Il gasdotto russo Nord Stream ha registrato danni «senza precedenti» a tre linee: il prezzo del metano torna a salire sul mercato di Amsterdam e si rischiano nuovi aumenti in bolletta.
Il gasdotto Nord Stream, dopo i problemi di agosto, è ancora fuori uso. L’infrastruttura russa che porta metano in Europa ha registrato danni “senza precedenti” a tre linee e in questo momento è “impossibile stimare la tempistica delle operazioni di ripristino”. Secondo fonti del governo tedesco citate da Tagesspiegel i gasdotti “potrebbero anche risultare inutilizzabili per sempre”.
I servizi di sicurezza in Germania ritengono che i tre tubi dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, danneggiati probabilmente da un attacco, potrebbero anche risultare inutilizzabili per sempre. È quello che scrive il tedesco Tagesspiegel. Secondo fonti di governo citate dal giornale, se non verranno riparati subito, l’acqua salata potrà corrodere il materiale di cui sono fatti.
Tornano così i problemi di approvvigionamento per l’Unione europea e l’Italia, ma non solo: le quotazioni del gas salgono fortemente sul mercato di Amsterdam.
Il rischio più forte, quindi, è che i cittadini possano vedere nuovi aumenti in bolletta. I prezzi potrebbero più che raddoppiare, superando la previsione di Arera per il prossimo mese di ottobre. Già ad ora si prevedono per il prossimo mese aumenti del 60% per l’energia elettrica e del 70% per il gas. Contemporaneamente ci potrebbero essere rallentamenti sul processo di accumulo degli stoccaggi, che però nel nostro Paese sono già arrivati ad un ottimo livello.
In ogni caso non si può escludere del tutto un possibile peggioramento dello scenario, innescato da questo ulteriore stop, che porterebbe ad avanzare nei livelli di emergenza previsti dal piano di risparmio di gas e luce targato Cingolani, fino a veri e propri razionamenti e possibili chiusure anticipate dei negozi, una sorta di coprifuoco.
Danni al Nord Stream, possibile sabotaggio
Le prime notizie di problemi sono arrivate ieri mattina, con annunciate fughe di gas che hanno interessato i gasdotti Nord Stream 1 e 2 e il governo danese che di conseguenza ha elevato il livello di allerta sulle infrastrutture energetiche. Anche l’altro ieri c’erano state delle irregolarità, con Gazprom che aveva riferito di un calo di pressione su due sue linee. Le autorità svedesi e danesi hanno quindi identificato forti perdite di gas nel Mar Baltico.
I danni di ieri, però, sarebbero ancor più gravi ed è mistero sulle cause. Secondo il governo tedesco i gasdotti potrebbero essere stati danneggiati da veri e propri “attacchi”. A riferirlo è il quotidiano Tagesspiegel, citando fonti dell’esecutivo federale. Secondo Berlino la la contemporanea interruzione dei gasdotti non sarebbe “una coincidenza” e ci sarebbe quindi dietro la mano di qualcuno, forse con un vero e proprio attacco. Sospetto confermato anche dagli Stati Uniti.
A quanto sostengono fonti del governo tedesco citate dal giornale, poi, se i gasdotti non verranno riparati subito, l’acqua salata potrà corrodere il materiale di cui sono fatti. Secondo il Cremlino, come dice il portavoce di Putin Dmitri Peskov, si tratta di “una situazione senza precedenti che richiede un’indagine urgente”. Per questo la Russia intende chiedere una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sui danni subiti dai gasdotti.
Il rialzo dei prezzi ad Amsterdam
I nuovi problemi ai gasdotti, con interruzioni gradualmente sempre più forti a partire dallo scorso giugno, si intrecciano ora con una situazione geopolitica che vede un netto peggioramento dei rapporti tra Russia e Occidente, vista la nuova fase della guerra avviata dal presidente Vladimir Putin in Ucraina e le sue minacce di conflitto nucleare a Europa e Stati Uniti.
Secondo Tim McPhie, portavoce della Commissione europea, l’Ue sta monitorando la situazione dei nuovi danni ai gasdotti, ma non ci sarebbe “alcun impatto sulla sicurezza”. Nel frattempo il nuovo stop dei Nord Stream fa volare il prezzo del gas, che finora era in calo. In particolare si alza il valore dei future Ttf, i titoli di investimento basati sugli andamenti futuri del metano e scambiati sul mercato di Amsterdam.
Il balzo è di oltre 10%, con il prezzo che si torna sopra alla soglia psicologica dei 200 euro al megawattora, sotto la quale era scesa dopo che l’Ue aveva dato una prima accelerazione su un possibile tetto al prezzo del gas, mentre procedeva spedita con gli stoccaggi e l’importazione di gas liquido. Gli investitori temono un inverno in Europa senza il gas russo, che avrebbe conseguenze pesanti.
Italia avanti con gli stoccaggi
Come detto, per quanto riguarda gli stoccaggi, cioè le riserve di gas accumulate e necessarie all’Italia per affrontare l’inverno, il nostro Paese è a buon punto. Il livello è al 90%. La piattaforma europea che certifica il dato segna stamattina 173,36 TWh come quantità di gas iniettata, pari al 89,62% della capacità complessiva. In Europa, invece, sono stati immagazzinati 976,95 TWh con un indice medio di riempimento dell’87,73%.
A far ben sperare, secondo BloombergNEF, è poi la previsione dell’Unione europea di poter importare quasi il 40% in più di gas naturale liquefatto quest’inverno. Per poterlo trattare, però, in Italia serve aumentare la capacità dei rigassificatori, mentre le due nuove strutture di Piombino e Ravenna non saranno pronte rispettivamente prima di marzo 2023 ed estate 2024.
Le riserve potrebbero non bastare
L’obiettivo italiano è arrivare al 100% degli stoccaggi anche prima di dicembre, come era previsto qualche mese fa, proprio per anticipare le mosse russe e, insieme alla strategia comune europea, poter far fronte anche a uno stop totale delle forniture di Mosca a partire da ottobre.
Ad oggi l’Italia importa ancora circa una media annua di 12 miliardi di metri cubi di gas russo, se sparissero bisognerebbe attingere del tutto dalle riserve. Tuttavia, secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, non si possono utilizzare tutte subito, per non rischiare poi di dover realizzare improvvisi tagli drastici.
La soluzione più prudente, in caso di stop totale delle forniture, sarebbe quindi procedere subito a una graduale “riduzione dei consumi: energia, produzione industriale, riscaldamento”.
I possibili nuovi razionamenti
La strada è quella segnata dal piano Cingolani, varato all’inizio di questo mese. Per ora è previsto di impostare i termosifoni attorno ai 19 gradi per un ora in meno al giorno e di ridurre il periodo di accensione dei riscaldamenti complessivamente di 15 giorni. Poi verranno stimolati una serie di comportamenti personali di risparmio aggiuntivo, tramite campagne pubblicitarie di sensibilizzazione dei cittadini.
Si tratta del primo step dei “razionamenti”. Ci sono tre possibili stadi d’emergenza, se si arriva all’ultimo sono varie le opzioni in campo. Si parla di un possibile spegnimento delle luci e dei monumenti la sera, così come di chiusura anticipata (il “coprifuoco”) dei negozi, con il piano che potrebbe estendersi anche alle scuole.
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Per gli istituti scolastici ci sarebbe innanzitutto lo spegnimento di luci e termosifoni in classe quando non strettamente necessari. Potrebbero quindi essere imposte temperature più basse di uno o due gradi rispetto agli anni passati, mentre al momento sembra escluso il ritorno alla Dad o la rimodulazione degli orari, con la settimana scolastica corta in tutto il Paese.
Ma ad essere coinvolte maggiormente sarebbero le imprese meno energivore, a cui lo Stato richiederebbe i sacrifici più ingenti. Il tutto senza ricorrere a un nuovo generale smart working come durante le prime ondate di Covid.
L’effetto sul Pil
In questo scenario, comunque, uno stop immediato delle forniture dalla Russia, secondo gli economisti di Confindustria porterebbe a un vero e proprio “shock economico”, con un impatto sul Pil dell’1% in meno tra la primavera 2022 e inverno 2023, che potrebbe aggravarsi fino a un calo del 2,2% in caso di ulteriori rincari dei prezzi energetici.
La richiesta di price cap
In questa situazione dodici Paesi Ue, tra cui l’Italia, hanno firmato una lettera indirizzata alle istituzioni europee per istituire un tetto al prezzo del gas. Si tratta di Spagna, Polonia, Grecia, Belgio, Malta, Lituania, Lettonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Croazia e Romania. “Il tetto dovrebbe essere applicato a tutte le transazioni” e “non limitato all’import da giurisdizioni specifiche”.
La proposta di “patrimoniale” della Bce
Intanto capo economista della Bce Philip Lane propone di tassare i più ricchi per aiutare i più deboli contro il caro-energia. Secondo Lane “la grande domanda è se una parte di questo supporto non possa essere finanziata attraverso aumenti della tassazione per i più ricchi”, che siano “i percettori di redditi più elevati o le società che continuano ad avere alti profitti nonostante lo shock energetico”.
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