Assegno di inclusione, le famiglie che non rispettano uno dei seguenti obblighi devono dirgli addio.
Chi prende l’Assegno di inclusione deve stare attento a una serie di “trappole”: basta commettere qualche errore, infatti, per dover dire addio al sostegno.
Così come era per il Reddito di cittadinanza, infatti, la percezione della misura è condizionata a una serie di obblighi. E dal momento che “la legge non ammette ignoranza”, in caso di mancato ottemperamento non è possibile giustificarsi dicendo di non essere a conoscenza di una certa norma.
Per questo motivo bisogna essere ben informati su cosa bisogna fare per non rischiare di ritrovarsi improvvisamente senza sostegno, dovendo poi attendere un lungo periodo prima di poterne fare nuovamente richiesta. E non solo, perché nei casi più gravi sarà anche obbligatorio restituire quanto percepito.
L’elenco completo degli obblighi da rispettare è lungo e articolato, per quanto alcuni siano di facile intuizione: ad esempio, è ovvio che se l’Assegno di inclusione è legato al reddito e ai componenti presenti nel nucleo qualsiasi variazione in merito debba essere prontamente comunicata all’Inps.
Ma andiamo con ordine e vediamo tutte quelle che sono le regole da osservare per non rischiare che l’Assegno di inclusione venga tolto.
Obblighi e divieti connessi alla politica attiva
Anche l’Assegno di inclusione, come il Reddito di cittadinanza, è collegato a una politica attiva che prevede, in base al profilo dei singoli componenti del nucleo familiare, l’affiancamento da parte dei servizi sociali comunali oppure dei servizi pubblici o privati per il lavoro.
A tal proposito, in tale ambito vanno collegati i seguenti obblighi e divieti (con annesse sanzioni):
- presentarsi presso i servizi sociali competenti sul territorio entro il 120° giorno dalla sottoscrizione del Pad. Chi non lo fa incorre nella sanzione della sospensione del beneficio;
- rispondere alle convocazioni (sia la prima che le successive) dei servizi sociali o dei servizi per il lavoro. In caso di assenza, senza giustificato motivo, l’Assegno di inclusione decade.
La prestazione viene tolta anche nel caso in cui anche uno solo dei beneficiari, salvo i casi di esonero:
- si rifiuta di sottoscrivere il Patto di inclusione (con i servizi sociali) o il Patto di servizio personalizzato (con i servizi per il lavoro);
- non partecipa alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, o a qualsiasi altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, inserita nel Patto di inclusione o in quello di servizio personalizzato;
- non frequenta un percorso di istruzione degli adulti di primo livello o comunque funzionale all’adempimento dell’obbligo di istruzione;
- non accetta un’offerta di lavoro congrua.
Ovviamente è possibile venir meno a uno dei suddetti obblighi e non rischiare la perdita dell’Adi in caso di giustificato motivo.
Va detto, inoltre, che quando l’Assegno di inclusione viene tolto per la mancata partecipazione alle politiche attive da parte di un componente, quindi per uno dei casi appena indicato, si può presentare la nuova domanda solamente trascorsi 6 mesi dalla decadenza.
Obblighi connessi allo svolgimento di un’attività lavorativa
L’Assegno di inclusione non è incompatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa: anzi, entro i primi 3.000 euro di reddito sono persino cumulabili.
Tuttavia, ci sono degli obblighi e dei divieti. In primis l’Inps va informato rispetto alla propria condizione lavorativa utilizzando il modello Adi-Com che indipendentemente da quello che è il reddito che si presume percepire va inviato entro 30 giorni dall’avvio dell’attività di lavoro subordinato.
Lo stesso deve fare chi avvia un’attività di lavoro autonomo, per il quale la comunicazione va data entro il giorno precedente l’inizio dell’attività, con l’obbligo poi di informare l’Inps ogni trimestre rispetto al reddito percepito.
Chi non rispetta queste scadenze incorre nella decadenza dell’Assegno di inclusione. Lo stesso vale per chi nel corso delle attività ispettive viene scoperto mentre svolge attività di lavoro in nero, per il quale ci sono anche sanzioni di tipo penale oltre all’obbligo di restituire quanto indebitamente percepito.
Mantenimento dei requisiti reddituali e patrimoniali
Ovviamente l’Assegno di inclusione viene tolto anche quando nel periodo di fruizione vengono meno i requisiti per beneficiarne. Ciò può accadere quando dalla presentazione del nuovo Isee oppure del modello Adi-Com ne risulta il superamento delle soglie patrimoniali o reddituali.
A tal proposito, con il modello Adi-Com ci sono 15 giorni di tempo per comunicare tutte quelle variazioni che incidono sulla percezione del beneficio, ad esempio quando a seguito di una donazione si supera il valore del patrimonio mobiliare, oppure se si entra in possesso di un immobile con conseguente superamento del limite reddituale.
Chi non lo fa va incontro alla decadenza della misura.
Variazioni dello stato dei componenti del nucleo familiare
L’Assegno di inclusione si perde anche quando non vengono comunicate all’Inps le variazioni riferite ai componenti del nucleo familiare.
È il caso ad esempio dell’aggiunta o dell’uscita di uno o più componenti, con l’obbligo di presentare una Dsu ai fini Isee aggiornata entro 1 mese dall’evento. Ed eccetto i casi di nascita e morte, bisognerà presentare anche una nuova domanda di Assegno di inclusione.
Ci sono 15 giorni di tempo, invece, per comunicare attraverso il modello Adi-Com se dopo la presentazione della domanda sono sopravvenuti nel nucleo familiare componenti in stato detentivo o ricoverati in istituti di cura di lunga degenza, come pure in qualsiasi altra struttura residenziale a totale carico dello Stato.
Lo stesso vale per quei componenti che hanno rassegnato le dimissioni (eccetto la giusta causa) dal lavoro. Attenzione, in tal senso è importante sapere che basta che uno solo dei componenti del nucleo abbia rassegnato le dimissioni per far venire meno il diritto alla misura.
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