Caso Ruby, morta testimone chiave: perché è importante

Ludovica Ranaldi

15 Marzo 2019 - 22:54

condividi

È morta la testimone chiave del caso Ruby, ma sembra che ci siano troppe anomalie nella cartella clinica della trentaquattrenne Imane Fadil. Solo ora il pm ha scoperto il decesso e ha avviato un’inchiesta. Perché?

Caso Ruby, morta testimone chiave: perché è importante

Se in principio era passata inosservata, ora la morte di Imane Fadil, testimone chiave nel caso Ruby, è sotto indagine dietro la richiesta del pm Greco.

La ragazza marocchina aveva partecipato a numerose cene dell’ex premier Silvio Berlusconi, ma aveva denunciato tutto alle autorità quando decise di non voler più far parte del giro.

I dettagli svelati sono stati determinanti nel famoso processo. Non era stata ammessa per partecipare come parte civile all’udienza del 14 gennaio 2019. Poco dopo sono apparsi i primi sintomi che l’hanno condotta alla morte.

Imane Fadil: test tossicologico

Sembra che la testimone chiave del Caso Ruby, Imane Fadil, sia morta per un mix di sostanze radioattive. Il test tossicologico era stato effettuato il 26 febbraio in un centro specializzato di Pavia dietro la richiesta dell’equipe di medici dell’Humanitas.

La giovane non rispondeva a nessun tipo di esame generale e continunando a manifestare un forte malessere, si è deciso di andare a fondo.

L’esito del test è arrivato solo il 6 marzo, quando Imade ormai era deceduta, mostrando la presenza di sostanze radioattive nel corpo della ragazza. Non appena il referto è giunto nelle mani dell’Humanitas, quest’ultima ha prontamente inviato la documentazione alla procura di Milano.

Caso Ruby: aperta inchiesta su una testimone

Imane Fadil è una ragazza di 34 anni di origini marocchine nota per essere stata la testimone chiave nel Caso Ruby. Aveva svelato molte indiscrezioni sulle famose cene organizzate da Silvio Berlusconi.

Purtroppo la giovane è deceduta il primo marzo 2019 dopo essersi recata all’ospedale Humanitas di Milano dove è stata ricoverata il 29 gennaio. In quell’occasione aveva lamentato dei forti dolori all’addome. Si era confidata con i familiari dicendo loro di essere stata avvelenata.

L’equipe medica non le aveva dato molto credito, tuttavia è seguito un mese interminabile in cui Imane ha subito dei peggioramenti fino ad arrivare in terapia intensiva e poi allo stadio della rianimazione.

La Procura ha scoperto solo una settimana fa della sua morte grazie alla comunicazione da parte del legale della ragazza. Ora è stata avviata un’inchiesta per far luce sulla situazione.

Secondo quanto affermato da Francesco Greco, il procuratore capo di Milano, ci sono troppe anomalie nella cartella clinica e per questo è stato aperto un fascicolo per omicidio volontario.

Il procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano, ha avallato l’ipotesi affermando che dalle analisi emerge la classica sintomatologia da avvelenamento. Si tengono aperte tutte le strade.

Per il momento le autorità stanno ascoltando tutti i testimoni, dai familiari agli operatori medici dell’Humanitas. Inoltre hanno disposto l’acquisizione dei suoi beni personali.

Imane Fadil: il contesto

Aveva 25 anni quando Imane iniziò ad andare ad Arcore. Partecipò a otto cene organizzate da Silvio Berlusconi, ma all’ultima se ne andò.

Poi venne la scelta di denunciare tutto alle autorità svelando molte indiscrezioni. La più recente risale a un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano in cui affermava l’esistenza di una setta al femminile.

Divenne un’importante testimone nel caso Ruby. La pressione mediatica e le cause civili hanno finito per sfibrare la ragazza in preda ormai a crisi depressive.

Ultimamente era teste per le false testimonianze delle “Olgettine” e all’udienza del 14 gennaio, pochi giorni prima in cui iniziasse il fatidico calvario, non aveva potuto partecipare come parte civile perché le era stata vietata questa possibilità.

Argomenti

Iscriviti a Money.it