Il Made in Italy rischia grosso. I dazi USA al 30% potrebbero costare oltre 1 miliardo di euro. Ecco quali territori sono più esposti e cosa può succedere ora.
Il ritorno dei dazi americani rischia di trasformarsi in una stangata per il Made in Italy. E non tutte le province sono esposte allo stesso modo. I numeri parlano chiaro: Firenze e Milano, da sole, potrebbero perdere più di un miliardo di euro in export verso gli Stati Uniti. Ma quanto è concreta questa minaccia? E cosa ci dice davvero su come funziona oggi l’economia italiana?
Firenze e Milano nel mirino: perché sono le province più esposte
La fotografia arriva direttamente dall’analisi dei dati Istat sul commercio estero. Con l’introduzione dei dazi del 30% sui prodotti europei, il conto per l’Italia sarebbe tutt’altro che indolore. E a pagare il prezzo più alto sarebbero due province simbolo del Made in Italy: Firenze e Milano.
Nel primo trimestre del 2025, l’export verso gli Stati Uniti ha rappresentato il 26,9% di tutte le esportazioni fiorentine. Dunque se i dazi di Trump venissero applicati nella misura massima ipotizzata la perdita potenziale ammonterebbe a 580 milioni di euro. Un dato che sorprende, ma solo fino a un certo punto: la provincia di Firenze è fortemente legata all’export di moda, pelletteria e beni di lusso, comparti che rientrano tra i bersagli storici delle tensioni commerciali tra USA e UE.
Anche Milano non è messa meglio. Qui l’export verso gli USA pesa per il 12,9%, con una perdita stimata di 547 milioni di euro nello stesso periodo. Non si tratta solo di moda o design. La provincia lombarda esporta in America anche tecnologia, farmaceutica, macchinari e beni a medio-alta specializzazione, tutti potenzialmente colpiti dalle misure protezionistiche.
Ma il dato più interessante, e preoccupante, è che la minaccia non è uniforme. A livello nazionale, infatti, solo alcune province mostrano una dipendenza strutturale dagli Stati Uniti. Altre, come Enna o Crotone, avrebbero un impatto praticamente nullo. Nel primo trimestre 2025, il peso dell’export USA a Enna era appena del 7,2%, con perdite ipotetiche sotto i 210.000 euro.
Dazi USA. Rischio sistemico per il Made in Italy?
Ma quanto è solido un sistema in cui intere province italiane si reggono su un solo mercato estero? E cosa succede se, da un giorno all’altro, quel mercato cambia le regole del gioco?
Province come Trieste, L’Aquila e Frosinone sono fortemente legate all’export verso gli Stati Uniti. Parliamo di numeri altissimi pari al 42%, 83,5% e 28,5% del totale esportato. E non serve nemmeno immaginare dazi al 30% per far tremare i conti. Anche con un aumento del 10-15%, si rischiano perdite da centinaia di milioni di euro. Solo nei primi tre mesi del 2025, queste tre province avrebbero potuto perdere oltre 750 milioni.
Il punto è che non si tratta solo di una faccenda politica o di un braccio di ferro tra USA e UE. Qui c’è in gioco la tenuta economica di interi territori, spesso tra i più dinamici d’Italia, dove si produce ricchezza, occupazione e prestigio internazionale. I dazi colpiscono in modo chirurgico, non «l’Italia» in senso astratto, ma quelle zone dove il Made in Italy diventa realtà.
E allora la domanda vera è se possiamo ancora permetterci di non avere un piano B. Esiste una strategia industriale e diplomatica capace di proteggere le nostre eccellenze dai colpi esterni? Perché se è vero che il Made in Italy è sinonimo di qualità, è anche vero che la qualità, da sola, non basta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA