Come è stato possibile far nascere un bambino con il dna di tre genitori?

Giorgia Bonamoneta

10 Maggio 2023 - 23:05

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È nato un bambino con il dna di tre genitori? Ecco come funziona (davvero) il trattamento di donazione mitocondriale (MDT).

Come è stato possibile far nascere un bambino con il dna di tre genitori?

Nel Regno Unito stanno nascendo bambini con tre DNA. Si tratta di una tecnica che ha lo scopo di evitare al feto la possibilità di ereditare una malattia grave. Viene chiamato trattamento di donazione mitocondriale e implica il dna di tre diverse persone: genitori biologici e mitocondri di una donatrice. Non si può effettivamente parlare di “tre genitori”, quanto più di una tecnica che permette di combinare il dna dei genitori biologici con mitocondri provenienti da una donatrice sana rispetto a possibili malattie incurabili di cui la madre biologica risulta essere portatrice.

La tecnica permette di limitare quanto più possibile la nascita di bambini con disturbi mitocondriali, che secondo gli esperti del Regno Unito sono equivalenti a un1 bambino su 6.000 nati. Dal 2015 nel Regno Unito è quindi possibile per legge tale procedura e solo due anni dopo è stato possibile approvare e trattare una gravidanza con questa tecnica. Nel corso degli anni sono state approvate 30 sostituzioni di mitocondri, ma Human Fertilization and Embryology Authority (Hfea) ha confermato meno di 5 casi a fine aprile 2023.

Il Regno Unito non è il primo paese dove questa tecnica è stata utilizzata per migliorare le condizioni o garantire la sopravvivenza del feto. Come stato possibile far nascere un bambino con il DNA di tre genitori?

Come funziona il trattamento di donazione mitocondriale (MDT)?

La tecnica con la quale è stato possibile far nascere un bambino con il dna di tre genitori si chiama trattamento di donazione mitocondriale  (MDT). In realtà non sono davvero tre dna, anche se è possibile semplificare la procedura in questo modo. Nel dettaglio infatti la tecnica permette l’utilizzo del dna dei genitori biologici, più un’aggiunta da parte di una donatrice sana. Nello specifico oltre il 99% del DNA appartiene ai genitori biologici e solo una piccola parte, circa 37 geni, provengono dal donatore.

La tecnica permette infatti di sostituire parte del materiale mitocondriale per abbassare il rischio di trasmettere malattie genetiche da parte di mitocondri mutati. La casistica riporta 1 bambino su 6.000 nati affetti da disturbi mitocondriali e per questo la tecnica è stata introdotta non solo nel Regno Unito dai medici del Newcastle Fertility Centre, ma anche in diverse altre nazioni.

La procedura è rischiosa? Cosa sappiamo sul trattamento

Il trattamento di donazione mitocondriale prevede diverse fasi. Il primo passaggio è l’utilizzo del materiale genetico del padre per fecondare gli ovociti della madre affetta e di una donatrice sana. Viene quindi rimosso il materiale della donatrice e sostituito con quello della coppia di genitori biologici. In questo modo l’ovulo presenta sia i cromosomi di entrambi genitori che una parte dei mitocondri sani della donatrice. In seguito l’ovulo viene impiantato nell’utero.

La procedura può però essere rischiosa, ma non ci sono molti dati per motivi di sicurezza. Alcune ricerche hanno però portato alla luce il caso nel quale i mitocondri difettosi sono stati trasferiti comunque all’interno dell’ovulo della donatrice.

Quali sono le procedure alternative al trattamento?

Ci sono delle procedure alternative per evitare che i mitocondri mutati possono essere trasmessi al feto. Uno di questi è la fecondazione in vitro con un ovulo donato. Per figli geneticamente imparentati invece si può sottoporre gli embrioni a screening per mutazioni mitocondriali.

Al momento però il trattamento di donazione mitocondriale ha dato risultati incoraggianti, seppur il numero dei casi è ancora troppo piccolo. Complice la pandemia infatti lo studio dei casi e l’ok al trattamento sono stati ridotti. È necessario continuare a sperimentare per limitare i casi di trattamento con esito incerto o rischioso. La procedura è in attesa di nuovi sviluppi clinici e scientifici e le pubblicazioni accademiche in merito stanno attraversando il processo di revisione scientifica tra pari.

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