Israele fa affari d’oro con Europa, Stati Uniti e Asia. Ecco la mappa dei partner economici nel 2025, tra investimenti e scambi che non si fermano nemmeno con la guerra a Gaza.
La guerra a Gaza ha riportato Israele al centro delle cronache mondiali. Ma dietro alle immagini di di devastazione che scorrono ogni giorno nei notiziari si nasconde un’altra realtà: una rete di relazioni economiche così estesa da rendere quasi impossibile isolare Tel Aviv e influenzare davvero l’esito del conflitto.
Perché, al di là delle accuse di violazioni umanitarie e delle pressioni diplomatiche, il flusso di capitali e merci non si è interrotto. Anzi, in alcuni casi si è persino rafforzato. I dati lo confermano: nel 2025 Israele continua a fare affari con i suoi partner principali, dall’Europa agli Stati Uniti, passando per la Cina e gli altri Paesi asiatici.
Ma chi sono davvero i Paesi che sostengono, con scambi miliardari, l’economia israeliana?

1) Unione Europea
Tutti pensano agli Stati Uniti quando si parla di sostegno a Israele. Eppure, i dati raccontano una storia diversa. Il principale partner economico e investitore non è Washington, ma Bruxelles. Nel 2023 i capitali europei diretti in Israele hanno toccato quota 72,1 miliardi di euro, quasi il doppio di quelli provenienti dagli Stati Uniti (39,2 miliardi). Nello stesso periodo, Israele ha riversato in Europa 66 miliardi di euro di investimenti, una cifra sette volte superiore a quella destinata a Washington.
Sul fronte degli scambi di beni, l’UE pesa ancora di più. Oltre un terzo del commercio totale di Israele avviene infatti con i Paesi europei, per un valore di circa 42,6 miliardi di euro. A dominare ci sono macchinari, mezzi di trasporto e prodotti chimici, comparti che restano la spina dorsale degli interscambi. Persino durante il 2024, anno segnato dalla devastazione a Gaza, il volume è aumentato di un miliardo.
A trainare questi numeri ci sono soprattutto Germania e Italia, grandi esportatori di auto, farmaci e macchinari verso Israele, e Paesi Bassi, che giocano un ruolo cruciale come hub finanziario e logistico: Amsterdam, da sola, concentra circa due terzi degli investimenti israeliani nell’UE. Non manca il Belgio (insieme ai Paesi Bassi) come snodo chiave per il commercio dei diamanti, un settore che continua a pesare in modo significativo nei rapporti bilaterali.

Nonostante Bruxelles stia discutendo sanzioni e sospensioni dei rapporti economici con Israele, continua a esserne il più grande partner commerciale. Una contraddizione che apre una domanda scomoda: quanto spazio c’è davvero per la politica dei diritti umani quando in gioco ci sono miliardi di euro?
2) Stati Uniti
Gli Stati Uniti giocano un ruolo fondamentale nella mappa delle relazioni economiche 2025, ma il loro ruolo è più politico e militare. Washington assorbe circa il 28% delle esportazioni israeliane, soprattutto diamanti, componenti elettronici e prodotti chimici. Gli Usa importano anche armamenti e tecnologie difensive israeliane, in un meccanismo alimentato dagli stessi aiuti militari americani a Tel Aviv.
In termini di investimenti diretti, però, gli Stati Uniti restano indietro rispetto all’Europa. La forza del legame sta soprattutto nel valore strategico della partnership. Israele è per Washington il principale alleato in Medio Oriente. E questo pesa più dei miliardi di scambi.
3) Cina, Asia e Medio Oriente
Il terzo asse della rete economica di Israele è l’Asia. La Cina è oggi il principale fornitore di merci, con esportazioni verso Tel Aviv che superano i 19 miliardi di dollari e importazioni israeliane intorno ai 5 miliardi (considerando anche Hong Kong). A fare da traino sono soprattutto elettronica, apparecchiature ottiche e prodotti chimici.
Accanto a Pechino si muovono altri partner asiatici di peso, come la Corea del Sud, con scambi in settori chiave come elettronica, automotive e chimica, India, Giappone e Singapore, soprattutto sul fronte tecnologico. In Medio Oriente, l’Egitto ha appena siglato un accordo da 35 miliardi per la fornitura di gas israeliano.
Questa spinta asiatica non sostituisce Stati Uniti ed Europa, ma crea un equilibrio nuovo: Israele si muove come hub tecnologico e militare che dialoga con entrambi i blocchi. La domanda è se, con la crescente tensione tra Occidente e Cina, Tel Aviv riuscirà a mantenere aperti entrambi i canali senza pagare un prezzo geopolitico.
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