Stipendi: salario minimo o credito d’imposta? Come interverrà Letta?

Valentina Pennacchio

15 Maggio 2013 - 17:28

Stipendi: salario minimo o credito d’imposta? Come interverrà Letta?

Uno studio condotto dall’economista Andrea Garnero su la voce.info mette in luce come il 13% degli italiani percepisca un salario al di sotto dei minimi contrattuali,

“con picchi di oltre il 40% nel settore dell’agricoltura, del 30% nelle costruzioni e oltre il 20% nelle attività artistiche e di intrattenimento e nei servizi in hotel e ristorazione, nonostante i salari minimi in termini relativi siano molto elevati in Italia”.

In Italia non esiste un salario minimo previsto dalla normativa, come accade in altri Paesi, ma evidentemente la “soglia base” fissata per la busta paga dai CCNL non è sufficiente.

Il grafico sottostante si riferisce al biennio 2007-2009 ed evidenzia come i Paesi in cui vige la negoziazione collettiva hanno, mediamente, salari minimi più elevati rispetto a quelli in cui esiste un salario minimo nazionale, in proporzione al salario medio (con riferimento all’indice Kaitz, che esprime l’incidenza del salario minimo sul salario medio).

In Italia i sindacati sembrano essere contrari al salario minimo. Susanna Camusso ha dichiarato:

“E’ una proposta che noi non condividiamo. Il contratto nazionale è uno strumento insostituibile”.

E Raffaele Bonanni ha aggiunto:

“No al salario minimo, indebolirebbe la contrattazione che in Italia dà garanzie più forti”.

Dalla tabella sembra che i sindacati abbiano ragione, il contratto nazionale sembra essere più garante del salario minimo nazionale, ma non per tutti, nonostante l’Italia sia il paese europeo che ha i salari minimi più alti in proporzione al salario medio.

Perché un’importante percentuale percepisce meno del minimo sindacale? Secondo l’economista ci sono diverse ragioni:

  • diffusione del lavoro nero;
  • diffusione di contratti anomali e/o precari che non sono coperti dagli accordi collettivi di lavoro;
  • pratica per cui le aziende versano una retribuzione inferiore al minimo salariale ai loro dipendenti (deliberatamente o per sbaglio);
  • il riferimento contrattuale è meno rilevante nei settori in cui le mance sono una fonte di entrata importante.

A queste punto ci sono due soluzioni. Quella dei sindacati, ovvero ridurre gli esclusi, includendo i lavoratori precari nella negoziazione collettiva, oppure quella proposta dall’economista Garnero: un sistema misto, come quello esistente in Belgio.

Quello della retribuzione sarà quindi uno dei tanti aspetti inerenti alla questione lavoro che il Governo Letta dovrà affrontare. Lo stipendio italiano è troppo basso a causa dell’enorme cifra chiesta ai contribuenti per tasse e contributi.

Da ciò emerge la necessità di un taglio al cuneo fiscale, ovvero la differenza tra il salario lordo versato dalle aziende e il netto realmente percepito dai lavoratori, soprattutto intervenendo sui redditi medio-bassi.

Come interverrà il Governo Letta? Forse con un credito di imposta (sconto fiscale) per incrementare i salari più bassi.

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