Riforma del Senato: scontro totale sull’elettività. Ecco tutte le novità

Francesco Oliva

8 Agosto 2015 - 12:23

La minoranza dem e le opposizioni chiedono a gran voce il Senato elettivo. Matteo Renzi tira dritto sul ddl Boschi mentre il capogruppo PD al Senato Zanda propone una via d’uscita. Ecco le ultime novità sulla riforma del Senato.

Riforma del Senato: scontro totale sull’elettività. Ecco tutte le novità

Più di 513.000 emendamenti. E’ questo il risultato della protesta di minoranza dem ed opposizioni alla riforma del Senato. Punto focale dello scontro è sempre l’articolo 2 del ddl Boschi: il Senato elettivo. Per il Governo e la maggioranza il nuovo Senato delle autonomie dovrà essere un ente con eletti di secondo livello. Per le opposizioni, invece, si deve rimanere al Senato elettivo, unica garanzia di democraticità del sistema parlamentare.

Riforma del Senato: la mossa di Calderoli e i 513.000 emendamenti

Per stoppare i piani del premier Matteo Renzi la Lega Nord guidata al Senato da Roberto Calderoli ha presentato 510.000 emendamenti, la stragrande maggioranza dei complessivi 513.000. Si rischia anche questa volta il “canguraggio” ovvero la cancellazione automatica (e quindi la mancata discussione) di quelli che sostanzialmente sono identici ma sono presentati in modo diverso solo dal punto di vista formale. L’obiettivo però è chiaro: si vuole rallentare il più possibile l’azione riformatrice del segretario PD, sfruttando anche gli attuali numeri esigui del Senato. Il PD dovrà infatti sperare che il neo gruppo "Ala" del senatore Denis Verdini voti insieme alla maggioranza. In caso contrario, il rischio concreto è che non ci siano i numeri per andare avanti.

Riforma del Senato: la proposta del capogruppo PD al Senato Luigi Zanda

La novità nel dibattito sulla riforma del Senato è rappresentata dalla proposta del capogruppo PD al Senato Luigi Zanda:

si può arrivare all’elezione diretta dei senatori anche senza smontare la riforma

Come?
Seconda Zanda è possibile intervenire con un emendamento ad hoc che consenta la creazione di listini separati. In questa sede i partiti indicherebbero quali consiglieri regionali, in caso di elezione, andrebbero ad occupare anche il ruolo di senatori. Resterebbe fermi i due principi cari al duo Renzi-Boschi:

  • i senatori-consiglieri regionali non percepirebbero alcun compenso per la nomina a senatori ma soltanto l’indennità prevista dalla Regione di appartenenza;
  • il Senato rimarrebbe comunque un ente composto da membri non eletti in sede di elezioni politiche nazionali ma cooptati dal sistema elettivo delle autonomie.

Restano i dubbi, tuttavia, sulla reale maggiore partecipazione dei cittadini all’elezione del nuovo Senato. Nell’ambito della proposta Zanda, infatti, non si vede come gli elettori possano scindere le loro preferenze rispetto alle questioni prettamente locali dalle preferenze in ambito nazionale.

Riforma del Senato: la proposta della minoranza dem

Sempre all’interno del PD appare particolarmente significativo l’emendamento presentato all’articolo 2 del ddl Boschi dallo zoccolo duro della minoranza dem.
Il gruppo guidato da Gotor e Chiti chiede che il Senato sia “eletto dai cittadini su base regionale, garantendo la parità di genere, in concomitanza con l’elezione dei Consigli regionali”.

Riforma del Senato: le mosse delle opposizioni

Il dibattito di queste infuocate giornate di agosto sulla riforma del Senato ha visto il protagonismo assoluto, tra le opposizioni, della Lega Nord. Per il partito di Matteo Salvini è un banco di prova importante: il Senato appare ad oggi l’unico punto debole del nuovo sistema politico renzicentrico. Assolutamente contrari alla riforma costituzionale sono anche M5S e SEL. Incuriosisce, in questo contesto, la strana posizione di Forza Italia. Il partito di Berlusconi si è dichiarato contrario alla riforma del Senato dopo averla sostenuta sino al primo passaggio parlamentare. Con l’abbandono di Verdini, però, pare che alcuni senatori forzisti, pur essendo rimasti tra le fila azzurre, non si sentano di votare contro una riforma che ricalca, in buona parte, quella del centrodestra bocciata dal famoso referendum costituzionale del 2006.

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