Prezzo del petrolio ai massimi di 6 mesi: tutto merito di Goldman Sachs

Flavia Provenzani

17/05/2016

Prezzo del petrolio in rialzo importante grazie a Goldman Sachs, secondo cui l’era dell’eccesso di offerta è finita.

Prezzo del petrolio ai massimi di 6 mesi: tutto merito di Goldman Sachs

Il prezzo del petrolio continua ad aumentare velocemente nel corso della sessione di oggi, dopo aver guadagnato oltre i 2 punti percentuale lunedì grazie al nuovo report sulla quotazione del greggio e sul mercato dell’energia di Goldman Sachs.

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Dopo la pubblicazione delle ultime analisi e previsioni di Goldman Sachs, il prezzo del petrolio è salito velocemente fino a portare la quotazione del Brent in rialzo dell’+2.20% a quota 48.92 dollari al barile e il prezzo del WTI a 47.94 dollari, con un’aggiunta dell’1.78%.

Al momento, il Brent scambia a 49.33 dollari e il WTI a 48.95 dollari al barile.

Secondo la banca d’investimento, fino ad oggi nota per essere particolarmente ribassista sul prezzo del petrolio, il mercato ha finalmente concluso il periodo durato due anni di eccesso di offerta grazie alle continue interruzioni di petrolio dell’ultimo periodo.

Il prezzo del petrolio esulta con la view per cui, ad oggi, l’offerta di petrolio si trova in deficit - ancora secondo l’ultima analisi di Goldman.

Prezzo del petrolio, Goldman: l’eccesso di offerta è finito

Le interruzioni di produzione di petrolio dalla Nigeria, Venezuela ma anche Stati Uniti e Cina ha portato ad una clamorosa inversione ad U nelle previsioni sul petrolio di Goldman Sachs, che ormai da lungo tempo avverte il mercato della pericolosità dell’eccesso di offerta sui movimenti del prezzo del petrolio.

“Il mercato del petrolio è passato dall’essere vicino alla saturazione di immagazzinamento all’essere in deficit molto prima di quanto ci aspettassimo”

scrive Goldman, aggiungendo che il mercato “probabilmente si spingerà in deficit a maggio...spinto sia dal sostegno della domanda solida e dal forte calo di produzione”.

Prezzo del petrolio: gli stop alla produzione aumentano la salita

In Nigeria, la Exxon Mobil (XOM.N) ha sospeso le esportazioni dal punto di smercio di greggio più grande del paese, Qua Iboe, mentre altri produttori riferiscono una certa sofferenza dovuta alle interruzioni a seguito di atti di sabotaggio che hanno ridotto l’output di petrolio del Paese ai minimi degli ultimi decenni a circa 1,65 milioni di barili al giorno.

Nelle Americhe, il Venezuela sembra sull’orlo del tracollo, alimentando così le paure per un possibile default della società petrolifera nazionale PDVSA, che deve fare i conti con $5 miliardi di pagamenti dovuti sui bond quest’anno.

La produzione di petrolio del Venezuela è scesa di almeno 188.000 barili al giorno dall’inizio del 2016 soprattutto a causa della fatica della PDVSA di portare avanti i giusti investimenti per mantenere costante l’output.

Negli Stati Uniti, la produzione di petrolio è scesa a 8.8 milioni di barili al giorni, in calo dell’8.4% rispetto ai massimi del 2015 sulla scia di una nuova ondata di fallimenti delle compagnie locali di estrazione di petrolio.

In Cina, invece, l’output è sceso del 5.6% fino a toccare 4.04 milioni di barili al giorno nel mese di aprile.

Prezzo del petrolio: l’OPEC impedisce la piena ripresa

A contrastare tutte queste interruzioni di produzione arriva l’aumento dell’offerta di petrolio da parte dell’OPEC a seguito della fine delle sanzioni contro l’Iran che a sua volta ha innescato una corsa alla conquista di quote di mercato tra Teheran e altri paesi rivali del cartello, come Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti e Kuwait.

L’OPEC è riuscito a produrre 32.44 milioni di barili al giorno solo nel mese di aprile, in rialzo di 188.000 unità rispetto al mese precedente - secondo i calcoli di Reuters siamo ai massimi del 2008.

Ad impedire un ben più ampio rialzo del prezzo del petrolio ci sono anche il Canada e i suoi sforzi di recuperare i livelli di output dopo la chiusura forzata a causa di un grave incendio, nonché le scorte di greggio ancora molto alte negli Stati Uniti e in Asia.

Morgan Stanley ha avvertito che “le riserve possono impedire il pieno recupero dei prezzi e...il mercato è giustamente nervoso sul fronte della sostenibilità delle interruzioni e una possibile risposta da parte dei produttori”.

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