Referendum costituzionale 2016: perché votare Sì? Intervista a Stefano Colelli, de “La Rete dei Sì”

Simone Micocci

23 Novembre 2016 - 09:54

Referendum costituzionale 2016: quali sono le motivazioni per cui si dovrebbe votare Sì? Lo abbiamo chiesto a Stefano Colelli de La Rete dei Sì; ecco il suo punto di vista sui sondaggi politici e sulle conseguenze del risultato del referendum costituzionale.

Referendum costituzionale 2016: perché votare Sì? Intervista a Stefano Colelli, de “La Rete dei Sì”

Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: perché votare Sì? Lo abbiamo chiesto a Stefano Colelli, esponente de “La Rete dei Sì”, associazione nazionale formata da cittadine e cittadini con diverse provenienze politiche, professionali e geografiche, che vogliono contribuire alla vittoria del Sì nel referendum costituzionale per cui si voterà il prossimo 4 dicembre 2016.

Sondaggi politici sul referendum, effetti di un’eventuale approvazione della riforma costituzionale e dimissioni di Renzi in caso di vittoria del No; questi e altri temi sono oggetto dell’intervista a Stefano Colelli.

1) Buongiorno sig. Colelli, la ringraziamo per aver deciso di rispondere alle nostre domande. Come prima cosa le chiediamo quali sono le sue impressioni sull’appuntamento elettorale del prossimo 4 dicembre. I sondaggi politici danno il No in netto vantaggio; secondo lei c’è da fidarsi oppure potrebbe ripetersi quanto successo per le elezioni USA e per la Brexit?

Le esperienze che ha appena citato ci dicono che quelli che erano strumenti attendibili oggi sono messi in discussione in maniera rilevante. Se pensiamo che la loro validità ha fatto la fortuna elettorale di molti leader politici nel recente passato, forse possiamo capire a quale velocità si muove oggi la società, e perché occorre attrezzarsi e adeguare le nostre istituzioni.

Ad ogni modo, visto che il Sì sembra essere in difficoltà, chi crede nel progresso di questo paese è chiamato a raddoppiare gli sforzi senza delegare ad altri questo compito. Non so se ce la faremo, ma di certo ci avremo provato, ed è un bel modo per guardare negli occhi i nostri figli.

2) Lei è un sostenitore convinto della riforma costituzionale Boschi-Renzi. Quali sono gli aspetti per cui, secondo lei, l’Italia ha bisogno di una riforma del Parlamento?

Premetto che non considero il Ministro Boschi e il governo Renzi i fautori di questa riforma, che nasce da lontano ed è la sintesi efficace di vari lavori parlamentari e delle sentenze negli ultimi anni della Corte Costituzionale.

Voglio essere chiaro su un punto prima di risponderle, questa riforma non è una “bacchetta magica”, ma la possiamo paragonare ad un primo giro di una ruota bloccata da troppo tempo.

Vede il bicameralismo paritario, il cui superamento è il cuore della riforma, che i padri costituenti ci hanno lasciato in eredità, rispondeva a logiche geopolitiche di guerra fredda che oggi non esistono più. Nel 48’ né l’America né la Russia si potevano permettere che un paese così importante strategicamente scivolasse nelle mani dell’avversario, ed incisero attraverso i partiti che li rappresentavano in Italia, per la scrittura di una costituzione che tendesse al “non governo”.

Ci riuscirono talmente bene che il risultato sono stati 63 governi in 70 anni. Ovviamente a questo fattore si è anche aggiunta una coscienza “gattopardesca” tipica dell’Italia, così che anche cambiando i governi, la classe politica sostanzialmente rimanesse sempre la stessa. Con buona pace dei programmi elettorali votati dai cittadini.

Questo vulnus della nostra democrazia ha fatto sì che il cittadino tradito non partecipasse più alla vita politica del nostro paese. Tradimento che si è poi reiterato nei numerosi referendum disattesi dal Parlamento.

Ecco la riforma cerca di rispondere a queste domande. Con il monocameralismo il Parlamento sarà più stabile e a quel punto sarà chiara la “responsabilità di Governo”, e quindi il cittadino potrà scegliere consapevolmente se rinnovare il suo mandato o ritirarlo e votare altri.

A questa nuovo senso di responsabilità si aggiungono i nuovi strumenti di democrazia diretta. Con essi la partecipazione dei cittadini dovrà essere rispettata dal Parlamento, e sulle risposte che verranno dal Parlamento, il cittadino potrà misurare la valenza della classe politica.

Aumenterà così il rapporto fiduciario e le istituzioni saranno più forti e rappresentative anche a livello internazionale.

3) Secondo i sostenitori del No qualora la riforma venisse approvata ci sarebbe il rischio di una deriva autoritaria per il nostro Paese. Lei è d’accordo?

Del fronte del No fanno parte anche politici ed elettori che nel 2006 sostennero la proposta di modifica costituzionale del Governo Berlusconi. Ebbene quella riforma avrebbe introdotto il c.d. “Premierato Forte” e intaccava i poteri della magistratura. Questa riforma non fa né l’una né l’altra cosa. Inoltre a riprova che a fronte di una maggiore capacità di governo si sono ricercati contrappesi di garanzia importanti, vi è la nuova modalità di elezione del Presidente della Repubblica che, a differenza di “oggi”, non potrà essere eletto senza la partecipazione della minoranza parlamentare. Non è poi di secondaria importanza che qualsiasi legge elettorale (anche l’Italicum quindi), se richiesto da una minoranza dei parlamentari dovrà passare al vaglio della Corte Costituzionale.

Non avremo mai più un altro Porcellum...

4) Immaginiamo che nella sua campagna in favore del Sì si sarà confrontato con centinaia di elettori. C’è un aspetto della riforma che, secondo lei, i cittadini italiani non hanno ancora capito?

La campagna sta degenerando e le responsabilità sono diffuse. Ad aumentare la confusione poi c’è una bulimia pazzesca sui social media, che unita ad una scarsa educazione civica, rende una riforma costituzionale non proprio semplice da comprendere nei suoi vari passaggi. Eppure quello che spesso mi trovo a dover controbattere non è questo o quell’articolo della riforma, ma il fatto che il 4 dicembre non votiamo sull’operato del Governo.

Personalmente ritengo che non ci sia un singolo aspetto ma è l’impianto complessivo che merita attenzione e che viene perfettamente sintetizzato nel quesito referendario.

A pensarci bene, forse è per questo che in maniera schizofrenica sia il M5S, che alcuni Comitati ed Associazioni contrari alla riforma, che hanno usato il quesito per la raccolta firme, hanno poi fatto dei ricorsi che sono stati respinti. Insomma non puoi dire che una cosa non va bene dopo che l’hai usata. Ci vorrebbe un pochino di coerenza...

5) Parliamo degli effetti politici legati al risultato del referendum costituzionale: nel caso in cui vincesse il No, cosa dovrebbe fare Matteo Renzi?

Credo che l’estrema frammentazione delle opposizioni e un M5S comunque isolato anche per sua scelta, porti oggi a dire che Renzi non si debba dimettere comunque.

Non so quale sarà la decisione e quali dinamiche si innescheranno, ma un fatto è certo nessuna riforma costituzionale che tenda a superare il bicameralismo paritario verrà più riproposta per molti anni, e questo perché a questo punto saranno stati i cittadini a sancire che il loro modello è quello del bicameralismo paritario, confermando contemporaneamente che la loro classe politica di riferimento è costituita sostanzialmente dai conservatori.

Ma un paese che non cambia non cresce...

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