USA: la NRA accusa i videogiochi violenti, Obama chiede uno studio

Daniele Sforza

17 Gennaio 2013 - 14:45

USA: la NRA accusa i videogiochi violenti, Obama chiede uno studio

Ci risiamo: ogni qualvolta avviene un massacro o una serie di omicidi efferati, i cui colpevoli siano di giovane età, rispuntano fuori le accuse contro la cultura violenta. E alla cime di questa cultura violenta cosa si rivela? Fumetti e videogiochi violenti. Come se i film, i libri o la televisione appartenessero a una sfera più "intoccabile". La battaglia che la NRA (National Rifle Association) sta conducendo contro i videogiochi sembra a dir poco assurda. Anche il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha commissionato una ricerca, stanziando 10 milioni di dollari di fondi, per capire che tipo di influenza hanno i videogiochi violenti sui più giovani. "Bisogna proteggere le nostre famiglie", ha dichiarato, accusando tuttavia per lo più l’industria delle armi, piuttosto che quella dei videogiochi.

La NRA si nasconde dietro i videogiochi violenti

La NRA, naturalmente, ha preso la palla al balzo e ha cercato di sviare l’attenzione. Dopo l’ultimo massacro avvenuto in una scuola elementare il mese scorso, la NRA si è sentita accusata e minacciata. La proposta di regolarizzare la libera circolazione delle armi non deve essere affatto piaciuta all’associazione statunitense, che ha dunque tentato di porre l’attenzione su un altro (falso) problema, lo spauracchio dei videogiochi violenti. Uno dei motivi per il quale i videogiochi violenti sono sempre chiamati in causa, riguarda prevalentemente il fatto che gli autori dei massacri sono videogiocatori.

Un’accusa, tuttavia, che fa acqua da tutte le parti. Gli autori dei massacri possono anche essere appassionati di Kant, ma questo non fa di Kant la causa delle loro azioni. Per rispondere invece alla critica "Ma Kant non è violento, i videogiochi sì", basti pensare alla televisione, che ogni giorno trasmette immagini, testi e morali di una violenza inaudita, seppur più sottile e subdola, insomma, più trasmettibile a livello inconscio e dunque, psicologicamente parlando, più pericolosa.

Il caso Dylan Dog in Italia

La violenza esibita, in effetti, proprio perché viene esibita, diventa irreale, un’esorcizzazione della violenza reale: è il caso, ad esempio, dei film di Quentin Tarantino, dove la violenza, proprio perché esagerata e, a volte, kitsch, è una violenza "da fumetto", un qualcosa di irreale, che ha lo scopo di esorcizzare in primis la paura della stessa.

Nella mente del soggetto che guarda, molto probabilmente, è decisamente più pericolosa la violenza insita in una televendita o in un talk show televisivo dai toni accesi, che un videogioco in cui la violenza viene spiattellata come fosse una storia d’amore.

Anche in Italia negli anni Ottanta, quando il fumetto horror Dylan Dog, creato da Tiziano Sclavi ed edito dalla Sergio Bonelli Editore, fu vittima di una crociata inaudita, a causa delle scene di sesso e violenza insite nelle sue pagine. Una lettura superficiale di una lettura di culto che parlava ai giovani con il loro linguaggio, invitandoli a essere se stessi, con i propri pregi e difetti, e soprattutto, non avendo paura di mostrare le proprie debolezze e la propria fragilità.

Ogni volta che c’era un omicidio, o che un figlio rispondeva male a un genitore, veniva chiamato in causa Dylan Dog e il suo messaggio scorretto e violento. Un modo come un altro per avere un facile nemico su cui scaricare le responsabilità di una mente distorta o di una famiglia dai metodi di educazione sbagliati.

Iniziative in Missouri e Massachussetts

La stessa cosa, oggi, sta avvenendo negli Stati Uniti, proprio nei confronti dei videogiochi. In Missouri, ad esempio, c’è stata la proposta di tassare i videogiochi violenti, ovvero "quelli che hanno ricevuto una classificazione Teen, Mature o Adult Only dalla ESRB": tra questi rientra anche, tanto per fare un esempio, The Sims 3, gioco noto per la sua straordinaria carica di violenza (è ironia, per coloro i quali si accontentano di letture superficiali).
La stessa proposta è stata varata anche in Oklahoma e in New Mexico, ma è stata bocciata.

In Massachussetts, il sindaco di Melrose, Robert Dolan, è il promotore di un’iniziativa finalizzata a una raccolta di videogiochi e altri media violenti, tramite ricompensa.
Un programma che potrebbe avere i suoi buoni propositi, ma che potrebbe anche rappresentare una soluzione distorta del problema. E’ in atto una sorta di proibizionismo videoludico?

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