Decreto salva-banche, al via il piano da oltre 3,5 miliardi. I dettagli dell’operazione

Patrizia Pellegrino

23/11/2015

23/11/2015 - 09:18

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Il Cdm ha approvato il decreto che salva dal dissesto finanziario Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Carichieti. Un’operazione da oltre 3,5 miliardi di euro con il contributo dell’intero sistema bancario e senza nessun aiuto di Stato.

Decreto salva-banche, al via il piano da oltre 3,5 miliardi. I dettagli dell’operazione

Via libera al piano di salvataggio di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Carichieti in grave dissesto finanziario. Messo da parte il rischio di ricorrere allo strumento del bail in e confermato il no di Bruxelles al piano di salvataggio proposto dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.

Domenica pomeriggio il Consiglio dei ministri si è riunito, in via del tutto eccezionale, per varare un decreto legge (salva banche) che darà avvio al processo di ristrutturazione delle 4 banche in crisi e all’attivazione del neonato fondo risoluzione.

Vediamo le principali novità del nuovo piano di salvataggio che prevede l’uso delle regole e degli altri strumenti di risoluzione previsti dalla Brrd, la direttiva europea sulla risoluzione e gestione delle crisi bancarie, recentemente approvata ed entrata in vigore martedì scorso, anche se il bail in sarà operativo dal 1° gennaio 2016.

Banche in crisi, nuovo piano salvataggio: 4 banche ponte e 1 bad bank

Il progetto di risanamento delle 4 banche in amministrazione straordinaria consiste nella creazione - secondo le nuove regole e i nuovi strumenti previsti dalla nuova direttiva Brrd appena varata - di 4 banche ponte che prenderanno il posto dei 4 Istituti in crisi e saranno interamente gestiti dal Fondo di risoluzione nazionale, coordinate da Banca d’Italia (secondo le nuove regole europee è l’Autorità di risoluzione nazionale) tramite nuovi commissari che secondo quanto dispone la nuova direttiva “assumono i poteri degli azionisti, dei titolari di altre partecipazioni e dell’organo di amministrazione promuovendo e adottando le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione.”

Compito di queste banche ponte sarà quello di gestire al meglio gli asset sani per poi venderli al mercato. Parallelamente verrà creata una bad bank (asset management) che avrà il compito invece di “assorbire i crediti deteriorati” per gestirne la liquidazione in tempi ragionevoli.

Salvataggio banche in crisi: oltre 3,5 miliardi senza risorse pubbliche

L’ammontare complessivo del piano di risanamento si aggirerebbe intorno ai 3,5 miliardi di euro e vede il contributo dell’intero sistema bancario, degli azionisti e dei titolari delle obbligazioni subordinate.

Il piano di salvataggio delle 4 banche verrà finanziato dal neonato fondo di risoluzione, il nuovo strumento introdotto dalla Brrd e che prevede un contributo annuo da parte di tutte le banche.

Nel caso del dissesto finanziario in questione, le risorse saranno anticipate al Fondo di risoluzione, da parte delle banche sane, attraverso due tipi di contributi:

  • contributi a lungo termine: da Banca Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi che verranno utilizzati per finanziarie le Newco (banche ponte e bad bank) e saranno rimborsati nei prossimi anni dopo che, si spera, le banche ponte e i crediti deteriorati saranno venduti nel mercato
  • contributi a breve termine: verrà richiesto alle 208 banche (escluse le bcc) di contribuire al fondo di risoluzione non solo per l’anno 2015 per il raggiungimento di un totale di 500 milioni, ma in via del tutto eccezionale anche per i successivi tre anni, per un totale di 2 miliardi. Con questa cifra il fondo di risoluzione ripagherebbe il totale delle perdite finanziarie delle 4 banche in crisi anche se comporterebbe una perdita in conto economico per le banche notevole.

Per il risanamento delle banche sono previsti anche la conversione di una parte delle obbligazioni subordinate.

Il nuovo piano di risoluzione proposto ha già ottenuto, sempre ieri nel tardo pomeriggio, il via libera della Commissione europea. In un comunicato la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager fa sapere da Bruxelles: “È cruciale che siano gli azionisti e gli obbligazionisti junior, piuttosto che i contribuenti, ad assumersi i costi e le perdite dei fallimenti bancari. Accolgo con favore l’uso da parte dell’Italia del Fondo di risoluzione»
Servirà adesso l’approvazione della Banca Centrale Europea, relativamente alla costituzione delle nuove banche ponte. Tutte le fasi saranno gestite e coordinate dall’Autorità di risoluzione nazionale, che con le nuove regole della Brrd è la Banca d’Italia.

Fitd: in settimana la modifica dello Statuto

Come già riportato in un nostro precedente articolo, nei mesi scorsi il Fondo interbancario, appoggiato dal Governo e dalla Banca d’Italia, aveva approvato un finanziamento di circa 2 miliardi per il salvataggio dei 4 Istituti di credito in grave difficoltà con il contributo delle principali banche.

Dopo il no della Commissione europea che vede in questo tipo di intervento un vero e proprio aiuto di Stato, nonostante i finanziamenti siano di natura privata, il prossimo giovedì si riunirà l’assemblea del Fidt per la modifica dello Statuto, che prevede una sezione aperta ai contributi volontari delle banche. Anche se alla luce del decreto salva banche appena approvato e che entrerà in vigore da domani, non ce ne sarà più bisogno.

Sempre nei giorni scorsi anche l’Abi, l’associazione bancaria italiana, per voce del suo Presidente Antonio Patuelli ha criticato l’ostruzionismo di Bruxelles dal momento che le “banche italiane sono determinate a realizzare i salvataggi delle quattro banche in crisi, che hanno deciso unanimamente di destinare ampie risorse, circa 2 miliardi di risorse private” e ancora “se la Commissione porrà degli ostacoli alla realizzazione, i relativi provvedimenti saranno attentamente esaminati perché certamente la burocrazia europea non può essere sopra le leggi i i trattati”.

A fargli da eco è anche Giuseppe Gualtieri, presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, che a margine della conferenza Stampa dell’Abi, ha dichiarato “attualmente l’articolo 11 della direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi prevede che uno strumento come il Fitd possa utilizzare i mezzi finanziari disponibili per misure alternative alla risoluzione volte ad evitare il fallimento di un ente creditizio. Dunque l’intervento del Fitd sarebbe una fattispecie contemplata dalla normativa europea

Quello che è emerso in questi ultimi mesi è certamente la rigidità delle regole e della burocrazia di Bruxelles, che se da una parte vuole introdurre un sistema di leggi armonioso che tuteli il contribuente e garantisca la continuità dei servizi finanziari essenziali per la collettività, dall’altra rischia di rallentare dei processi e delle operazioni a volte indispensabili per la ripresa dell’economia. Un caso da citare, per le lungaggini e le estenuanti conversazioni ancora in corso, è quello sulla possibilità di costituire in Italia una asset management company (bad bank) centralizzata per gestire gli oltre 200 miliardi di sofferenze che affaticano il sistema creditizio italiano.

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