Tra sovraccapacità, guerra dei prezzi e pressioni politiche, i campioni nazionali come BYD e Geely rischiano un futuro di consolidamenti e fallimenti.
Negli ultimi quindici anni la Cina ha trasformato il proprio settore automobilistico in una macchina potentissima. Dal 2009 il Paese è il più grande mercato per auto al mondo e, più recentemente, è diventato anche il primo esportatore globale di veicoli. Marchi come BYD, Geely, SAIC Motor e Chery hanno conquistato le strade nazionali e internazionali con modelli elettrici all’avanguardia, spingendo indietro storici colossi stranieri. A trainare questa ascesa è stata l’innovazione: le batterie di ultima generazione, i sistemi di guida assistita e le catene produttive automatizzate hanno reso i costruttori cinesi dei veri protagonisti globali.
Ma dietro la facciata scintillante si nasconde un problema sempre più evidente: il rischio di una crisi profonda. Molti osservatori parlano di una vera “neijuan”, un vortice competitivo autodistruttivo. La guerra dei prezzi in corso da oltre due anni ha ridotto drasticamente i margini di profitto: il costo medio di un’auto nuova è sceso del 21% dal 2021, arrivando a circa 24.000 dollari. Per attirare clienti, i costruttori offrono accessori bizzarri come cucine integrate, pacchetti assicurativi gratuiti e finanziamenti agevolati. Ma questa strategia, pur incrementando temporaneamente le vendite, sta logorando l’intero settore.
Le conseguenze si notano anche tra i leader. BYD, il più grande produttore mondiale di veicoli elettrici, ha registrato un calo del 30% degli utili trimestrali e una riduzione della produzione mensile per la prima volta dal 2020. Great Wall Motor ha visto i profitti semestrali ridursi del 10%. Perfino i campioni del settore, dunque, non sono immuni alle pressioni. [...]
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