Il raggiungimento del supporto "psicologico" di 40$ ha favorito il rimbalzo del petrolio. Tuttavia uno dei principali paesi produttori ritiene che possa esserci una caduta fino a 20$ al barile
Ieri è stata una giornata positiva per le quotazioni del petrolio, che sui mercati internazionali ha messo a segno un interessante rimbalzo tecnico dall’area di supporto chiave di 40$ al barile. Nel giro di poche ore il future sul Light Crude Oil estratto in Texas (la qualità “Wti”) ha guadagnato oltre 2$ al barile, portandosi a ridosso della soglia di 43$ dopo essere sceso sui livelli più bassi degli ultimi tre mesi. Tuttavia gli esperti del mercato petrolifero continuano a dipingere un quadro a tinte fosche, con la possibilità di assistere a nuovi importanti cali nei prossimi mesi.
A prevedere un crollo dei prezzi non sono soltanto broker e banche d’affari (alcune anche molto influenti nel settore delle commodity, come Goldman Sachs), bensì anche uno dei principali paesi produttori di greggio al mondo. Si tratta del Venezuela, da tempo alle prese con una drammatica crisi finanziaria che rischia di mandare sul lastrico milioni di persone. Il paese sudamericano, che sta sperimentando da tempo un’iperinflazione galoppante accompagnata da una clamorosa svalutazione monetaria, è a un passo dal default proprio a causa della caduta dei prezzi energetici.
Infatti circa il 95% delle entrate fiscali di Caracas dipendono dall’export di “oro nero”. Il crollo avvenuto a partire dall’estate del 2014, quando i prezzi erano ancora al di sopra dei 100$, ha creato enormi problemi economico-finanziari al paese che ora prevede guai peggiori da qui ai prossimi mesi. Il Venezuela ritiene che, se l’Opec non dovesse intervenire concretamente per far risalire i prezzi, il petrolio potrebbe arrivare a quotare anche 25$ o addirittura 20$ al barile. La prossima riunione del Cartello dei 12 paesi produttori di greggio più importanti avrà luogo a Vienna il 4 dicembre.
I fondi speculativi ritengono che non saranno prese misure per fermare la discesa dei prezzi, nonostante di recente l’Agenzia Internazionale per l’Energia abbia comunicato un dato molto preoccupante per i “buy” sul greggio: le scorte commerciali mondiali hanno raggiunto il valore record di circa 3 miliardi di barili. Se l’Opec non dovesse stabilizzare il mercato e il dollaro americano continuare a macinare guadagni sul forex, la quotazione del petrolio Wti potrebbe scendere sotto i 40$, raggiungendo il supporto di lungo periodo di 38$ entro fine anno.
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