Come pagare meno tasse sugli affitti

Patrizia Del Pidio

29 Gennaio 2024 - 16:43

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Pagare meno tasse sull’immobile in affitto è possibile in diversi casi, vediamo quali sono e quanto è possibile risparmiare.

Come pagare meno tasse sugli affitti

Una domanda lecita per chi possiede immobili successivi al primo, è come fare a pagare meno tasse sui canoni di locazione. Esistono, infatti molti metodi, del tutto legali, che permettono in alcuni casi di abbassare le imposte e in altri addirittura di eliminarle.

La domanda in questione non nasce dalla voglia di evadere le tasse, e questo va specificato fin da subito, ma dalla pressione fiscale che grava proprio sui proprietari di immobili diversi dalla prima abitazione. Le tasse che pesano sulle seconde case, infatti, sono molteplici. L’Imu, l’Irpef che grava, in alcuni casi, sugli immobili non locati, la tassazione dei canoni di locazione, solo per citare quelle che annualmente i proprietari di case sono chiamati a pagare.

Ci sono poi le eventuali imposte di donazione, successione, le tasse sulle plus valenze in caso di vendita e l’imposta di registro sugli acquisti. Il settore immobiliare, che un tempo era considerato quello del bene rifugio in cui investire i propri risparmi, è uno di quelli maggiormente tassati. Basti pensare che da quest’anno, poi, è aumentata anche l’aliquota di tassazione per la cedolare secca sugli immobili locati per affitti brevi (che è passata dal 21% al 26%).

Pagare meno tasse sui canoni d’affitto

Il canone di affitto che si percepisce concorre alla formazione di reddito imponibile ai fini Irpef e se non si esercita l’opzione della cedolare secca, su queste somme percepite si deve versare l’aliquota Irpef ordinaria che, ricordiamo, ammonta al 43% per redditi eccedenti i 50.000 euro annui.

Proprio per questo motivo appare essenziale cercare quelli che sono i modi leciti per non pagare le tasse sui canoni di affitto che si incassano. Attenzione, non pagare le tasse pur dichiarando correttamente queste somme in dichiarazione dei redditi e senza macchiarsi di evasione fiscale. Non stiamo, quindi, parlando di affitti in nero né di adottare metodi illeciti.

Per ogni situazione fiscale, infatti, potrebbe esserci un metodo che permette o il pagamento di meno tasse o di non pagarle per nulla. Il tutto dipende dalla tipologia di contratto stipulato per la locazione (il termine giusto è proprio locazione visto che il termine “affitto” deve essere utilizzato per le attività aziendali e produttive, ma nel linguaggio comune i due termini si equivalgono).

Quando affittare la casa gratis conviene

Ovviamente se si affitta la casa gratis, senza percepire canoni di locazioni, le tasse non sono dovute.
Questa è la situazione più drastica, ma ricorrendo al contratto di comodato d’uso gratuito l’inquilino può utilizzare l’immobile senza che sia dovuto nessun canone di locazione. Le spese di manutenzione ordinaria, la Tari e le bollette, ovviamente, sono a carico di chi utilizza l’immobile.

Quando conviene questa scelta? Quando si ha difficoltà ad affittare e si devono sostenere, ad esempio, le spese del condominio e delle utenze dell’appartamento. In questo modo, è pur vero che non si guadagna nulla cedendo l’immobile, ma non si è’ costretti a sostenere le spese per la manutenzione dell’immobile. Soprattutto va preso in considerazione il fatto che non percependo canoni di locazione neanche le tasse sulle somme sono dovute. Si tratta di una scelta che si fa quando a occupare l’immobile, solitamente, sono familiari ed è bene sottolineare che quanto riportato dal contratto deve riflettere la realtà (non si può fare un contratto di comodato d’uso e farsi pagare i canoni di locazione sottobanco).

Da considerare che se il contratto di comodato d’uso è stipulato con parenti entro il primo grado vi è anche una riduzione dell’Imu al 50% a patto che:

  • il proprietario viva nello stesso Comune in cui è ubicato l’immobile;
  • lo stesso deve essere adibito ad abitazione principale dal parente a cui viene dato in comodato;
  • che l’immobile non sia di lusso.

La cedolare secca per risparmiare

Anche se non promette di eliminare del tutto le tasse, la cedolare secca permette un interessante risparmio. Il regime fiscale facoltativo prevede un’aliquote sostitutiva all’Irpef che permette di versare sulle somme percepite a titolo di canone di locazione annuo una percentuale fissa del 21% che scende, però, al 10% per i contratti a canone concordato.

Il risparmio fiscale è considerevole se si pensa che l’aliquota più bassa dell’Irpef è al 23% è tanto più il reddito del proprietario è elevato tanto più si risparmia. La cedolare secca, inoltre, permette di eliminare del tutto le imposte di bollo e di registro permettendo un risparmio immediato già in fase di stipula del contratto.

Contratto a canone concordato, doppio risparmio

Se si sceglie il contratto di affitto a canone concordato si ha, poi, una doppia convenienza: oltre a pagare un’aliquota più bassa sulla cedolare secca (il 10% invece del 21%) si ha una riduzione anche sull’Imu di almeno il 25%, anche se per alcuni Comuni la riduzione prevista è maggiore.

Dove può essere stipulato il contratto a canone concordato? Nei Comuni ad alta densità abitativa, ovvero quasi tutte le città principali italiane. Con questa tipologia di contratto non solo il canone è più basso, ma anche la durata del contratto è più breve (si tratta di contratti 3+2 anziché di contratti 4+4).

Affitti non riscossi, le tasse non si pagano

Molto spesso chi è proprietario di immobili dati in affitto si trova nella spiacevole situazione di dover pagare le tasse sui canoni annuali di locazione previsti dal contratto anche qualora l’inquilino non ha corrisposto l’affitto per tutte le mensilità. In pratica si devono pagare le tasse anche per somme che non si sono mai ricevute. Questo perché il canone di locazione, così come previsto dall’articolo 26 del Tuir, è sottoposto a tassazione Irpef indipendentemente dalla percezione.

Il Decreto Crescita del 2019, però, ha previsto una importante eccezione che permette di non pagare le tasse sugli affitti non riscossi. Questo è possibile quando il proprietario notifica lo sfratto all’inquilino moroso o, in alternativa gli notifica l’ingiunzione di pagamento. L’eccezione, in ogni caso, riguarda solo i contratti a uso abitativo.

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# Tasse

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