La nuova pubblicità del BTP Valore usa stereotipi femminili e metafore confuse, banalizzando un investimento serio. A danno della credibilità del MEF. E delle donne che investono.
Sì, fa schifo non si dice, le mie figlie me lo ricordano a giorni alterni. Eppure, la pubblicità su strada, che spinge il nuovo BTP Valore in emissione a partire dal 20 ottobre, fa schifo.
Una cartellonistica penosa. Un volto femminile dai lineamenti perfetti e capelli sinuosi si staglia su una bomboletta di lacca spray, con il copy “alza il volume dei tuoi risparmi”. Sì, avete letto bene. L’obiettivo tacito appare quello di rendere il prodotto appetibile al pubblico femminile. Peccato che lo si faccia con il solito stereotipo. Per parlare alle donne bisogna puntare al loro cuore, e noi nel cuore abbiamo la fissa per la bellezza e il volume dei capelli. Certamente. E il copy, oltre a risultare di cattivo gusto, lascia spazio a ogni interpretazione tranne quella finanziaria. L’associazione tra l’idea di “volume” e l’incremento dei risparmi è così poco intuitiva da apparire quasi comica.
Non è la prima volta che la pubblicità del BTP Valore suscita perplessità. Ricordo bene, come sicuramente alcuni di voi, lo spot televisivo dove dei gioiosi e fortunatissimi boomer si consigliavano di sottoscrivere il titolo per poter andare in crociera.
Apparentemente innocuo, ma se si fanno due calcoli, la situazione appare molto diversa. Considerando un rendimento del 4% annuo, per accumulare 2.000 euro necessari per una crociera (e mi sto tenendo molto bassa con il budget) tra cinque anni, servirebbe un investimento iniziale di circa 10.000 euro a testa. La coppia della pubblicità, dunque, avrebbe dovuto investire almeno 20.000 euro subito. E non dimentichiamo che tutto ciò assume che i prezzi rimangano invariati e non considera rischi di mercato o necessità di liquidità immediata. Una promessa che, se presa alla lettera, è risultata fuorviante e fuori contesto.
Perché scrivo tutto questo?
Perché il BTP Valore è uno strumento serio, che merita rispetto e chiarezza. Si tratta di un buono del tesoro poliennale, emesso dallo Stato italiano per raccogliere fondi e finanziare la spesa pubblica. Gli investitori percepiscono cedole periodiche e, alla scadenza, il capitale viene rimborsato. Il tutto è accompagnato da un premio extra, se il titolo viene detenuto per l’intera durata prevista. L’obiettivo è offrire un rendimento più elevato rispetto ai titoli di Stato tradizionali, rivolgendosi alla clientela retail, cioè famiglie e piccole imprese, non agli investitori istituzionali. Nello specifico, l’emissione di ottobre 2025 avrà luogo dal 20 al 24 ottobre, mentre i tassi minimi garantiti saranno annunciati dal MEF il giorno prima dell’inizio della sottoscrizione, come da prassi consolidata.
leggi anche
Cos’è il Btp Valore? Guida semplice

Invece di spiegare con trasparenza rischi e vantaggi, il marketing scelto sembra voler attrarre l’attenzione con mezzucci superficiali. L’uso di stereotipi sessisti e metafore visive scollegate dal concetto di rendimento non è solo di cattivo gusto, è dannoso per la credibilità dello Stato. Le donne, come tutti gli investitori, sono interessate a capire quanto il proprio capitale possa crescere, i tempi di scadenza, i tassi garantiti e i rischi legati all’andamento dei mercati. La cartellonistica, invece, presume che il nostro interesse sia catturato dal volume dei capelli, lasciando in secondo piano ogni informazione utile.
La comunicazione istituzionale dovrebbe educare, chiarire e generare fiducia. E invece ci troviamo di fronte a una pubblicità che, oltre a essere visivamente povera e poco coerente, rischia di banalizzare un investimento finanziario serio e funzionale.
Mi auguro che il MEF riconsideri immediatamente questa campagna. Perché i risparmi dei cittadini non sono una lacca spray. I titoli di Stato non sono un cosmetico da vendere con slogan sessisti e giochi di parole. È tempo che la comunicazione finanziaria rispetti l’intelligenza degli investitori e allo stesso tempo li educhi e li informi, senza cercare scorciatoie sensazionalistiche o, peggio, offensive.
L’educazione finanziaria è una responsabilità pubblica. Ricordiamocelo tutti. MEF in primis.
© RIPRODUZIONE RISERVATA