Una semplice canzone per bambini diventa una tendenza virale. È la storia di Baby Shark, fenomeno globale che ha trasformato una piccola società sudcoreana in un colosso dell’intrattenimento.
Quando nel 2016 Kim Min-seok ha deciso di pubblicare un semplice video di 90 secondi con una canzone per bambini, non poteva immaginare che avrebbe lanciato un fenomeno globale.
Quella canzoncina, chiamata “Baby Shark”, sarà destinata a totalizzare oltre 16 miliardi di visualizzazioni e, attualmente, è ancora il video più visto nella storia di YouTube. Una melodia tanto orecchiabile quanto temuta dagli adulti, capace però di trasformare Pinkfong - l’azienda dietro al progetto - in un colosso multimediale da centinaia di milioni di dollari.
Pinkfong nasce nel 2010 con il nome SmartStudy, una piccolissima società sudcoreana che produceva contenuti digitali per bambini fino ai 12 anni. I dipendenti erano appena 3, compreso Kim Min-seok, e l’ufficio era così ridotto che all’inizio non si aspettavano neppure di percepire uno stipendio.
Nel corso degli anni, l’azienda ha attraversato diverse trasformazioni, fino a concentrare gli sforzi su contenuti semplici e ripetitivi, pensati per i bambini più piccoli. È in questo contesto che nasce la celebre Baby Shark Dance, un contenuto destinato a diventare il trampolino di lancio per la crescita globale della società. Ma qual è stata la ricetta del suo successo?
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Perché Baby Shark è diventato virale
Le origini del brano risalgono agli Stati Uniti degli anni ’70, quando veniva intonato dai bambini nei campi estivi. Pinkfong ne ha poi ricreata una versione modernizzata, con un ritmo più veloce e una coreografia pensata per essere replicata facilmente dai bambini. Secondo gli analisti, il segreto del successo è proprio nella sua struttura, caratterizzata da una melodia serrata, ripetitiva e ipnotica, paragonabile a quella dei brani K-pop, il popolarissimo genere musicale sudcoreano.
Il successo, però, non è stato immediato. Il punto di svolta è arrivato quando la coreografia di Baby Shark ha iniziato a essere utilizzata in eventi per bambini nel Sudest asiatico. Da lì, i social si sono riempiti di video amatoriali di grandi e piccini che ballavano il tormentone, trasformando il contenuto in un fenomeno globale.
Quando Baby Shark è esplosa sul web, in azienda si respirava un’atmosfera euforica. Le visualizzazioni crescevano a ritmi vertiginosi e, con esse, i ricavi. Il video è arrivato a generare da solo circa metà del fatturato dell’azienda negli anni successivi al lancio, aprendo la strada a un universo di nuovi contenuti, gadget, giocattoli, libri e spettacoli che vedevano protagonista il “cucciolo di squalo” e la sua melodia accattivante. Dall’uscita di Baby Shark, Pinkfong ha continuato a espandersi rapidamente, aprendo uffici a Tokyo, Shanghai e Los Angeles che contano circa 340 dipendenti.
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La quotazione in Borsa e la sfida del “post Baby Shark”
Con il 2025, poi, è arrivato un nuovo traguardo: Pinkfong ha debuttato alla Borsa sudcoreana, chiudendo la sua prima giornata con un rialzo di oltre il 9% e una valutazione superiore ai 400 milioni di dollari.
Ma la grande domanda rimane: Pinkfong può vivere oltre Baby Shark? Oggi la hit virale rappresenta ancora circa un quarto dei ricavi, ma la società sta investendo per bilanciare il suo portafoglio di contenuti. La nuova serie “Bebefinn”, ad esempio, ha già superato Baby Shark in termini di guadagni, contribuendo a circa il 40% del fatturato.
Dopo aver conquistato il mercato globale con un contenuto nato quasi per caso, Pinkfong punta ora a costruire un modello più solido e tecnologico tramite l’analisi di dati, algoritmi e pattern di visualizzazione, con l’obiettivo di sviluppare nuovi film, serie e personaggi capaci di replicare - se non superare - il successo ottenuto dal suo primo tormentone.
Che Pinkfong abbia realizzato ciò che molti creatori sognano è evidente. Il vero test, però, sarà dimostrare agli investitori che Baby Shark non è stato un colpo di fortuna irripetibile, ma l’inizio di una strategia industriale capace di generare valore a lungo termine.
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