Accademia della Crusca, nuove regole per femminile, articoli e schwa: le risposte ai dubbi della Cassazione

Ilena D’Errico

19 Marzo 2023 - 23:17

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L’Accademia della Crusca, rispondendo al quesito della Corte di Cassazione, ha sancito le nuove regole del linguaggio inclusivo.

Accademia della Crusca, nuove regole per femminile, articoli e schwa: le risposte ai dubbi della Cassazione

Il comitato pari opportunità del consiglio direttivo della Corte di Cassazione ha chiesto all’Accademia della Crusca le indicazioni per la scrittura degli atti giudiziari nel rispetto della parità di genere e dell’inclusività. Così, l’Accademia ha chiarito i dubbi riguardo alla declinazione femminile dei nomi, all’uso degli articoli e della schwa.

L’opinione dell’Accademia della Crusca sulla parità e il linguaggio inclusivo

I suggerimenti dell’Accademia della Crusca circa la scrittura inclusiva indirizzati alla Corte di Cassazione sono in realtà applicabili a qualunque genere di scrittura, anche diversa dagli atti giudiziari. Prima di spiegare quali sono le nuove regole, l’Accademia ha chiarito il rapporto tra l’inclusività della scrittura e la distinzione tra genere maschile e femminile prevista dalla lingua italiana.

In particolare, l’Accademia della Crusca desidera eliminare le asimmetrie tra i generi grammaticali, che devono essere usati quando necessari senza alcuna discriminazione. In questo modo, l’Accademia intende aggiornare la lingua, eliminando il retaggio storico patriarcale, ma anche educare la popolazione. Il linguaggio ha infatti il potere di condizionare la percezione della realtà, e viceversa.

Questa concezione è però messa in discussione dalle neuroscienze moderne, secondo le quali è dubbio il fatto che la lingua sia da sola un condizionamento rispetto alla percezione di dati empirici e reali. Di conseguenza, c’è chi teme un intervento troppo massiccio. Allo stesso tempo, è innegabile il contrario: ossia il modo in cui la realtà finisce per influenzare inevitabilmente il linguaggio, ecco perché l’Accademia della Crusca non bisogna sottovalutare le proposte inclusive legate al linguaggio, in quanto sono in parte dovute all’estremizzazioni di mode culturali, le quali tuttavia hanno un’importante spinta internazionale.

Le indicazioni pratiche dell’Accademia della Crusca, come si dovrebbero usare le parole rispettose della parità di genere

In seguito alla premessa teorica, l’Accademia della Crusca ha fornito alla Corte di Cassazione delle vere e proprie indicazioni pratiche per la stesura degli atti, rispettosa dell’inclusività e allo stesso tempo del linguaggio. Riguardo alla schwa o scevà (ə) e gli asterischi la risposta è stata drastica: non devono essere utilizzati segni grafici che non hanno una corrispondenza fonetica nel parlato. La schwa, infatti, non esiste nell’alfabeto italiano né come simbolo né come suono, quindi non potrebbe essere pronunciata agevolmente. In proposito, diverse persone avevano già sollevato la questione dell’inclusività della schwa, che potrebbe rendere difficoltosa la lettura per diverse persone. L’utilizzo della e capovolta ha preso piede come tentativo di soppiantare alla mancanza del genere neutro nella lingua italiana, ma secondo l’Accademia della Crusca questa non sarebbe la strada giusta.

L’Accademia della Crusca ha quindi proposto l’utilizzo di forme neutre o generiche, che invece sono presenti nel parlato, ad esempio:

  • Persona in luogo di uomo o donna.
  • Personale anziché dipendente o dipendenti.

No alla shwa, sì a forme generiche e al maschile non marcato

Da evitare assolutamente, invece, è la reduplicazione retorica, quindi via a tutte le forme come “i cittadini e le cittadine” o “gli impiegati e le impiegate”. L’utilizzo di forme generiche neutre non è sempre possibile, in questi casi l’Accademia consiglia di utilizzare tranquillamente la forma maschile plurale, che di per sé include anche i soggetti di genere femminile, purché non sia utilizzato in modo prevaricatore. In altre parole, è ammesso l’uso del maschile plurale in quanto non marca un genere, ma deve essere utilizzato quando non ci sono alternative.

Professioni al femminile e l’uso degli articoli

La Crusca ha chiarito anche la questione circa i nomi delle professioni, invitando a ricorrere alla declinazione femminile e dire, per esempio, avvocata o questora; quindi, sempre seguendo le regole morfologiche e grammaticali. Si tratta in effetti di alternative ammesse dalla lingua italiana; perciò, utilizzare il maschile in questo caso potrebbe essere discriminatorio. Allo stesso tempo, il maschile non marcato può essere utilizzato se si intende far riferimento a un organo o una funzione, e non alla persona che li ricopre. Si può dire quindi il presidente del Consiglio dei ministri se si parla di questo ruolo politico, ma per riferirsi a Giorgia Meloni si dovrà dire la presidentessa. L’articolo davanti al nome è infatti ammesso dalla Crusca, la quale ha però affermato di tenere in considerazione le opinioni contrarie.

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