Uno studio della Società Geografica Italiana lancia l’allarme sul futuro delle spiagge. Un problema ambientale e demografico che mette a rischio 800.000 persone
Tra 25 anni potrebbe sparire il 20% delle nostre spiagge e tra 75 circa il 40%. È quanto emerge dallo studio della Società Geografica Italiana, “Paesaggi Sommersi” che ha provato a ipotizzare gli effetti che la pressione urbanistica, l’erosione e l’innalzamento del livello del mare potrebbe avere sulle coste italiane.
Un problema enorme che rischia di trasformarsi da problema ambientale in emergenza abitativa con circa 800.000 persone che potrebbero essere costrette a trasferirsi in territori più interni.
Le zone costiere italiane che rischiano di sparire
Il report della SGI ha identificato le zone più a rischio del nostro Paese. Tra quelle più esposte ci sono le coste pugliesi del Gargano, molti tratti costieri tirrenici tra la Toscana e la Campania, le provincie di Cagliari e Oristano in Sardegna, la foce del fiume Pescara, in Abruzzo, e la piana di Fondi nel Lazio.
E, purtroppo, il problema non è limitato solo alle spiagge. Tra le zone in pericolo ci sono il Delta del Po, l’Alto Adriatico e la Laguna di Venezia.
Una questione economica
La sparizione di una buona parte dei territori costieri italiani rischia di avere importanti ripercussioni anche sull’economia del Paese. Secondo lo studio, circa la metà dei porti nazionali rischia di essere compromesso, mentre il 10% delle zone costiere specializzate nell’agricoltura è costantemente minacciato dal fenomeno della salinizzazione.
Basti pensare che nella sola estate del 2023 il cuneo salino è “entrato” nel Delta del Po per più di 20 km, mettendo a dura prova le riserve di acqua e rendendo i terreni inutilizzabili per le coltivazioni.
Il tutto senza considerare i danni che l’erosione causa ogni giorno al delicato equilibrio degli ecosistemi delle zone umide.
L’azione dell’uomo è parte del problema
Indicare nei cambiamenti climatici, nell’innalzamento del livello dei mari e dell’erosione, l’unica causa del problema è un modo miope di analizzare la situazione.
Il ruolo dell’uomo nell’aggravarsi della salute delle nostre coste è innegabile. Le barriere artificiali, ad esempio, create per proteggere le coste più basse, si stanno rivelando un boomerang poiché aumentano l’erosione e diventano sempre meno efficaci.
Il turismo incontrollato e la cementificazione sono altre due cause importanti che aumentano la pressione urbanistica sulle coste e che rallentano la capacità della natura di auto-adattarsi e proteggersi.
Esistono soluzioni al problema?
La Società Geografica Italiana ha pochi dubbi in merito alle possibili soluzioni per risolvere il problema, o almeno provare a rallentarlo.
Serve una rinaturalizzazione, ovvero dobbiamo iniziare a dare spazio alle coste per permettere loro di adattarsi dinamicamente al cambiamento climatico in atto.
Un’opera che, nel concreto, potrebbe tradursi nella creazione di nuove strutture difensive nelle zone costiere (scogliere artificiali, dighe nei porti, innalzamento artificiale del territorio, dove possibile) e nel ripascimento delle spiagge più a rischio. Una strada, quest’ultima, che molte regioni stanno già intraprendendo con successo da qualche anno a questa parte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA