Rimborsi Iva, procedura d’infrazione in arrivo per l’Italia

Alessandro Genovesi

3 Ottobre 2013 - 09:40

Rimborsi Iva, procedura d’infrazione in arrivo per l’Italia

La burocrazia italiana, non è un mistero, è una delle più opprimenti d’Europa. Lo sa bene anche la Commissione europea, che ha deciso di aprire una procedura d’infrazione nei confronti del nostro paese a causa dei tempi esageratamente lunghi con cui vengono erogati i rimborsi Iva alle imprese.

Lettera di messa in mora

La prima tappa della procedura d’infrazione è la lettera di messa in mora, predisposta dai collaboratori del commissario Ue responsabile per la fiscalità, Algirdas Semeta, alla luce di un sistema, quello vigente in Italia, che violerebbe diverse disposizioni fissate dalla direttiva europea 112 del 2006.

Lentezza nei pagamenti

Il problema, dunque, sono i lunghissimi tempi di pagamento, che variano tra i due e i quattro anni.

Secondo la Commissione Europea: "anche nei casi in cui le imprese vantano un diritto incontestabile ad ottenere il rimborso dell’Iva già pagata, l’operazione avviene, nella migliore delle ipotesi, solo due anni dopo la presentazione della relativa domanda. E spesso il pagamento slitta ulteriormente a causa della mancanza di fondi in tesoreria".
Bruxelles contesta anche il termine massimo di quattro anni per effettuare i rimborsi, fissato dalla legge italiana. Quattro anni sono, infatti, un lasso di tempo "irragionevolmente lungo", come ha già avuto modo di stabilire la giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee.

Start up penalizzate

Ciò che scontenta Bruxelles non sono però solamente le intollerabili lungaggini burocratiche (che fanno il paio con i tempi biblici della nostra giustizia civile, criticati anch’essi più volte dall’Ue).

Il Commissario Ue per la fiscalità si scaglia anche contro le modalità di accesso alla “corsia preferenziale” che, nei casi eccezionali previsti dalla legge, un’azienda può imboccare per ottenere i rimborsi entro tre mesi.

Il problema sta proprio nel fatto che non tutte le aziende possono intraprendere questa "scorciatoia", richiedendo la legge determinati requisiti: oltre a dover dimostrare di essere una contribuente virtuosa, l’impresa interessata deve infatti anche certificare di essere attiva da almeno cinque anni. Quest’ultima è una condizione che, sottolineano fonti europee, “crea una effettiva discriminazione a tutto discapito delle start up contraria al diritto comunitario”.

La risposta dell’Italia

Queste le contestazioni mosse dall’Unione Europea all’Italia, che ha circa due mesi di tempo per replicare. Se Bruxelles riterrà convincenti le spiegazioni fornite, l’infrazione potrà essere chiusa, altrimenti la procedura proseguirà.

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