Come passare da una società di capitali a una società di persone? Vediamo cos’è la trasformazione di società e cosa comporta per i soci.
Passare da una società di capitali a una società di persone significa dar vita a una trasformazione. Con tale operazione, la società, pur restando lo stesso soggetto di diritto e continuando tutti i suoi rapporti, attivi e passivi, muta la propria veste giuridica.
La funzione della trasformazione è quella di consentire il passaggio a una struttura societaria più compatibile alle mutate esigenze dei soci per lo svolgimento dell’attività di impresa. Se non fosse prevista, si dovrebbe prima sciogliere la società e poi costituirne una nuova, con dilatazione di tempo e costi.
In tema di società di capitali, inoltre, la finalità può essere anche quella di evitare che la società si sciolga, come nel caso di riduzione del capitale al di sotto della cifra minima prevista dalla legge a causa di perdite (cfr. art. 2447 c.c.).
Come passare da una società di capitali a una società di persone
Trasformazione di società: continuità dei rapporti giuridici
Sebbene si possa pensare che con la trasformazione nasca un nuovo ente, il principio che regge tale operazione è dettato dall’art. 2498 c.c.: con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione.
Non c’è quindi un fenomeno estintivo: ciò che avviene è che la stessa società modifica il proprio statuto, il quale adesso conterrà regole di funzionamento riferite a un diverso tipo societario (o altro ente, essendo consentita la trasformazione eterogenea, come ad esempio in un’associazione, con mutamento di causa più che del tipo).
Da tali considerazioni deriva che:
- L’atto notarile potrà non contenere le menzioni che la legge prevede come obbligatorie allorquando si trasferisce un diritto su di un bene (come nella compravendita, in cui si inseriscono le menzioni urbanistiche e catastali);
- Non sarà necessario trascrivere l’atto nei registri immobiliari, sebbene nella prassi ciò avvenga ai fini di pubblicità-notizia (ossia per informare e aggiornare, non per opporre erga omnes il trasferimento di un diritto, che non è avvenuto).
Il passaggio da una società di capitali a una società di persone
Chiarito il fenomeno della trasformazione, occupiamoci più da vicino dell’operazione con la quale si passa da una società di capitali, come una società per azioni (art. 2325 ss.), a una società di persone (art. 2250 ss.).
Come è noto, tra i due tipi di società vige un diverso regime soprattutto per quanto concerne la responsabilità per i debiti: le società di capitali hanno la personalità giuridica, fonte dell’autonomia patrimoniale perfetta, sicché il patrimonio sociale è separato da quello personale dei soci.
Diversamente è a dirsi per le società di persone laddove a una diversa modalità di gestione, fondata sulle qualità imprenditoriali dei soci, fa da contraltare l’assenza di una netta separazione dei patrimoni, giacché i creditori, escusso il patrimonio della società, potranno “aggredire” anche quello personale dei singoli (autonomia patrimoniale imperfetta).
Ebbene, in base all’art. 2500 c.c., per decidere di effettuare l’operazione sarà necessaria:
- una deliberazione dell’assemblea in sede straordinaria, adottata con le maggioranze previste per la modifica dello statuto (salvo che lo statuto non preveda diversamente);
- la predisposizione di una relazione degli amministratori che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione.
Per quanto riguarda i soci, inoltre:
- Ciascun socio ha diritto all’assegnazione di una partecipazione sociale (ad esempio: le quote di una S.n.c.) che sia proporzionale al valore della sua quota (se la società che si trasforma è una S.r.l.) o delle sue azioni (se la società che si trasforma è una S.p.a.);
- I soci che con la trasformazione assumono la responsabilità illimitata rispondono anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente all’operazione di trasformazione. A tal riguardo, è comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata: tutti, qualora la società di “arrivo” sia un S.n.c.; solo di coloro che saranno accomandatari, se si tratterà invece di S.a.s.
Può poi discutersi se a tale consenso debba attribuirsi natura di negozio giuridico (come appare preferibile) o debba farsi coincidere con la delibera assembleare, il che però varrebbe dire che per trasformarsi in una S.n.c. la delibera potrebbe essere assunta solo all’unanimità, ma allora non vi sarebbe più spazio per il principio maggioritario, né per il diritto di recesso.
La tutela del socio dissenziente: il diritto di recesso
Nelle società di capitali vige il principio maggioritario, anche per l’operazione in questione. Ne consegue che si potrebbe adottare la decisione anche qualora uno o più soci non siano d’accordo.
A tutela della minoranza dissenziente (chi magari non intende diventare socio di una società di persone, con aggravio di responsabilità), è previsto il diritto di recesso. Infatti, gli artt. 2437, 1° comma lett. B (per la S.p.a.) e 2473, 1° comma (per le S.r.l.) prevedono che i soci che non hanno concorso alla deliberazione di trasformazione hanno diritto di recedere.
Invero, la legge non specifica quale tipo di trasformazione attribuisca tale diritto di recesso, ma si ritiene che esso vi sia anche qualora la società di arrivo sia una società di persone, come nel caso di nostro interesse.
Trasformazione di società: contenuto dell’atto
Dal punto di vista del contenuto e della forma dell’atto, si tratta di un verbale dell’assemblea straordinaria redatto dal notaio (ai sensi dell’art. 2375, 2° comma c.c.).
Nel verbale andranno inserite le indicazioni previste per l’atto costitutivo della società di persone che risulterà dalla trasformazione: se si tratta ad esempio di una società in nome collettivo, oltre alla delibera di trasformazione, dovranno riportarsi le indicazioni di cui all’art. 2295 del codice civile.
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