Tutti i motivi per diffidare del recente rialzo del prezzo del petrolio.
Da mesi ormai molti analisti cercano, senza successo, di individuare quale sia il minimo sul prezzo del petrolio, la quotazione a cui farebbe seguito un rimbalzo e una ripresa del costo dell’oro nero.
Il prezzo del petrolio nelle ultime sessioni ha registrato un rialzo incoraggiante, tanto da far ritenere ad alcuni che il minimo sia stato finalmente raggiunto.
Tuttavia, l’aumento della quotazione dell’oro nero continua a stonare con i fondamentali, secondo i quali la produzione è ancora ai livelli record e la domanda troppo debole da poter comportare un aumento sostenibili del prezzo del petrolio.
Perché diffidare dell’aumento del prezzo del petrolio
Il prezzo del petrolio Brent nelle ultime 7 sessioni si è mantenuto al di sopra dei 35 dollari al barile e sempre sopra quota $36 questa settimana.
Dai minimi a 27 dollari al barile toccati l’11 febbraio, il prezzo del Brent è in rialzo di quasi un quarto della sua quotazione più bassa, mentre il petrolio WTI e in aumento di circa un terzo.
Il forte rialzo del prezzo del petrolio è arrivato sulle speranze di un accordo tra i paesi produttori affinché congelino o taglino la produzione di petrolio. Al centro delle trattative troviamo Russia e Arabia Saudita.
“Il mercato ha iniziato improvvisamente a focalizzarsi solo sulle notizie positive. Questo ha creato un aumento dei flussi sul petrolio, un’ondata di buy dagli hedge funds”
commenta Oystein Berentsen, managing director alla Strong Petroleum.
Robert Yawger, il direttore della divisione futures alla Mizuho Securities, ha commentato al Wall Street Journal:
"Il mercato sembra disposto a scrollarsi di dosso gli sviluppi ribassisti e a spingere al rialzo".
Tuttavia, secondo alcuni c’è da diffidare, e molto, del rimbalzo in corso del prezzo del petrolio.
“Continuiamo a diffidare dei rally”
scrive l’analista alla Phillip Futures, Daniel Ang.
Questa view ribassista si bassa sui dubbi che un ipotetico accordo sul congelamento della produzione ai livelli di gennaio possa essere realmente abbastanza per far diminuire la produzione mondiale.
La produzione di petrolio in Russia a gennaio è salita ad un record di 10.9 milioni di barili al giorno, risultati simili per l’Arabia Saudita.
L’Iran è riluttante, impegnata ad aumentare almeno un altro milione di barili nella produzione giornaliera dalla fine delle sanzioni internazionali.
A questo si aggiunge la rapida ascesa dell’industria dello shale oil negli Stati Uniti, la scintilla che ha fatto scoppiare la guerra sul prezzo del petrolio. Sorprendentemente, i produttori statunitensi ad alto costo sono riusciti a raggiungere dei livelli di efficienza che pochi pensavano possibili da raggiungere e i livelli di output rimangono ben al di sopra dei 9 milioni di barili al giorno.
Le scorte degli Stati Uniti sono salite di oltre 10 milioni di barili a un nuovo record la settimana scorsa - un risultato quattro volte superiore a quello previsto dagli analisti.
Alcuni ritengono che la produzione negli Stati Uniti, che non richiede investimenti ingenti nel corso degli anni per poter funzionare, potrebbe limitare i prossimi movimenti rialzisti del prezzo del petrolio.
Seth Kleinman, analista alla divisione Research di Citi, ritiene che un rialzo del prezzo del petrolio a 40 dollari al barile “potrebbe spingere i produttori di shale oil ad annullare i tagli di produzione che stanno sostenendo il rialzo, portando di nuovo ad un altro crollo del prezzo del petrolio".
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