Slovenia: un piano per evitare il bailout. Funzionerà? Dubbi, mancano i dettagli

Federica Agostini

10 Maggio 2013 - 10:38

Slovenia: un piano per evitare il bailout. Funzionerà? Dubbi, mancano i dettagli

La Slovenia tenta disperatamente di evitare un bailout internazionale e ieri ha annunciato la propria intenzione di vendere 15 aziende di proprietà statale e di aumentare l’IVA, ma le buone intenzioni non bastano.

Secondo gli investitori, i dettagli forniti al riguardo sono troppo vaghi e i tagli alle spese sembrano ancora un miraggio. Per la Slovenia è ancora turbolenza.

Slovenia: buone le intenzioni, ma pochi dettagli

Il pacchetto di misure da adottare da parte della Slovenia, al fine di evitare un salvataggio internazionale in stile Cipro è stato anticipato da tempo e ieri il governo ha lanciato le sue proposte.

Peccato però che le buone intenzioni siano accompagnate da scarsi dettagli, sia in termini di tempo, sia in termini economici.

Per evitare il tracollo, la Slovenia venderà 15 delle aziende di monopolio statale, comprese:

  • la seconda banca più grande del paese, Nova KBM;
  • la principale compagnia di telecomunicazioni, Telekom Slovenia;
  • la linea aerea nazionale, Adria Airways.

Mancano, tuttavia, le informazioni riguardo al limite temporale e al budget stimato per le vendite.

Tagli agli stipendi pubblici? Arriveranno anche quelli, ma soltanto dopo le trattative con i sindacati. Secondo quanto riportato dal Premier Bratusek, tali accordi riguardano un taglio di circa 250/300 milioni di euro che impedirebbe l’altrimenti necessaria imposizione di una "tassa per la crisi" sugli stipendi.

A partire dal 1 luglio, l’IVA aumenterà dal 20 al 22%; secondo il Primo Ministro, Alenka Bratusek, il pacchetto di misure sarà sufficiente ad impedire che il piccolo paese sia costretto a seguire le sorti di Cipro, mettendosi in coda per un pacchetto di salvataggio internazionale da parte dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

Il piano proposto ieri sarà passato oggi alla Commissione Europea e, secondo la Bratusek: "Il piano permetterà alla Slovenia di mantenere il pieno potere dello Stato".

Nel frattempo, la politica del blocco diventa sempre più nervosa riguardo agli impegni della Slovenia, necessari secondo l’Unione Europea per un paese che mantiene nelle mani dello stato il 50% dell’economia, tra l’altro frenata da 7 miliardi di Euro in debiti insolventi delle banche locali.

Slovenia: l’economia è (quasi) tutta dello stato

L’ex repubblica Jugoslava è stata un apripista per l’est Europa quando, nel 2007, è entrata a far parte dell’unione monetaria in qualità dell’economia emergente più rapida del blocco.

Incoraggiati dalle esportazioni Renault, del settore degli elettrodomestici e quello farmaceutico, i governi che si sono succeduti in Slovenia hanno preferito evitare l’impopolare vendita dei beni dello stato, comprese le banche maggiori, facendo slittare così anche le riforme sul sistema sanitario e sul rigido mercato del lavoro.

Ma con lo scoppio della crisi, le esportazioni hanno incontrato un muro, sono così aumentati i prestiti insolventi, i tassi di interesse e l’esposizione ad un sistema cronicamente corrotto che sta lentamente portando alla distruzione di un paese in cui politica e affari sono fortemente vincolati.

Il piano sarà sufficiente a salvare il paese?

Le reazioni al piano sono state piuttosto caute.

Il presidente della Banca Centrale Slovena, Marko Kranjec, ha detto:

"Se tutte le misure verranno anche messe in atto e non rimarranno soltanto scritte, credo che [la Slovenia] abbia ancora la possibilità di risolvere i propri problemi in autonomia."

Uros Cufer, ministro delle finanze sloveno, ha detto che "la Slovenia è un aereo che sta perdendo quota e, prima di qualsiasi altra cosa, è necessario recuperare quella quota".

La Slovenia possiede 2.4 miliardi di euro nei depositi delle banche statali e che i trasferimenti alle "bad bank" inizieranno dal prossimo giugno. Secondo il Premier Bratusek, il deficit arriverà quest’anno al 7.8% del prodotto nazionale e lo scopo del governo è quello di ridurlo al 3.3% nel 2014.

Un portavoce di Olli Rehn, Commissario agli Affari Economici e Monetari UE, ha fatto sapere che la Commissione prenderà in esame la proposta e fornirà una risposta il prossimo 29 maggio.

Al riguardo, gli analisti esprimono una certa dose di timori riguardo alla possibilità che queste nuove modalità di finanziamento possano allentare la pressione sull’esigenza di riforme strutturali al paese.

Altro elemento di maggiori preoccupazioni, invece, è la sfera delle alleanze politiche che sta sollevando la rabbia popolare con un’improbabile alleanza di partiti che vanno dai centristi neo-liberali a quelli di sinistra.

La Slovenia riuscirà ad evitare il tracollo, o è destinata a diventare una "Cipro bis"?

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