L’Afghanistan dopo 20 anni di conflitto: crisi economica senza precedenti

Redazione IlGiornale.it

14/10/2022

14/10/2022 - 16:13

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La crisi economica in Afghanistan dopo 20 anni di conflitto, a pagare il prezzo più alto sono le donne.

L’Afghanistan dopo 20 anni di conflitto: crisi economica senza precedenti

Il 15 agosto 2021, dopo vent’anni di conflitto in Afghanistan, costato soltanto agli Stati Uniti d’America 2.300 miliardi di dollari e che ha provocato 240.000 vittime, i talebani hanno di nuovo preso il potere nel Paese asiatico.

Check-point, kalashnikov, blindati e donne coperte dai burqa: è questo il volto dell’Afghanistan di oggi che, da quando si è instaurato l’esecutivo teocratico, sta fronteggiando una crisi economica senza precedenti.

Secondo i dati del World Food Programme, su 40 milioni di abitanti, 22 milioni sono in uno stato di insicurezza alimentare e oltre 8 milioni in una situazione di emergenza nutrizionale. Gli ospedali sono al collasso, la popolazione dipende dagli aiuti umanitari e la miseria più assoluta sta costringendo diversi genitori al disperato gesto di vendere i propri figli.

L’Afghanistan non sta fronteggiando solo problemi economici, ma anche di sicurezza interna dal momento che proseguono gli attentati dell’Isis e inoltre, nell’ultimo anno, si è registrato anche un incremento dei consumatori di stupefacenti e, secondo le stime, sono oltre 3 milioni i tossicodipendenti in Afghanistan.

Dal 15 agosto 2021, il governo dei talebani ha introdotto un vero e proprio regime di apartheid di genere. Le donne sono soggette a restrizioni e limitazioni e uno dei provvedimenti più discriminatori è stato la chiusura delle scuole superiori femminili. E oggi, per molte ragazze, l’unica possibilità di ricevere un’istruzione è di frequentare le scuole clandestine nate nelle principali città del Paese.

L’Afghanistan si trova in uno dei momenti più cruciali e critici della sua storia ma, nonostante le difficoltà economiche, l’isolazionismo internazionale e le restrizioni autocratiche, ci sono ancora uomini e donne che credono e si battono perché il loro Paese, domani, possa essere libero da guerra, violenza e discriminazione.

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