Scandalo riciclaggio in Formula 1

Luca Secondino

07/05/2018

Occhi puntati sul patron Bernie Ecclestone e su alcune manovre illecite in Italia, tra pagamenti gonfiati, società prestanome e conti off shore.

Scandalo riciclaggio in Formula 1

Spettacolo, adrenalina e milioni di fan e appassionati in tutto il mondo, ma il miliardario circus della Formula 1 sembra avere anche un’altra faccia più sconosciuta.

Da un’inchiesta pubblicata su Repubblica, emerge un giro di denaro sporco che si muove all’interno della massima categoria dell’automobilismo mondiale, in particolare dall’Italia ma estesa a tutti i Paesi toccati dai Gran Premi.

Il tutto per 80 milioni di euro evasi al fisco e 24 procure italiane a lavoro sulle indagini.

Formula 1, gli illeciti in Italia

Le indagini iniziano nel 2012 a Monza, dove l’allora procuratore Walter Mapelli ha scoperchiato una serie di attività illecite nella Sias, la società che gestisce il circuito. La denuncia era partita dall’amministratore delegato della società, che accusava di illeciti nell’appalto per il servizio di ristorazione: in totale 82 indagati, e testimonianze di valigette contenenti 150mila euro in contanti che venivano lasciate negli uffici della Sias e ritirate dagli uomini di Bernie Ecclestone, ancora patron assoluto del circus durante i fatti.

Tra le più comuni manovre illecite, figura l’acquisto dei diritti di immagine dei piloti da parte di società fantasma che firmavano poi contratti con imprenditori italiani che pagavano somme gonfiate rispetto alle commissioni. Buona parte di queste somme erano riciclate tramite società offshore a Panama e presso le Isole Marshall controllate da fiduciarie svizzere.

Questi fondi neri erano poi destinati a investimenti esteri, spesso su conti italiani, e senza denunciarli al fisco. Ad esempio, nei bilanci della Sias, è stato trovato un bonifico da 100mila euro versati a una società di Manchester, la Ara Service Ltd, per l’acquisto di biglietti per il Gp di Montecarlo.

Il riciclaggio internazionale

Le indagini italiane, hanno scoperto gli illeciti relativi al nostro Paese, ma il sistema funziona chiaramente anche in tutti gli altri Paesi che ospitano la Formula 1, e riguarda da vicino le scuderie e gli agenti dei piloti.

Per fare chiarezza, sono state necessarie rogatorie internazionali inviate in Germania, Svizzera, Inghilterra e Principato di Monaco, e tra gli interrogati c’è anche Nicolas Todt, figlio del Presidente della federazione internazionale Jean Todt, e manager di piloti come Felipe Massa.

Nicolas Todt ha riconosciuto come la sponsorizzazione dell’italiana Gaudì Trade sul casco del prematuramente scomparso Jules Bianchi quando correva per la Marussia, fu gonfiata: da 100.000 euro a 1.250.000 euro.

Difficile stabilire l’entità del sistema di riciclaggio, visto che negli anni in cui Ecclestone è stato in sella ha accentrato su di sé le redini del Circus.

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