Casa occupata da estranei: cosa fare secondo la legge italiana

Marco Montanari

10 Novembre 2021 - 14:27

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Casa occupata da estranei: la denuncia-querela alle Forze dell’ordine potrebbe non risolvere il problema. Cosa fare allora, secondo la legge italiana, per ottenere il rilascio dell’immobile?

Casa occupata da estranei: cosa fare secondo la legge italiana

Può capitare di doverci assentare per qualche tempo e di ritrovare, al nostro rientro, casa occupata da estranei: il fenomeno è purtroppo diffuso e se ne sente parlare sempre più spesso. Infatti, è proprio di questi giorni la notizia di un anziano signore romano ritrovatosi improvvisamente chiuso fuori casa perché occupata da sconosciuti.

Il signor Ennio (è questo il nome del povero malcapitato) afferma di aver fatto rientro presso la sua abitazione dopo una serie di visite mediche, trovando una spiacevole sorpresa: la serratura cambiata e l’impossibilità di accedere in casa.

Fortunatamente, tutto (o quasi) sembra essere finito per il meglio, grazie al sequestro disposto dall’Autorità giudiziaria e al conseguente sgombero dell’immobile.

C’è da dire, però, che quello del signor Ennio è uno dei rari casi in cui un immobile occupato abusivamente è stato liberato nel giro di qualche settimana: non è sempre facile ottenere, in tempi ragionevoli, la liberazione dell’immobile occupato, né è così semplice individuare la migliore soluzione al problema.

Vediamo, allora, cosa fare, secondo la legge italiana, nell’ipotesi di casa occupata da estranei.

La denuncia-querela per occupazione abusiva

Il fatto di trovare in casa persone estranee, che ne impediscano l’accesso con il chiaro intento di appropriarsene stabilmente, rientra in una specifica fattispecie di reato.

Più comunemente conosciuto con il termine di “occupazione abusiva”, si tratta in realtà del reato di invasione di terreni o edifici previsto dall’art. 633, c.p., che sanziona penalmente “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”.

Davanti a un caso di occupazione abusiva è dunque possibile recarsi presso il più vicino commissariato di Polizia (o stazione dei Carabinieri) per sporgere una formale denuncia-querela, chiedendo l’avvio di un procedimento penale nei confronti degli occupanti abusivi.

Tuttavia, questa strada non consentirà alle Forze dell’ordine di entrare in casa eseguendo lo sgombero e la liberazione immediata dell’immobile.

Polizia e Carabinieri, infatti, non hanno questo potere, né potrà il giudice penale condannare gli occupanti a restituirvi l’abitazione.

A questo punto, è allora legittimo chiedersi: perché il signor Ennio è riuscito a ottenere, in così breve tempo, la possibilità di rientrare in casa con un provvedimento del giudice penale?

Ebbene, in questo caso, il giudice delle indagini preliminari ha disposto il sequestro e lo sgombero dell’immobile come misura cautelare, nominando custode giudiziario del bene proprio l’anziano signore.

Si tratta di un fatto molto raro, che si verifica solo quando il magistrato incaricato delle indagini ritiene che esistano gli estremi per l’applicazione di una misura cautelare.

Nella normalità dei casi, però, non è così semplice ottenere lo sgombero di casa dagli occupanti abusivi.

Come fare allora?

L’azione davanti al giudice civile

Con la vostra denuncia-querela prenderà avvio il procedimento penale dove potrete, eventualmente, chiedere il risarcimento del danno nella qualità di parti civili.

Come detto, però, non è affatto scontato che il giudice disponga una misura cautelare di sequestro e successivo sgombero dell’abitazione.

La cosa più diretta ed efficace da fare per riottenere il possesso del vostro immobile sarà allora rivolgersi al giudice civile.

Secondo il Codice civile, infatti, anche se non siete proprietari di casa ma, ad esempio, la abitate come inquilini (o in base ad altro titolo), potete rivolgervi al Tribunale del luogo dove è situato l’immobile avviando un’azione di reintegrazione, altresì detta «azione di spoglio» (art. 1168, c.c.).

Il termine per esercitare tale azione è di un anno, che decorre dalla data in cui è avvenuta l’occupazione abusiva oppure dal momento in cui ne siete venuti a conoscenza.

In caso di occupazione abusiva, dunque, dopo aver presentato eventuale denuncia-querela alla Autorità giudiziaria, il consiglio è di rivolgersi immediatamente a un legale incaricandolo di avviare un’azione di reintegrazione.

L’avvocato provvederà a redigere uno specifico ricorso attraverso il quale adirà il Tribunale chiedendo la reintegra nel possesso della vostra abitazione, con condanna degli occupanti all’immediato rilascio.

Se ricorrono i presupposti, il giudice emetterà un’ordinanza di reintegrazione.

Il rilascio dell’abitazione

Seguirà una fase di attuazione del provvedimento, nella quale il giudice adotterà i provvedimenti più opportuni per far liberare l’immobile, ricorrendo, in caso di resistenza degli occupanti, anche all’ausilio della Forza pubblica e al rilascio forzato dell’abitazione.

Va precisato però che gli occupanti abusivi possono proporre reclamo contro l’ordinanza di reintegrazione, contestando la vostra richiesta.

In quest’ultimo caso, infatti, si aprirà un’altra fase del giudizio, volta ad accertare, in modo più approfondito, la legittimità della vostra pretesa; è ciò che accade, ad esempio, se con il reclamo viene contestata la legittimità del vostro possesso sull’immobile.

Cosa fare se è passato più di un anno dall’occupazione?

Abbiamo visto come l’azione di reintegrazione rappresenti uno strumento rapido ed efficace per ottenere il rilascio dell’immobile occupato abusivamente.

Abbiamo anche visto, però, che tale azione può essere avviata soltanto entro l’anno dall’avvenuta occupazione (o dalla sua conoscenza).

Cosa fare, allora, se tale termine è ormai decorso?

Se siete non solo possessori, ma anche proprietari formali di casa, non dovreste avere particolari problemi: sempre in base al Codice civile, sarà per voi possibile esercitare un’altra specifica azione, detta «azione di rivendicazione» (art. 948, c.c.).

Anche l’azione di rivendicazione prevede, come primo passo, quello di incaricare un avvocato che si occupi di redigere un atto (questa volta nelle forme dell’atto di citazione) allo scopo di rivendicare, davanti al Tribunale, il vostro diritto di proprietà sull’abitazione occupata abusivamente.

Si tratta di un procedimento più lungo e complesso perché richiede la piena dimostrazione del vostro diritto.

Inoltre, prima del suo avvio, sarà necessario ricorrere (sempre tramite il legale da voi incaricato) alla procedura di mediazione: considerata, in questo caso, come obbligatoria (art. 5, D. Lgs. n. 28/2010), è uno speciale procedimento volto alla ricerca di un accordo conciliativo tra le parti al fine di evitare il giudizio.

Soltanto in caso di fallimento del tentativo di mediazione, potrete avviare la causa vera e propria.

Esaurite con successo tutte le fasi indicate, otterrete finalmente un provvedimento giudiziario con il quale potrete richiedere la liberazione forzata dell’immobile, attraverso l’intervento, cioè, dell’ufficiale giudiziario e della Forza pubblica.

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