In tempi di crisi si aguzza l’ingegno: ecco spiegata la nuova tendenza tutta italiana di intraprendere la strada della finta separazione matrimoniale per risparmiare sul fisco. Secondo le stime dell’Associazione avvocati matrimonialisti (AMI), il fenomeno riguarderebbe il 7% dei separati, oltre 12 mila persone che, al tutto sommato modico prezzo di una parcella da avvocato, possono ottenere tutta una serie di importanti benefici ed agevolazioni in materia di IRPEF, IMU, IVA ed abbassamento soglia ISEE.
In alcuni tribunali si può fare anche senza avvocato.
Così raccontava Gian Ettore Gassani, avvocato e presidente dell’AMI, a Repubbblica.it già nel 2008, spiegando:
Si scarica un modulo da Internet e si presenta l’istanza in cancelleria in attesa dell’udienza. Il giudice, come l’avvocato d’altronde, non è tenuto a verificare e ratifica la volontà dei coniugi.
Insomma, una specie di “quoziente familiare” introdotto per via surrettizia e senza alcun rischio di controlli o sanzioni. Almeno fino ad ora.
Il redditometro e i “furbetti della separazione”
A lanciare l’allarme è il Sole 24 ore: anche gli assegni periodici all’ex coniuge portati in deduzione nel modello Unico sono uno degli elementi sui cui può contare il redditometro nella selezione dei contribuenti. In una separazione ritenuta strumentale, il soggetto che eroga le somme potrebbe essere chiamato a dimostrare la propria disponibilità economica e la provenienza del denaro. Se non si fosse in grado di giustificare redditi tali da permettergli l’esborso, dovrebbe dimostrare di aver ottenuto prestiti da terzi, di aver utilizzato vecchi risparmi o di aver corrisposto solo in parte le somme dovute. Sul coniuge che riceve il denaro ricade l’obbligo di dichiarare solo le somme mensili in suo favore e non quelle per il mantenimento dei figli.
Le statistiche su divorzio e separazione in Italia
Dai dati ISTAT dell’ultimo Rapporto “Separazioni e divorzi in Italia" emerge che, se nel 1995 si contavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni mille matrimoni, nel 2011 si è arrivati a 311 separazioni e 182 divorzi. Incrementi maturati, tra l’altro, in un contesto in cui i matrimoni sono in costante diminuzione. Possiamo quindi attribuirli esclusivamente a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale nel nostro Paese? Pur non esistendo statistiche ufficiali sul fenomeno delle separazioni fittizie, l’età media rilevata dall’ISTAT (circa 46 anni per i mariti e di 43 per le mogli) e la propensione all’uso della pratica consensuale (nel 2011 si sono chiuse con questa modalità l’84,8% delle separazioni e il 69,4% dei divorzi), lasciano più di un sospetto.
In Italia ci si sposa sempre di meno
Se da un lato divorzi e separazioni (simulate e non) la fanno da padroni, dall’altro il matrimonio appare ormai un istituto sempre più in crisi: secondo il Rapporto ISTAT “Il matrimonio in Italia” nel 2011 sono stati celebrati in Italia 204.830 matrimoni (3,4 ogni 1.000 abitanti), 12.870 in meno rispetto al 2010. “Tale tendenza alla diminuzione – spiega l’Istituto di Statistica – è in atto dal 1972, ma negli ultimi quattro anni si è particolarmente accentuata. Un dato che chiama sicuramente in causa le difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e alla condizione di precarietà del lavoro stesso.
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