Truffa in atti processuali: disciplina legale e sanzioni

Isabella Policarpio

4 Febbraio 2019 - 11:37

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La truffa in atti processuali è un delitto previsto dall’articolo 319 del Codice Penale. Viene commesso dal funzionario pubblico che altera il buon andamento della Pubblica amministrazione con l’accordo di un cittadino.

Truffa in atti processuali: disciplina legale e sanzioni

Per truffa in atti processuali si intende il delitto che viene commesso quando un privato cittadino ed un funzionario pubblico si accordano per alterare il normale funzionamento del processo. Il reato in questione viene in essere con la stipulazione del c.d. “pactum sceleris” con il quale le parti decidono in che modo e dietro quale corrispettivo far sì che una parte in giudizio sia avvantaggiata rispetto all’altra.

La pena prevista è la reclusione fino a 10 anni, alla quale si aggiunge il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un periodo che, nei casi più gravi, può arrivare fino a 5 anni.

Invece sul piano civilistico, l’accordo tra le parti deve considerarsi nullo in quanto contrario alle norme imperative dell’ordinamento.

Cos’é?

Il delitto di truffa o corruzione in atti processuali è commesso dal pubblico ufficiale che pone in essere una condotta contraria al buon espletamento delle sue funzioni, alterando in questo modo il normale svolgimento dell’attività giudiziaria.

L’articolo di riferimento è il n. 319 del Codice Penale, che recita quanto segue:

“Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da 6 a 10 anni.”

Con questa previsione, il legislatore penale ha voluto tutelare il buon andamento della Pubblica amministrazione (sancito costituzionalmente) che viene turbato dalle condotte imparziali o fraudolente dei funzionari colpevoli e di salvaguardare l’eguale trattamento dei cittadini di fronte alla giustizia.

La condotta: il pactum sceleris

La truffa in atti giudiziari, come per tutti gli altri delitti di corruzione, prevede la stipulazione di un contratto, che prende il nome di “pactum sceleris”, tra il pubblico ufficiale/incaricato di un pubblico servizio ed un privato cittadino coinvolto. Il contenuto del pactum consta nella violazione dei doveri d’ufficio del funzionario.

Nella truffa in atti processuali, il progetto criminoso del cittadino di favorire o danneggiare una delle parti coinvolte in giudizio si può compiere solamente con l’aiuto del funzionario pubblico, che appoggia il suo piano. Dunque, la pena sancita dal Codice Penale deve essere comminata sia al pubblico ufficiale che al privato cittadino.

La condotta in esame si verifica non solo quando il funzionario viola un obbligo specifico ma anche quando non rispetta il generico dovere di fedeltà, segretezza, obbedienza, imparzialità e vigilanza.

Le conseguenze penali

L’articolo 319 del Codice Penale prevede, in caso di condanna, la pena detentiva che va dai 6 ai 10 anni. Alla detenzione si aggiunge anche la pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la Pubblica amministrazione ex articolo 32 ter del Codice Penale.

L’incapacità a contrarre con la PA consiste nel divieto di concludere contratti con le pubbliche amministrazioni, salvo per ottenere le prestazioni di un servizio pubblico. La durata dell’incapacità viene determinata dal giudice di merito e non può avere una durata inferiore ad un anno né superiore a 5 anni.

Invece, sul piano civilistico, la sentenza di condanna produce la nullità del pactum sceleris in quanto contrario a norme imperative, come prescrive l’articolo 1418 del Codice Civile.

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