cassazione ha dichiarato il contrario. Con la sentenza del 6 giugno 2012 - la numero 9150 - ha infatti dichiarato che rinviare il congedo matrimoniale è possibile poiché anche se trova la sua giustificazione nel matrimonio non è necessario che il computo della decorrenza scatti dal 1° giorno delle nozze.

L’unica cosa fondamentale è quella per cui il congedo sia legato al matrimonio e non sia scisso da esso. Per evitare di perdere questo beneficio, però, vi consigliamo di parlarne sempre con il vostro datore di lavoro, perché ci sono alcuni Ccnl dove è stabilito chiaramente che il congedo matrimoniale va usufruito nel mese successivo alle nozze.

Vedrete però che esponendo le vostre necessità al datore di lavoro riuscirete a trovare un accordo così da sfruttare i giorni di permesso quando meglio credete.

Quanto spetta

Solitamente, durante l’assenza per il congedo matrimoniale il lavoratore ha diritto a una retribuzione simile a quella che avrebbe percepito laddove avesse regolarmente lavorato.

Dell’indennità per il congedo matrimoniale se ne fanno carico l’Inps - con il relativo assegno per congedo matrimoniale della durata di 7 giorni - e il datore di lavoro, ma è quest’ultimo che ha l’obbligo di anticipare il tutto in busta paga.

Il lavoratore può rinunciarci?

Non c’è una norma che obbliga il lavoratore a usufruire dei giorni del congedo matrimoniale. Questo, quindi, può rinunciarci, oppure usufruirne solo in parte.

Su questo punto ci sono state diverse pronunce della giurisprudenza che obbligano il datore di lavoro a retribuire i giorni del congedo matrimoniale, anche nel caso in cui sia stato il dipendente a decidere di riprendere anticipatamente l’attività lavorativa.

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