Web tax e delega fiscale: che cosa farà adesso il Governo?

Valentina Brazioli

5 Marzo 2014 - 14:38

Quella della web tax sembra una partita destinata a non concludersi mai: dopo aver schivato il proiettile rappresentato dal naufragio del decreto Salva Roma (che ne prevedeva la cancellazione), salta fuori il nodo della delega fiscale. Che cosa significa, e che cosa succederà? Scopriamolo insieme.

Web tax e delega fiscale: che cosa farà adesso  il Governo?

Di web tax - o Google tax che dir si voglia - abbiamo parlato già molte volte, proprio per raccontare la storia di una nuovo regime impositivo che aveva scatenato un intenso dibattito su come conciliare la libertà d’impresa con il continuo dribbling fiscale dei colossi del web.

Il Salva Roma e Matteo Renzi

Tra i più strenui oppositori della norma c’è sempre stato Matteo Renzi, ora nella rinnovata veste di presidente del Consiglio dei Ministri, in aperto contrasto con colui che si può considerare il padre di questa norma, Francesco Boccia, deputato lettiano e presidente della Commissione Bilancio della Camera. Dopo un tira e molla tra possibili rinvii e sospensioni la partita si sarebbe dovuta chiudere con il dl Salva Roma, che però è naufragato per la seconda volta nelle acque tempestose delle Aule parlamentari. Se l’ex sindaco di Firenze si è già affrettato a smentire ogni ipotesi di possibile entrata in vigore della web tax, rimandando qualsiasi decisione in merito in un quadro di legislazione europea, forse non ha considerato che il balzello contro i furbetti di internet non rappresentava una novità limitata al perimetro della legge di Stabilità, ma era già sbarcata già da tempo all’interno della delega fiscale.

La web tax e la delega fiscale

Dal canto nostro, già all’epoca dei primi lavori parlamentari in materia di delega fiscale avevamo seguito con attenzione le proposte dei deputati Pd, pensate appositamente per contrastare l’evasione fiscale dei colossi del web come Google, Facebook, Amazon, eccetera. Di fatto, uno degli emendamenti a prima firma di Ernesto Carbone, parlamentare di rito renziano, è riuscito a superare indenne ben tre passaggi tra Camera e Senato, entrando a pieno diritto nell’articolo 9 della delega, dedicato proprio ai sistemi di controllo anti evasione fiscale. Nello specifico, introduce ciò che viene chiamato ’’apportionment’’, ovvero l’obbligo per le multinazionali con sede fiscale all’estero di pagare le tasse in Italia per la parte di ricavi che si stima sia stata prodotta nel nostro Paese.

Che cosa significa legge delega

La web tax è quindi ormai realtà? Non proprio: nonostante la delega fiscale sia stata approvata definitivamente la scorsa settimana, non si tratta di una norma pienamente operativa. Infatti, per legge delega intendiamo una legge che - appunto - delega l’esecutivo a varare gli appositi decreti volti ad attuare i principi in essa contenuti. Il dibattito, quindi, adesso si sposta sull’effettivo dovere, da parte dell’esecutivo, di esercitare la delega su questo specifico aspetto. Una controversia non da poco: se, da una parte, molti giuristi sostengono che il Governo non potrà in alcun modo sottrarsi all’obbligo, dall’altra il presidente della Commissione Finanze ed esponente di Forza Italia Daniele Capezzone rimanda l’intera questione a eventuali decisioni da assumere in sede europea.

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it