Rialzo tassi Fed: e se portasse ad un calo del dollaro USA?

Lorenzo Monti

26 Novembre 2015 - 10:56

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Analizzando i precedenti cicli di stretta monetaria negli USA, molto spesso il dollaro ha reagito in maniera negativa al rialzo dei tassi. Vediamo perché.

Rialzo tassi Fed: e se portasse ad un calo del dollaro USA?

Gli operatori di mercato stanno concentrando la loro attenzione sul sempre più probabile rialzo dei tassi di interesse di riferimento negli Stati Uniti in occasione del meeting della Federal Reserve il 16 dicembre prossimo.

Il fatto che i tempi siano maturi per il primo aumento del costo del denaro negli USA dopo circa un decennio ha fatto impennare il valore del dollaro, con il dollar index in rialzo di oltre il 10% da inizio anno.
Questa è una conseguenza implicita, poiché aumentare i tassi in un periodo caratterizzato da Banche Centrali “dovish” teoricamente porta ad un apprezzamento della valuta della nazione “hawkish”.

Ma fondamentalmente il rialzo del dollaro USA a cui abbiamo assistito nel 2015 è dovuto in gran parte alle aspettative sul rialzo dei tassi: questo potrebbe far sì che l’apprezzamento del biglietto verde abbia già scontato una manovra di politica monetaria restrittiva da parte del board presieduto da Janet Yellen.

Rialzo dei tassi Fed: cosa è successo quest’anno?

Confrontando l’andamento del dollar index con quello dei fed funds, i contratti che prezzano la possibilità che il rialzo dei tassi avvenga nella successiva riunione della Fed, si evince che la correlazione tra i due indici negli ultimi tre mesi è stata del +0,84%.

Questo significa che il dollaro si è apprezzato più dell’effettiva stima sul quando avverrà la stretta monetaria.

Questa overperformance del dollaro potrebbe anche essere dovuta al progressivo allentamento monetario che sta attuando, ad esempio, la BCE, innescando gli acquisti sul dollaro.
Ma c’è anche da ricordare che il FOMC ha già abbassato la propria stima sul livello dei tassi d’interesse a fine 2016, passata da 1,875% di marzo 2015 a 1,625% di settembre 2015.

Un’ulteriore revisione al ribasso potrebbe iniziare ad intaccare il sentiment rialzista sul dollaro.

I mercati infatti al momento valutano probabile al 75% un aumento dei tassi fino allo 0,50% il prossimo 16 dicembre, e allo stesso modo credono che a fine 2016 i tassi USA saranno all’1% (62% secondo i fed funds).

Questo significherebbe una revisione al ribasso di 62,5 punti base da parte del Fomc sulle proprie stime sui tassi Fed a un anno.

Aumento dei tassi Fed: cosa è successo in passato?

Dal punto di vista storico, i precedenti cicli di stretta monetaria da parte della Fed sono stati rapidi: questo teoricamente potrebbe aumentare il rischio di portare il paese in recessione e ridurre il potenziale di crescita futura.

Ma questo non è sempre successo negli USA.

Nel grafico possiamo vedere l’andamento del dollar index nei 3 mesi precedenti e nei 6 mesi successivi al primo aumento dei tassi Fed dal1983 ad oggi.

In media (average) dopo 3 e 6 mesi dall’inizio del ciclo di aumento dei tassi il dollaro si è svalutato rispettivamente dell’1,12% e del 2,10%. Dopo un anno però il dollaro si è mediamente apprezzato del 3,58%, evidenziando però una deviazione standard crescente con l’aumento dell’orizzonte temporale.

A livello di singole strette monetarie è bene ricordare che la prima, quella del 1983, avvenne durante il boom del PIL USA del 1984 (+5,63%).

La performance del 1986 prese in pieno invece il Black Monday del 1987, che causò all’indice Dow Jones un ribasso giornaliero del 22,61%.

Il ciclo di rialzo del 1988 beneficiò della rapida ripresa seguente al Black Monday, mentre il ciclo del 1994 risentì della crisi dei Paesi Emergenti culminata con il fallimento del fondo LTCM.

Nel 1999 l’apprezzamento del dollaro sfruttò la bolla dotcom, mentre nel 2004 l’aumento dei tassi fu causato dalla crescente inflazione negli USA.

Ognuno di questi rialzi presenta fondamentali economici di periodo differenti, ma la tendenza storica indica che nei mesi precedenti al ciclo di rialzi dei tassi il dollaro si apprezza sulle aspettative degli operatori di mercato, mentre in seguito al primo aumento dei tassi tende a svalutarsi. Sul lungo periodo la valuta si apprezza.

Quello che gli Stati Uniti stanno vivendo è un periodo storico non caratterizzato da PIL in forte aumento, inflazione oltre i limiti prestabiliti o dalla corsa ad acquisire dollari o altre valute.

Possiamo quindi aspettarci che la stretta monetaria ad opera della Fed non sarà così consistente come previsto dallo stesso Fomc, ma molto graduale nel tempo e che non ci saranno quindi effetti rialzisti sul dollaro troppo marcati.

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