Due provvedimenti epocali che potrebbero portare ad una revisione della legislazione nostrana e a 230mila assunzioni a tempo indeterminato nella PA
La Corte di Giustizia europea, con due provvedimenti che potrebbe cambiare le vite di 230mila precari della Pubblica Amministrazione, prende di mira le leggi italiane relative ai contratti flessibili.
Le due decisioni, secondo i sindacati, potrebbero costringere l’Italia a revisionare le proprie norme interne e a stabilizzare 230mila precari, dislocati tra scuola, sanità e autonomie, con contratti a tempo indeterminato.
Direttiva 70/1999
Secondo i giudici comunitari, i precari di lunga data sarebbero stati assunti violando la direttiva n.70 del 1999 che pone dei veti sul lavoro a tempo determinato della Pubblica Amministrazione.
I provvedimenti sopra citati sono nel dettaglio l’ordinanza Papalia (causa C-50/13), relativa a un maestro assunto a tempo dal Comune di Aosta, e la sentenza Carratù (Causa C-361/12), relativa a un dipendente temporaneo che si è appellato alla Corte Ue contro le Poste italiane.
Entrambe le decisioni, arrivate il 12 dicembre 2013, pur riferendosi a due casi specifici, potrebbero riflettersi su numerosi casi simili. Nel primo caso infatti è stata dichiarata:
«l’illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico, accertando che l’Italia e la normativa interna non riconoscono e non garantiscono ai lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo».
Le norme italiane
La norma italiana più criticata in sede comunitaria è quella relativa all’utilizzo abusivo da parte di un datore di lavoro pubblico di contratti a tempo determinato che dà al dipendente danneggiato solo la possibilità di chiedere un risarcimento danni, dimostrando di aver rinunciato a migliori opportunità di lavoro, ma che però non implica il diritto di trasformare un contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato.
Il commento della CIGL
Secondo il sindacato i due provvedimenti avrebbero un valore altissimo:
«sia nei confronti della tutela dei lavoratori a tempo determinato, sia nei confronti della giurisprudenza resa sul punto dalla Corte di Cassazione».
Ma non solo. Essi infatti aprirebbero la strada ad una revisione totale della normativa italiana.
Sentenza di Lussemburgo
A prendere di mira la normativa italiana arriva anche la sentenza della Corte di Lussemburgo che boccia la sanzione introdotta dalla legge n. 183/2010 con un effetto retroattivo su Poste Italiane.
I giudici UE, avallando la sentenza precedentemente emessa del Tribunale napoletano, stabilisce cha la Direttiva sul lavoro precario sia da applicare anche nel caso di Poste Italiane, poiché sarebbero a tutti gli effetti una società pubblica e non un’impresa privata.
Due decisioni storiche dunque che potrebbero portare a cambiamenti importanti nella legislazione italiana, ma soprattutto a 230 stabilizzazioni in seno alla PA.
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