Referendum sul reddito minimo Svizzera: ecco perché il 76,9% degli elettori ha bocciato la proposta.
Il 76,9% degli svizzeri ha detto no all’introduzione del reddito di base incondizionato (Rbi) - o reddito minimo - per tutti i cittadini, tema inserito tra i quesiti del referendum costituzionale che ha avuto luogo domenica 5 giugno.
La proposta prevedeva l’istituzione di un reddito minimo di 2.500 franchi mensili (pari a circa 2.250 euro), dalla nascita fino alla morte, per tutti i cittadini, compresi i minori - per i quali era previsto un importo più basso pari a 625 franchi (560 euro) - ed è stata respinta dalla maggioranza dei cantoni della Confederazione. Per poter passare, la proposta avrebbe dovuto ricevere l’approvazione di due maggioranze, quella dei cantoni e quella dei votanti.
Referendum reddito minimo Svizzera: chi sono i promotori dell’iniziativa
L’iniziativa è stata avanzata da un gruppo di cittadini indipendenti, guidati dal proprietario del Caffè Basilea Daniel Haeni, i quali erano riusciti a raccogliere le 100mila firme necessarie per promuovere il referendum di iniziativa popolare - con il sostegno dei soli Verdi e dell’estrema sinistra.
Referendum reddito minimo Svizzera: cosa prevedeva la proposta
Obiettivo di promotori, attraverso l’introduzione del reddito di base, era quello di garantire all’intera popolazione la possibilità di “condurre un’esistenza dignitosa e partecipare alla vita pubblica, anche senza esercitare un’attività lucrativa”, all’interno di un contesto in cui è alta la percentuale di persone che svolgono un lavoro non riconosciuto e non retribuito - come l’assistenza a bambini, anziani e malati - e soprattutto dove il lavoro meccanizzato tende a sostituire quello umano, con un’emorragia inarrestabile di posti di lavoro.
“Il Rbi - hanno spiegato i promotori - si sostituisce alla maggior parte delle prestazioni sociali fino alla quota del suo ammontare (sussidi allo studio e familiari, aiuto sociale, assicurazione disoccupazione, ecc.). Le prestazioni sociali in contanti saranno mantenute per gli aventi diritto, per esempio nel caso della disoccupazione o delle prestazioni complementari”.
Referendum reddito minimo Svizzera: perché gli elettori hanno detto no?
Ma le chance di successo dell’iniziativa, a dire il vero, erano scarse sin dal principio, nonostante il grande interesse creatosi attorno al tema, sia in patria che all’estero. Governo e Parlamento avevano respinto in blocco la proposta. E i sondaggi da tempo preannunciavano il flop di questo referendum. Quali sono dunque i motivi che ne hanno decretato il fallimento?
Innanzitutto è utile dare uno sguardo alla situazione economica degli elvetici. Un reddito di base da 2.500 franchi mensili (poco più di 30mila franchi l’anno) può sembrare una somma alta, ma in realtà supera di poco la soglia di povertà, che in Svizzera è di 29.501 franchi all’anno. Il salario medio inoltre sfiora i 6.500 franchi mensili: nessuna emergenza sociale, dunque, nel ricco Paese dei cantoni, nonostante le stime Eurostat parlino di un 13,8% della popolazione a rischio povertà.
Il timore più forte era che il reddito minimo potesse trasformarsi in un disincentivo al lavoro - stando ad un sondaggio demoscope, il 10% degli elettori della confederazione smetterebbe di lavorare in caso di istituzione del reddito minimo universale, mentre un altro 8% valuterebbe questa possibilità - facendo lievitare le tasse e scombussolando i conti di un Paese che ha tutti gli indicatori economici a posto.
Stando ai dati forniti da Swissinfo, “detraendo le rendite dell’attuale sistema di sicurezza sociale che sarebbero state sostituite dall’RBI e tenendo conto dei prelievi che sarebbero stati fatti sui salari, era stato stimato che sarebbe rimasto un saldo scoperto di circa 25 miliardi di franchi”.
Per i promotori, invece, l’importo da finanziare sarebbe stato di 18 miliardi l’anno, da coprire attraverso un aumento dell’Iva e delle imposte dirette, una tassa sulla produzione automatizzata e una sull’impronta ecologica.
Referendum reddito minimo Svizzera: le reazioni
Il nuovo contratto è sembrato quindi troppo pericoloso e utopistico alla stragrande maggioranza delle forze politiche, degli imprenditori e degli elettori svizzeri. Per il deputato radicale-liberale Marcel Dobler la maggior parte dei cittadini elvetici “non è pronta ad un esperimento tanto radicale”. Secondo la socialista Anita Fetz, quella del reddito minimo “potrebbe essere una soluzione concreta, presumibilmente tra 20 o 30 anni, quando dalla digitalizzazione del lavoro risulterà una forte perdita di posti”.
“La Svizzera - sostiene il leghista Michele Foletti, assessore al Bilancio di Lugano - già offre aiuti sociali importanti a chi perde il lavoro. Il reddito di base per tutti si inserirebbe come una metastasi in un contesto che funziona bene”.
Esulta il deputato popolare democratico Yannick Buttet, membro del comitato interpartitico contrario al testo, per il quale l’esito del referendum è stato “uno schiaffo” che “seppellisce il reddito di base”.
Gli organizzatori e gli intellettuali che appoggiavano la proposta possono ritenersi comunque soddisfatti per l’attenzione suscitata dal referendum. Vede il bicchiere mezzo pieno Sergio Rossi, docente di economia all’università di Friburgo, il quale fa notare che una persona su cinque ha votato a favore.
Referendum reddito minimo Svizzera: gli altri quesiti
Sempre in occasione del referendum di ieri, gli svizzeri bocciato altre due iniziative popolari, una sui trasporti pubblici e l’altra sul finanziamento della circolazione stradale. Approvate invece una modifica di legge velocizzare le procedure d’asilo e la legge sulla procreazione assistita, che autorizza la diagnosi preimpianto degli embrioni ottenuti con fecondazione artificiale.
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