Vediamo quali sono i profili penali della nuova Voluntary Disclosure e le cause di non punibilità previste per chi decide di collaborare con Fisco dichiarando i propri capitali detenuti illegalmente all’estero.
La Voluntary Disclosure introdotta dalla L. n. 186/2014 consente ai contribuenti che detengono attività finanziarie o patrimoniali all’estero non dichiarate al Fisco, di sanare la loro posizione, anche penale, pagando le relative imposte e le sanzioni in misura ridotta.
A chi si rivolge il Voluntary Disclosure?
La procedura può essere attuata da tutti i contribuenti, tranne che nel caso in cui si abbia avuto formale conoscenza di attività di accessi, ispezioni, verifiche o l’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura, ribadendo che la preclusione opera anche laddove questa “formale conoscenza” sia stata acquisita dagli obbligati in solido sotto il profilo tributario ovvero dai concorrenti nel reato.
Gli aspetti penali della procedura del Voluntary Disclosure
L’Agenzia delle Entrate, entro trenta giorni dalla data dell’esecuzione dei versamenti dovuti dal contribuente a seguito dell’adesione alla procedura di collaborazione volontaria, deve trasmettere una comunicazione all’Autorità giudiziaria attestante l’avvenuta conclusione della procedura con la descrizione delle operazioni denunciate dal contribuente, di modo che possano essere applicate, in relazione ad esse, le cause di non punibilità previste dall’art. 5-quinquies, D.L. 167/1990.
Detta comunicazione deve essere effettuata per ogni procedura, quindi non soltanto per quelle in relazione alle quali si profilino elementi di rilevanza penale delle operazioni denunciate. Tale comunicazione, dunque, non è assimilabile ad una comunicazione di notizia di reato, di tal che l’Agenzia delle Entrate non è tenuta ad esprimere alcuna valutazione in ordine alla possibile rilevanza penale delle operazioni oggetto di autodenuncia volontaria.
Ciò che l’Ufficio è chiamato a fare è semplicemente avvertire l’Autorità giudiziaria che la procedura si è conclusa, competendo poi a quest’ultima accertare se:
- le operazioni denunciate integrino una fattispecie di reato;
- se il reato integrato rientri o meno tra quelli menzionati nell’art. 5-quinquies, D.L. 167/1990, per i quali è prevista la non punibilità.
Cause di non punibilità
La nuova Legge sulla Voluntary Disclosure ha ampliato il novero dei reati per i quali opera la causa di non punibilità, prevedendo:
- estensione della causa di non punibilità a tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i reati oggetto di copertura penale;
- introduzione del reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero, con contestuale introduzione, in capo al contribuente che decida di aderire alla procedura di voluntary disclosure, dell’obbligo di rilasciare al professionista che lo assiste una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
- introduzione del delitto di autoriciclaggio, mediante l’inserimento, all’interno del codice penale, di una fattispecie ad hoc (art. 648-ter.1 c.p.).
L’art. 5-quinquies, comma 1, lett. a), D.L. 167/1990 estende la causa di non punibilità nei confronti di colui che presti la collaborazione volontaria ai seguenti reati tributari:
- Dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesitenti;
- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
- Dichiarazione infedele
- Omessa dichiarazione
- Omesso versamento di ritenute certificate
- Omesso versamento Iva
La nuova legge prevede inoltre che, nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria, sia esclusa la punibilità anche per i delitti di riciclaggio (art. 648-bis, c.p.) e di impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita (art. 648-ter, c.p.), sempre che siano stati commessi in relazione ai proventi di uno degli illeciti tributari per i quali è prevista la non punibilità.
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