Ritenuta d’acconto, se non versata è a carico del sostituto d’imposta

Isabella Policarpio

13 Giugno 2019 - 16:45

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Ritenuta d’acconto, se trattenuta e non versata, il Fisco può chiedere le somme dovute solo al sostituto d’imposta. Lo dice la Corte di Cassazione.

Ritenuta d’acconto, se non versata è a carico del sostituto d’imposta

Cosa succede se la ritenuta d’acconto viene trattenuta e non versata al Fisco? A chi va richiesta?

Secondo la regola generale, la ritenuta d’acconto deve sempre essere versata dal sostituto d’imposta. Questo significa che, in caso di ritenuta trattenuta ma non versata, il Fisco può riscuotere le somme omesse solo al sostituto e non anche al lavoratore dipendente.

La decisione si evince dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 103768/2019, con la quale, dopo lungo tempo, si abbandona definitivamente il principio della solidarietà tra sostituto d’imposta e sostituito, orientamento che è in aperto contrasto con i diritti del contribuente.

Infatti, prima della sentenza in esame, il Fisco poteva pretendere le somme trattenute e non versate a titolo di acconto sia dal sostituto che dal sostituito, secondo il principio della solidarietà passiva.

La Corte di Cassazione, dunque, stabilisce che il versamento della ritenuta d’acconto spetta solamente al sostituto d’imposta e, quindi, l’Amministrazione finanziaria può rivolgersi solo a lui per pretendere le somme trattenute e non versate.

Ritenuta d’acconto non versata, il Fisco può rivolgersi solo al sostituto d’imposta

Finalmente la Corte di Cassazione ha abbandonato definitivamente il principio della solidarietà tra sostituto d’imposta (chi è? Che significa “sostituto d’imposta”?) e sostituito. La decisione è stata presa a Sezioni Unite con la sentenza numero 103768/2019 (in allegato).

Qui, i giudici della Suprema hanno stabilito che, in caso di ritenuta d’acconto trattenuta e non versata dal sostituto d’imposta, il Fisco non può chiedere le somme omesse al sostituito - il lavoratore dipendente - ma deve rivolgersi solo ed esclusivamente al sostituto d’imposta - il datore di lavoro -.

Ricordiamo infatti che, nella disciplina della sostituzione d’imposta, l’unico soggetto obbligato a pagare l’imposta è il sostituto e, di conseguenza, è illogico chiedere le somme trattenute e non versate al sostituito, il quale è esente da ogni colpa e responsabilità.

Generalmente, la ritenuta è a titolo di acconto: significa che il datore di lavoro opera una trattenuta nei confronti del collaboratore/fornitore, cioè versa al Fisco una somma che rappresenta un anticipo su quelle dovute.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 10378/2019
Clicca qui per consultare il pdf

Il caso di specie

Nella sentenza in commento, i giudici della Corte Suprema partono dalla distinzione tra l’istituto della sostituzione d’imposta e quello della solidarietà nel pagamento delle somme dovute.

Nel prendere la decisione, la Cassazione richiama l’articolo 35 del DPR n. 602/1973: qui viene stabilito che il Fisco può far valere la solidarietà nei confronti del sostituito (al posto del sostituto d’imposta) nella fase di riscossione delle somme a condizione che non siano state effettuate le ritenute.

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